Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20698 del 21/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20698 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIAMBILLARI GIUSEPPE N. IL 27/03/1961
avverso la sentenza n. 13/2012 TRIBUNALE di PATTI, del 09/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 21/04/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza 9 dicembre 2013 il Tribunale di Patti, giudice d’appello, ha confermato la sentenza emessa in data 23 gennaio 2012 dal Giudice di Pace di Sant’Angelo di Brolo, appellata da
GIAMBILLARI Giuseppe, dichiarato responsabile dei delitti di lesioni, ingiuria e minacce,
commessi il 14 agosto ed il 30 settembre 2004.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di sulla responsabilità quanto alle lesioni; lamentando la mancata applicazione dell’art. 599 c.p. in relazione ai restanti reati, mancata
assunzione di teste decisivo e prescrizione dei reati.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio
rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal Giudice di Pace che dal Tribunale.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato che la prova del
fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità è
adeguatamente argomentata, e nel sostegno a questa che poteva trarsi dall’obiettivo riscontro delle lesioni documentate da certificati medici.
Ed altrettanto compiutamente e logicamente hanno ritenuto, di contro, non convincenti e inattendibili quelle dei testi a difesa, che non avevano riscontrato quanto rilevato dai medici.
Tenuto conto di quanto sopra del tutto infondata è la doglianza circa la mancata audizione di altro testimone indicato in termini generici sulla cui decisività a fronte della documentazione medica nulla è dato di sapere.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
Del tutto generica ed in fatto la doglianza in tema di provocazione soprattutto con riferimento
all’incidenza sulla determinazione dello stato di ira di una vicenda trascinata nel tempo e sottoposta la giudice civile, né si chiarisce in che termini la questione fosse stata portata all’esame del
giudice del merito atteso che da quanto riportato dal ricorrente si attribuisce uno stato di ira e di
agitazione alla persona offesa ROMEO alla vista del prevenuto che si trovava all’interno del
fondo.
Quanto alla pretesa prescrizione dei reati osserva il Collegio che il termine scadente rispettivamente in data 14 febbraio e 30 marzo 2012 risulta prorogato a causa di ripetute sospensioni per
giorni 735 fino alla data del 18 febbraio 2014.
L’inammissibilità del ricorso impedendo la regolare formazione di un rapporto di impugnazione
impedisce la possibilità di rilevare l’estinzione del reato verificatasi in data successiva a quella
della pronuncia della sentenza di secondo grado.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
‘al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di E. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 aprile 2015.

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