Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20754 del 21/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20754 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NANNA MICHELE N. IL 08/05/1964
avverso la sentenza n. 1546/2006 CORTE APPELLO di BARI, del
10/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 21/04/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in parziale riforma di quella di primo grado, Nanna
Michele fu ritenuto responsabile dei reati di bancarotta fraudolenta documentale e
patrimoniale, con le attenuanti generiche e condannato alla pena di due anni e
quattro mesi di reclusione;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con

penale e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, determinato
in modo sommario e senza alcun riferimento alla gravità del reato o alla capacità a
delinquere dell’imputato;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, poiché va
rimarcato che il giudizio sulla dosimetria della pena è rimesso alla discrezionalità del
giudice di merito, per cui non vi è margine per il sindacato di legittimità quando la
decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica. Nel
caso di specie la Corte territoriale non ha mancato di motivare la propria decisione,
sottolineando che la pena applicata è stata calcolata partendo dal minimo edittale,
applicando la riduzione massima per le attenuanti generiche ed un aumento di pena
di 4 mesi per la continuazione;
– che secondo il costante orientamento di questa Corte, quando questa venga
compresa nel minimo o in prossimità del minimo, la motivazione non deve
necessariamente svilupparsi in un esame dei singoli criteri elencati nell’art. 133
cod. pen., essendo sufficiente il riferimento alla necessità di adeguamento al caso
concreto (Sez. 2, n. 43596 del 07/10/2003, Iunco, Rv. 227685), oppure l’uso di
espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si
richiami la gravità del reato o la personalità del reo (Sez. 3, n. 33773 del
29/05/2007, Ruggieri, Rv. 237402);
– che in ordine al tema della continuazione, va richiamata la giurisprudenza di
questa Corte, secondo la quale con riferimento ai singoli aumenti di pena a titolo di
continuazione, il giudice di merito non è tenuto a fornire una specifica motivazione,
valendo a questi fini le stesse ragioni poste a sostegno della quantificazione della
pena base (Sez. 2, n. 4707 del 21/11/2014 – dep. 02/02/2015, Di Palma, Rv.
262313; Sez. 5, n. 27382 del 28/04/2011, Franceschin, Rv. 250465);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.

atto sottoscritto personalmente, con il quale si deduce inosservanza della legge

616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2015
Il consigliere estensore

idente

processuali e al versamento della somma di mille euro alle cassa delle ammende.

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