Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20737 del 05/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20737 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STANISCIA NICOLA N. IL 17/10/1959
avverso l’ordinanza n. 812/2015 TRIB. LIBERTA di ROMA, del
30/10/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
1ette/sp.fte le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 05/02/2016

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 30/10 – 12/11/2015, il Tribunale di Roma ha rigettato
l’appello proposto da Nicola Staniscia (erroneamente indicato nell’intestazione
del provvedimento come Angelo) avverso il provvedimento del 02/05/2015, con
il quale il G.i.p. presso il medesimo Tribunale aveva respinto l’istanza di
dissequestro dei beni immobili già sottoposti a sequestro preventivo in data
03/06/2013, due dei quali siti in Roma, alla via Tacito e alla via Fortunato, e uno
in Cortina d’Ampezzo.

ricevuto la notifica del provvedimento impugnato, del quale aveva acquisito
contezza solo perché riportato per stralcio in una successiva ordinanza, datata
20/06/2015, di rigetto di analoga istanza; b) che lo Staniscia non aveva
prospettato alcun elemento di novità rispetto al quadro cautelare cristallizzato
nell’ordinanza genetica, che era stata confermata dal Tribunale del riesame, con
provvedimento impugnato dinanzi a questa Corte, che aveva dichiarato
inammissibile il ricorso in data 19/12/2013; c) che, con riferimento al profilo
contestato dall’appellante – ossia il nesso di pertinenzialità tra i reati e i beni
immobili in sequestro – questa Corte aveva ritenuto che non si desumesse “dagli
stessi atti che l’attività criminosa di rilievo” fosse stata solo successiva agli
acquisiti del 2004 e che dalle informative in atto emergeva che la provvista
economica per l’acquisto degli immobili in sequestro proveniva da un conto INPS,
attraverso assegni emessi in favore di soggetti stranieri o residenti all’estero, con
data di emissione risalente anche al 24/01/2002, ossia anteriore anche al primo
dei tre acquisti di immobili.
2. Lo Staniscia ha personalmente proposto ricorso per cassazione, affidato ad un
unico, articolato motivo, con il quale lamenta inosservanza degli artt. 262 e 321
cod. proc. pen.
Il ricorrente, dopo avere precisato che l’impugnativa dinanzi al Tribunale del
riesame riguardava non l’ordinanza del 02/05/2015, della quale non aveva mai
ricevuto notizia formale, ma il provvedimento del 23/06/2015, che motivava per
relationem con riferimento alla precedente ordinanza, rileva: a) che, nell’atto di
appello, era stato evidenziato, come motivo di novità, il totale stravolgimento
dell’impianto accusatorio, sulla base del quale era stata disposta la misura
cautelare reale, quale emergente dall’avviso di conclusione delle indagini
preliminari ex art. 415-bis cod. proc. pen., che era stato notificato in data
04/06/2015, in epoca successiva al provvedimento del G.i.p. del 02/05/2015; b)
che, in particolare, dall’avviso di conclusione delle indagini emergeva che il primo
reato fine attribuito al presunto sodalizio criminale, del quale lo Staniscia stesso
sarebbe stato il promotore, risalirebbe alla data del 05/09/2007, con un evidente
1

Il Tribunale ha rilevato: a) che l’appellante aveva lamentato di non avere

ridimensionamento della prospettiva accusatoria che aveva giustificato
l’originario titolo cautelare; c) che, del resto, nel corso delle indagini, erano stati
emessi successivi provvedimenti di restituzione di beni sequestrati e, tra l’altro,
degli assegni circolari emessi dalle banche, terze pignorate nelle procedure ai
danni dell’INPS, curate del ricorrente, con conseguente presunzione di legittimità
delle somme ricavate dal professionista nel corso della sua attività professionale;
d) che non era stata indicata la data di costituzione del sodalizio o la data in cui
l’associazione avrebbe preso ad operare, con la conseguenza che doveva

prendendo atto della irrilevanza, ai fini della misura cautelare, dei reati prescritti;
e) che, pertanto, l’immobile di Cortina acquistato nel 2003 e quello di Roma, in
via Fortunato, acquistato nel 2004, non mostravano alcuna pertinenzialità
rispetto ai reati contestati; f) che anche l’immobile di Roma, via Tacito,
acquistato nel 2011 non poteva essere ricondotto ad alcuna attività illecita e ciò
sia perché dall’avviso di conclusione delle indagini emergeva che i reati fine
contestati riconducibili alle ipotesi di truffa/appropriazione indebita in danno
dell’INPS erano solo otto e relativi a posizioni non liquidate, sia perché, anche a
voler ritenere che la somma di 72.000,00 (su un corrispettivo complessivo di
oltre 700.000.000,00 pagato per l’immobile) fosse il provento di un reato,
quest’ultimo si collocherebbe comunque in data antecedente al primo reato
scopo contestato; g) che, in ogni caso, il provvedimento impugnato non aveva
preso posizione sul tema della verosimile indicazione dell’ammontare profitto del
reato.
3. Lo Staníscia ha depositato memoria ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen.
Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.
Al riguardo, occorre premettere che, nell’atto di appello (alla stregua, del resto,
di quanto emerge nell’intestazione del provvedimento impugnato), lo Staniscia
dichiara di impugnare l’ordinanza del 02/05/2015, notificata contestualmente ad
analoga ordinanza del 23/06/2015.
Ne discende che non trova alcun fondamento la puntualizzazione contenuta in
ricorso – ma poi smentita nella memoria depositata ai sensi dell’art. 611 cod.
proc. pen. -, secondo cui oggetto dell’impugnativa sarebbe il provvedimento del
23/06/2015.
Ciò posto, le critiche del ricorrente sono manifestamente infondate, dal momento
che il quadro cautelare cristallizzato nel titolo genetico, anche quanto alla
pertinenzialità e alle finalità preventive del sequestro, non è scalfito dalla
circostanza che, nell’avviso di conclusione delle indagini, non siano stati indicati
reati-fine anteriori al 05/09/2007, giacché la delimitazione temporale di
2

necessariamente farsi riferimento alle date dei singoli reati fine contestati,

operatività del reato associativo, ancorché non puntualizzata, quanto al
momento iniziale, nel medesimo avviso, è stata ricostruita dal Tribunale, con
motivazione che non rivela alcuna manifesta illogicità, in data anteriore
all’acquisto del primo immobile, facendo riferimento proprio alle risultanze del
titolo genetico e alle emergenze investigative in atti.
In tale prospettiva, non si tratta allora di attribuire illegittimamente rilievo, ai fini
del sequestro preventivo di un bene, ad un reato estinto per intervenuta
prescrizione, ma di trarre da quest’ultimo un elemento dimostrativo del periodo

2. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione
delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 05/02/2016
Il Componente estensore

Il Presídent

di operatività dell’associazione.

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