Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20737 del 10/11/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20737 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Tarasco Giacomo, nato a Napoli il 16/4/1945

avverso l’ordinanza del 7/4/2017 della Corte di appello di Lecce-sezione
distaccata di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale, che ha concluso chiedendo dichiarare inammissibile il
ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 7/4/2017, la Corte di appello di Lecce, sezione
distaccata di Taranto, dichiarava inammissibile – perché tardivo – l’appello
proposto da Giacomo Tarasco avverso la sentenza emessa il 14/3/2016 dal
locale Tribunale.
2. Propone ricorso per cassazione lo stesso imputato, a mezzo del proprio
difensore, deducendo – con unico motivo – l’erronea applicazione degli artt. 544,

Data Udienza: 10/11/2017

585, 591 cod. proc. pen. La Corte di appello avrebbe fatto decorrere il termine
per l’impugnazione dalla data della pronuncia (28/4/2016), anziché correttamente – da quella della comunicazione al ricorrente del provvedimento
impugnato. Si chiede, pertanto, annullarsi l’ordinanza in esame.
3. Con requisitoria scritta del 15/9/2017, il Procuratore generale presso
questa Corte ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso, atteso che l’imputato
risultava libero/presente al dibattimento, sì da non aver diritto ad alcuna
comunicazione.

4. Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Occorre premettere che la sentenza di primo grado del presente
procedimento è stata emessa il 14/3/2016, con riserva di deposito della
motivazione nei successivi 15 giorni; ne consegue che il termine per impugnare
– pari a 30 giorni, ai sensi dell’art. 585, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. decorreva dal 30/3/2016, con scadenza il 28/4/2016.
Termine invero non rispettato dal Tarasco, che ha depositato l’atto di appello
soltanto il 5/5/2016.
Allo stesso imputato, peraltro, non doveva esser fatta alcuna comunicazione
dell’estratto della sentenza medesima, risultando egli libero/presente al
dibattimento, come da lettura dei relativi verbali (a data 5/10/2015 e
14/3/2016) che questa Corte ha legittimamente compiuto.
5. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità

medesima consegue, a

norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 2.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2017

Il 0114igliere estensore

Il Presidente

CONSIDERATO IN DIRITTO

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