Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20757 del 16/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20757 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ascone Francesco, nato a Limbadi 1’01/01/1969

avverso l’ordinanza del 20/03/2014 della Corte d’appello di Torino

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Aldo Policastro, che ha concluso chiedendo l’annullamento
dell’ordinanza con rinvio alla Corte d’appello di Torino.

RITENUTO IN FATTO

1. Ascone Francesco propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, in
data 20 marzo 2014, con la quale la Corte d’appello di Torino, pronunciandosi nel
giudizio di rinvio a seguito della sentenza n. 25226/14 della Corte di Cassazione,
ha rigettato l’istanza di riparazione di ingiusta detenzione.
2. Deduce il ricorrente la violazione di legge processuale in relazione all’art.
314 cod.proc.pen. e il vizio di motivazione sotto il profilo della carenza

Data Udienza: 16/03/2016

motivazionale, posto che la sentenza della Corte di cassazione tracciava il
perimetro entro cui era devoluto il giudizio di rinvio e indicava due elementi
precisi ( accertamento della posizione dell’Ascone al momento del fatto e la sua
incidenza nell’emissione della misura cautelare e rilevanza del silenzio su
circostanze favorevoli da lui conosciute e taciute) rispetto ai quali era demandata
una nuova valutazione alla corte territoriale, elementi non considerati nel
provvedimento impugnato da cui la carenza motivazione dedotta.
La Corte d’appello avrebbe disatteso il principio di diritto affermato nella

rinvio, sarebbe affetta dalle stesse carenze logico-argomentative già censurate.
Infine, l’ordinanza avrebbe erroneamente compensato le spese tra le parti non
avvedendosi che il Ministero delle Finanze aveva unicamente presentato una
memoria.
In data 1 marzo 2016 l’Avvocatura dello Stato, per il Ministero delle Finanze,
ha depositato memoria scritta con cui ha chiesto la conferma dell’ordinanza
impugnata e la liquidazione delle spese.
3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha
chiesto l’annullamento dell’ordinanza con rinvio alla Corte d’appello di Torino.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è fondato.
Risulta che l’istante, con istanza in data 2 luglio 2012, essendo stato sottoposto
alla misura degli aneli domiciliari dal 17/04/2010 al 02/12/2012 per il reato di
cui all’art. 423 cod.pen. dal quale era stato assolto con sentenza del Giudice
dell’Udienza preliminare del Tribunale di Novara in data 2/12/2010, chiedeva la
riparazione per l’ingiusta detenzione subita; che la Corte d’appello rigetta‘
l’istanza, con ordinanza in data 8/01/2013; che l’ordinanza era stata annullata
dalla Corte di Cassazione, con la sentenza in data 14/01/2014. In particolare la
Corte di cassazione aveva evidenziato l’erronea applicazione dei principi che
governano la materia, essendo . Precisava la Corte, che non era stato chiarito né se la circostanza
della posizione dell’Ascone al momento dei fatti fosse un dato acquisito in termini
di certezza, né in che modo la condotta in questione avesse inciso nella
determinazione del giudice della cautela. Neppure era chiarito in che termini il
silenzio o la reticenza fossero causalmente connessi con il mantenimento della
misura cautelare dato che, per assurgere a comportamento positivamente

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sentenza della Corte di legittimità, e l’ordinanza, emessa all’esito del giudizio di

valutabile, il silenzio deve presupporre l’esistenza di una circostanza favorevole a
sé che l’indagato conosceva ed aveva colpevolmente taciuto, circostanza in
concreto non indicata.
Nel giudizio di rinvio, la Corte d’appello respingeva l’istanza di riparazione di
ingiusta detenzione ritenendo non sussistente il presupposto, di cui all’art. 314
cod.proc.pen., quanto al fatto che l’istante non avesse dato causa attll’ingiusta
detenzione per colpa grave, e fondava il convincimento in quanto l’Ascone,
risultato poi assolto dal reato di incendio contestato in concorso con l’autore

