Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20688 del 12/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20688 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ACETO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
EL GATRA REDOUANE nato il 03/03/1990

avverso la sentenza del 24/10/2016 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ACETO;

Data Udienza: 12/01/2018

1Z(i1\ 43342’2017

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 sig. El Gatra Redouane ricorre per l’annullamento della sentenza del
24/10/2016 della Corte di appello di Firenze che, in parziale riforma di quella del
24/09/2013 pronunciata dal G.i.p. del Tribunale di Prato a seguito di giudizio abbreviato e da lui impugnata, ritenuta l’ipotesi di reato di cui all’art. 73, comma 5,
d.P.R.n. 309 del 1990, ha rideterminato la pena nella minor misura (già ridotta

fermazione della sua responsabilità per il detto reato in continuazione con quelli
di cui agli artt. 337 e 635, comma 2, n. 3, cod. pen., commessi in Prato e Calenzano il 20/12/2011.
1.1.Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. c), cod. proc.
pen., l’inosservanza o comunque l’erronea applicazione dell’art. 533 cod. proc.
pen. non essendo possibile, in base agli elementi di prova utilizzati ai fini della
decisione, la sua individuazione come conducente della vettura oltre ogni ragionevole dubbio.
1.2.Con il secondo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen.,
la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione con
riferimento al profilo della sussistenza dell’elemento psicologico del reato di danneggiamento di cui all’art. 635 cod. pen.
1.3.Con il terzo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc.
pen., la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione
con riferimento al profilo della mancata applicazione delle circostanze attenuanti
generiche.

2.11 ricorso è inammissibile perché proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge.

3.Ricorda, a tal fine, questa Corte che: a) l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del
legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari
punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo
convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L’illogicità della
motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale
da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo
essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime
incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non

per il rito) di un anno e quattro mesi di reclusione, confermando nel resto l’af-

espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794); b) la mancanza e la
manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicché dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare
che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di
logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di
merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 16 del

coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che
questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale
crisma di logicità (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903); c) il travisamento della prova è configurabile quando si introduce nella motivazione una
informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento
probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa
del dato processuale/probatorio (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio,
Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499).
3.1.Ne consegue che: a) il vizio di motivazione non può essere utilizzato per
spingere l’indagine di legittimità oltre il testo del provvedimento impugnato,
nemmeno quando ciò sia strumentale a una diversa ricomposizione del quadro
probatorio che, secondo gli auspici del ricorrente, possa condurre il fatto fuori
dalla fattispecie incriminatrice applicata; b) l’esame può avere ad oggetto direttamente la prova quando se ne denunci il travisamento, purché l’atto processuale che la incorpora sia allegato al ricorso (o ne sia integralmente trascritto il contenuto) e possa scardinare la logica del provvedimento creando una insanabile
frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali; c) la natura manifesta della illogicità
della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato
di legittimità che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica
a quella del giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del
medesimo fatto, ancorché altrettanto ragionevoli.
3.2.1 primi due motivi sono interamente supportati dall’inammissibile illustrazione del contenuto delle prove utilizzate dal Giudici di merito per la conforme valutazione della responsabilità dell’imputato prescindendo da quel che risulta dal testo della motivazione della sentenza impugnata. Nè l’imputato eccepisce
il travisamento delle prove (delle quali peraltro non allega i relativi verbali), sicché il tentativo di interloquire direttamente con la Corte di cassazione sul contenuto delle prove proponendole quale metro di logicità della decisione assunta
deve essere respinto. Quel che rileva, in questa sede, è che dalla motivazione

19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621), sicché una volta che il giudice abbia

risulta che l’imputato fu certamente riconosciuto dagli operanti, che speronò volontariamente la loro autovettura, che lanciò dal finestrino l’involucro contenente
la sostanza stupefacente. L’imputato non eccepisce lo scollamento tra il fatto descritto nella sentenza e il contenuto dei verbali di prova; sicché l’indagine di legittimità si arresta alla constatazione della non manifesta illogicità tra il fatto descritto e le conclusioni cui sono giunte i Giudici distrettuali nel confermare la sentenza di primo grado.

che la loro applicazione non costituisce oggetto di un diritto con il cui mancato
riconoscimento il giudice di merito si deve misurare poiché, non diversamente da
quelle “tipizzate”, la loro attitudine ad attenuare la pena si deve fondare su fatti
concreti.
4.1.La loro mancata applicazione può perciò essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione
dopo la modifica dell’art. 62 bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale,
ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato, genericamente dedotto nel caso di specie quale fatto
che avrebbe consentito, insieme con la sua giovane età, la applicazione delle circostanze (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610; Sez. 1, n. 3529
del 22/09/2013, Stelitano, Rv. 195339). Ne consegue che l’obbligo di motivazione non sussisteva non potendosi ritenere la giovane età uno specifico indicatore
di una possibile attenuazione della pena (sulla necessità della specificità della
richiesta, oltre le pronunce già citate, anche Sez. 3, n. 23055 del 23/04/2013,
Banic, Rv. 256172; Sez. 1, n. 5917 del 12/03/1990, Bagli, Rv. 184129; Sez. 2,
n. 2344 del 13/07/1987, Trocarico, Rv. 177678). Nè l’imputato allega ulteriori
fatti dedotti a sostegno della richiesta immotivatamente negletti dalla Corte territoriale.

5.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C
3.000,00.

4.Quanto alle circostanze attenuanti generiche, si deve ribadire il principio

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 12/01/2018

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