Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20690 del 12/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20690 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
RHIMI ELZIN nato il 16/03/1988
BOUGATTAOUI BOUZEKRI nato il 01/01/1988
BEN DAADOUCH HAMZA nato il 13/03/1991 a TUNISI( TUNISIA)

avverso la sentenza del 04/07/2017 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
PADOVA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANTONELLA DI STASI;

Data Udienza: 12/01/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il GUP del
Tribunale di Padova ha applicato agli attuali ricorrenti la pena richiesta per il
reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990.
2. Avverso la sentenza gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione,
a mezzo dei difensori di fiducia, chiedendone l’annullamento: BEN DAADOUCH
HAMZA lamenta l’erronea qualificazione del fatto e vizio di motivazione in
relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 73,

1 cpp in relazione alla condanna al pagamento delle spese processuali;
BOUGATTAQUI BOUZEKRI lamenta omessa motivazione circa l’insussistenza di
cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – I ricorsi sono inammissibili.
2. BEN DAADOUCH HAMZA lamenta l’erronea qualificazione del fatto e
vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata
di cui all’art. 73, comma 5, dpr n. 309/1990.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui la
ricorribilità della sentenza di patteggiamento è ammessa nelle sole ipotesi di
errore manifesto, ossia quando sussiste realmente l’eventualità che l’accordo
sulla pena si trasformi in accordo sui reati, sicché deve essere esclusa tutte le
volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità: l’errata
qualificazione giuridica del fatto può essere fatta valere solo dinanzi ad un
evidente error in iudicando che “dissimuli un’illegale trattativa sul nomen iuris”,
ma non in presenza di una qualificazione che presenti oggettivi margini di
opinabilità (tra le tante v., Sez. 4, 11 marzo 2010, n. 10692, P.G. in proc.
Hernandez; Sez. 3, 23 ottobre 2007, n. 44278, P.G. in proc. Benha; Sez. 6, 20
novembre 2008, n. 45688, P.G. in proc. Bastea; Sez. 6, 10 aprile 2003, n.
32004, P.G. in proc. Valetta, sez. 4″, n. 10692 dell’11.3.2010, Hernandez, rv.
246394; sez. 6^, n. 15009 del 27.11.2012 dep. il 2.4.2013, Bisignani, rv.
254865, Sez.3, n.34902 del 24/06/2015, dep.17/08/2015, Rv.264153).
Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la
motivazione della sentenza appare adeguata, perché richiama gli atti di indagine
in piena aderenza al chiaro tenore letterale della imputazione, peraltro neppure
censurata dal ricorrente, ed esclude la configurabilità del fatto di lieve entità,
sottolineando la natura seriale ed imprenditoriale delle cessioni e i quantitativi
significativi di sostanza stupefacente.
3. RHIMI ELZIN lamenta violazione dell’art. 445 comma 1 cod.proc.pen.
in relazione alla condanna al pagamento delle spese processuali.
2

comma 5, dpr n. 309/1990; RHIMI ELZIN deduce violazione dell’art. 445 comma

La condanna del predetto al pagamento delle spese processuali risulta
corretta in quanto la pena concordata tra le parti è pari ad anni quattro di
reclusione ed euro 14.000 di multa, quindi, superiore al limite di “due anni di
pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria” che non comporta la condanna
al pagamento delle spese processuali.
4.

Il ricorrente BOUGATTA91JI BOUZEKRI lamenta che il giudice non

avrebbe fornito adeguata motivazione circa l’insussistenza di cause di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.

l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125,
comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato
alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla
quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice
presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative
della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con
cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una
delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una
specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle
parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata
compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (ex plurimis, sez. 3, 29
maggio 2012, n. 36610; sez. 3, 22 settembre 1997, n. 2932; sez. un. 27
settembre 1995, n. 10372; sez. un., 27 marzo 1992, n. 5777).
Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la
motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex
art. 129 cod. proc. pen. appare, in ogni caso, adeguata, perché richiama ed
analizza specificamente il contenuto degli atti di indagine, evidenziando
l’inesistenza di elementi valutabili a favore dell’imputato.
5. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione

della

causa

di

inammissibilità»,

alla

declaratoria

dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q. M.
3

Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di tremila euro in
favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 12.01.2018

aton la

Il Presidente
Al oCavallo

Il Consigliere estensore

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