precedente e immediatamente successivo al fatto delittuoso, e dunque non
poteva non chiedersi il giudice che emise la misura cautelare quale ragione
avesse avuto l’autore materiale dell’incendio a contattare l’Ascone , < a fronte di questo quadro si imponeva da parte dell'Ascone di accreditare una versione alternativa, in grado di minare la fondata costruzione accusatoria>, ma ha preferito non rispondere cosicchè < la carica indiziaria degli elementi raccolti ha continuato ad operare per tutto il periodo delle indagini preliminari> e dunque l’Ascone non può dolersi del lungo
periodo di detenzione domiciliare patita .
E’ evidente ictu ocull, come anche sostenuto dal Procuratore generale nella sua
requisitoria scrittta, che la corte territoriale non si sia attenuta al perimetro
indicato dalla sentenza della Corte di Cassazione, pervenendo alla decisione di
rigetto con una motivazione che ripresenta gli stessi profili già evidenziati nella
sentenza di annullamento della Corte di Cassazione. Anche nel giudizio di rinvio
la Corte territoriale nonTfatto corretta applicazione dei principi che governano la
materia e sono rimaste tali le carenze argomentative sui punti espressamente
indicati nella citata sentenza di annullamento.
Ribadito l’orientamento secondo cui, in tema di riparazione per ingiusta
detenzione, il sindacato del giudice di legittimità sull’ordinanza che definisce il
relativo procedimento è limitato alla correttezza del ragionamento logico
giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per
l’ottenimento del beneficio, che è tenuto a motivare adeguatamente e
logicamente ivi compresa la valutazione sull’esistenza e la gravità della colpa o
del dolo ( sez. 4, n. 21896 del 11/04/2012, Hilario Santana, Rv. 253325, Sez. 4,
n. 2830 del 12/05/2000); ciò posto l’iter argomentativo della Corte d’appello
risulta ancora una volta carente non essendosi attenuta al perimetro di
accertamento indicato nella sentenza della Corte di cassazione a cui doveva
attenersi. La corte territoriale non precisa sulla base di quali elementi abbia

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materiale, era risultato essere in contatto con quest’ultimo nel torno di tempo

ritenuto provate, non contatti telefonici, che risultano pacifici con l’altro
coimputato, ma la compresenza sullo stesso luogo, oggetto proprio
dell’accertamento demandato al giudice di rinvio dalla Corte di legittimità.

Dai

tabulati, non può desumersi alcun dato certo in ordine alla collocazione
dell’Ascone, né in assenza di una chiara individuazione è possibile valutare la
concreta incidenza sulla decisione cautelare. Infatti, se il giudice della riparazione
può qualificare e leggere i fatti in modo diverso da quello della cognizione, non
può però ritenere provati fatti che4giudice della cognizionetscluso. Nella

luogo del fatto, e neppure si dà conto se la condotta ritenuta gravemente
colposa (contatti telefonici) abbia inciso nella determinazione del giudice della
cautela. Quanto al silenzio serbato, la motivazione del giudice della riparazione
continua ad essere gravemente carente in quanto non rispettosa dei principi
dettati in materia. Deve, infatti, ricordarsi che il silenzio o la reticenza non
rilevano in quanto tali, ma ciò che rileva è il mancato esercizio della facoltà
difensiva, quantomeno sul piano della allegazione dei fatti favorevoli, che, se non
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può da sola I15I 6gta a fondamento dell’esistenza della colpa grave, vale però per
ritenere l’esistenza di un comportamento omissivo causalmente efficiente nel
permanere della misura cautelare del quale può tenersi conto «ella valutazione
globale della condotta, in presenza di altri elementi di colpa. Secondo la Corte di
cassazione non è possibile cheltilenzio da solo possa integrare una colpa grave.
Per assurgere ad elemento positivamente valutabile il giudice del rinvio avrebbe
dovuto far emergere i da un lato, con certezza le/le circostanze gravemente
indiziati e ; dall’altro lato la circostanza favorevole che solo l’imputato conosceva e
i
non ha rivelato/ovvero taciuto. Nel provvedimento impugnato manca l’una e
l’altra. Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla
Corte d’appello di Torino, per un nuovo esame, alla luce del riaffermato principio
di diritto già enunciato con la sentenza n. 25226 della Corte di Cassazione.
5. Al giudice di rinvio è demandata anche l’eventuale liquidazione delle
spese richieste dall’Avvocatura dello Stato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino.
Così deciso il 16/03/2016

ordinanza impugnata non si dà conto né dell’elemento della connpresenza sul

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