Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20733 del 10/04/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20733 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Miceli Amato Daniele, nato a Livorno il 28/10/1983
avverso la sentenza del 23/1/2017 della Corte d’appello di Firenze
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paola
Filippi, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23 gennaio 2017 la Corte d’appello di Firenze ha
confermato la sentenza del 23 aprile 2013 del Tribunale di Livorno, con cui Miceli

Data Udienza: 10/04/2018

Amato Daniele era stato condannato alla pena di mesi dieci di reclusione ed euro
9.000,00 di multa, in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 6 I. n.
401 del 1989 (ascrittogli per avere ripetutamente omesso di presentarsi presso
la Questura di Livorno, in concomitanza con gli incontri della squadra di calcio del
Livorno, come prescrittogli dal Questore di Livorno con provvedimento del 13
agosto 2018, convalidato dal giudice per le indagini preliminari).

2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,
affidato a due motivi.

Lit

2.1. Con un primo motivo ha lamentato vizio della motivazione e violazione
di legge penale, in quanto non sarebbero stati sussistenti i presupposti oggettivi
per poter ritenere configurabile il reato contestato, di cui sarebbe stato
mancante anche l’elemento soggettivo.
Ha ribadito quanto esposto con l’atto d’appello, circa la non intenzionalità
della mancata presentazione presso gli uffici di polizia in concomitanza con gli
incontri della squadra di calcio del Livorno, e la mancata dimostrazione della
contemporanea violazione del divieto di accesso ai luoghi nei quali si svolgevano

sia del divieto di accesso sia dell’obbligo di presentazione) per poter ritenere
integrata la fattispecie delittuosa.
2.2. Con un secondo motivo ha prospettato ulteriore vizio della motivazione
e violazione di legge penale, con riferimento all’art. 62 bis cod. pen., lamentando
l’insufficienza della motivazione in ordine alla misura della pena, eccessivamente
severa, per la sua distanza dai minimi edittali, tenendo conto della
incensuratezza dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, peraltro affidato a censure generiche e riproduttive dei motivi
d’appello, adeguatamente considerati e motivatamente disattesi dalla Corte
territoriale, è manifestamente infondato.

2. Le doglianze riguardo alla insussistenza dell’elemento oggettivo e di quello
soggettivo del reato e alla insufficienza della motivazione sul punto sono
manifestamente infondate.
Il reato di cui all’art. 6, comma 6, I. n. 401 del 1989 non richiede, infatti, per
la sua configurabilità, la concomitante violazione sia del divieto di accesso ai
luoghi di svolgimento delle manifestazioni sportive indicate nel provvedimento
del Questore (di cui primo comma di tale disposizione), sia la mancata
presentazione presso gli uffici di polizia in concomitanza con tali manifestazioni
sportive (di cui al secondo comma della medesima disposizione), non essendo
ciò contemplato dalla norma incriminatrice, che richiede per la configurabilità del
reato la violazione di uno dei due obblighi, unificando le violazioni solamente per
l’identità della sanzione, prevedendo che “Il contravventore alle disposizioni di
cui ai commi 1 e 2 e’ punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da
10.000 euro a 40.000 euro”, senza, dunque, richiedere, per la configurabilità del
reato la contemporanea violazione del divieto di accesso e dell’obbligo di
presentazione.

2

tali manifestazioni sportive, occorrendo la violazione di entrambi i precetti (e cioè

Il riferimento a entrambi i precetti e alla possibilità di imporre agli autori di
condotte violente collegate a manifestazioni sportive, destinatari del divieto di
accesso ai luoghi di svolgimento di tali manifestazioni, anche la misura di
prevezione dell’obbligo di presentazione presso l’autorità di polizia in
concomitanza di tali avvenimenti, non implica affatto che, come affermato dal
ricorrente, per la configurabilità del reato sia necessaria la violazione di entrambi
i precetti, non essendo ciò richiesto dalla disposizione incriminatrice (cfr. Sez. 3,
n. 47112 del 19/11/2013, Pasquarella, Rv. 257867; Sez. 7, Ordinanza n. 17317

fattispecie di cui all’art. 6, commi secondo e sesto, della legge n. 401 del 1989 è
reato di pericolo, integrato per il solo fatto, consapevole e volontario, di aver
trasgredito all’obbligo di presentarsi negli orari indicati nell’ufficio o comando di
polizia competente, non assumendo rilievo il fatto che, alla mancata
comparizione presso l’ufficio di polizia, segua o meno l’accesso nel luogo di
svolgimento della manifestazione sportiva;
La volontarietà della condotta non è stata negata dal ricorrente ed è,
comunque, insita nella omissione della condotta doverosa, al cui compimento il
ricorrente non ignorava di essere obbligato, cosicché la censura risulta
manifestamente infondata anche sotto tale profilo.

3. La doglianza in ordine alla misura della pena, anch’essa del tutto generica,
essendo priva della illustrazione delle ragioni della sussistenza del vizio di
violazione di legge denunciato e di confronto critico con la motivazione della
sentenza impugnata, è del pari manifestamente infondata, avendo la Corte
d’appello adeguatamente e logicamente illustrato le ragioni della determinazione
della pena, evidenziando come la pena base sia prossima al minimo edittale, sia
stata ridotta di un terzo per effetto del riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche, sia stata aumentata di soli dodici giorni di reclusione ed
euro 200 di multa per ciascuna delle altre violazioni, e risulti comunque adeguata

del 18/03/2016, Fanizzi, Rv. 266760, nella quale è stato chiarito che la

in considerazione della commissione di plurime violazioni in un breve arco
temporale: si tratta di motivazione del tutto adeguata, non censurabile nel
giudizio di legittimità sul piano delle valutazioni di merito e con la quale,
comunque, il ricorrente ha omesso di confrontarsi, con la conseguente manifesta
infondatezza anche di tale doglianza.

4. Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, a cagione
della manifesta infondatezza delle, peraltro generiche, censure cui è stato
affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
O•d

3

(Corte Cost. sentenza 7 – 13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del
procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle
Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella
misura di euro 2.000,00.
In applicazione del decreto del Primo Presidente di questa Corte n. 84 del
2016 la motivazione è redatta in forma semplificata, in quanto il ricorso non
richiede, ad avviso del Collegio, l’esercizio della funzione di nomofilachia e
solleva questioni giuridiche la cui soluzione comporta l’applicazione di principi di

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 10/4/2018

diritto già affermati e che il Collegio condivide.

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