Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20685 del 12/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20685 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
JARMOUNI ABDERRAHIM nato il 01/01/1993

avverso la sentenza del 14/10/2016 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANTONELLA DI STASI;

Data Udienza: 12/01/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata in data 14.10.2016, la Corte di appello di
Firenze, in parziale riforma, a seguito dell’appello del PG, della sentenza del
Tribunale di Lucca-sez.distaccata di Viareggio- del 14.5.2013 con la quale
l’attuale ricorrente era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 73
dpr n. 309/1990 e condannato alla pena di anni quattro di reclusione ed euro
14.000 di multa, rideterminava la pena pecuniaria in euro 16.000 e disponeva
l’espulsione dell’imputato una volta espiata la pena.

tramite del difensore di fiducia, lamentando vizio di motivazione in relazione al
trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso va dichiarato inammissibile.
2. Deve ricordarsi che la graduazione del trattamento sanzionatorio rientra
nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per
fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod.
pen., sicché è inammissibile la censura che nel giudizio di cassazione miri ad una
nuova valutazione della congruità della pena (Sez.3, n.1182 del 17/10/2007,
dep.11/01/2008, Rv.238851;Sez.5, n.5582 del 30/09/2013, dep.04/02/2014,
Rv.259142).
Inoltre, costituisce principio consolidato che la motivazione in ordine alla
determinazione della pena base (ed alla diminuzione o agli aumenti operati per
le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti) è necessaria solo quando la
pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media edittale, ipotesi che
non ricorre nella specie.
Fuori di questo caso anche l’uso di espressioni come “pena congrua”, “pena
equa”, “congrua riduzione”, “congruo aumento” o il richiamo alla gravità del
reato o alla capacità a delinquere dell’imputato sono sufficienti a far ritenere che
il giudice abbia tenuto presente, sia pure globalmente, i criteri dettati dall’art.
133 cod.pen. per il corretto esercizio del potere discrezionale conferitogli dalla
norma in ordine al “quantum” della pena (Sez.2,n.36245 del 26/06/2009 Rv.
245596; Sez.4, n.21294 del 20/03/2013, Rv.256197).
In ogni caso, nella specie, l’entità del trattamento sanzionatorio è
giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è
insindacabile in cassazione.
3. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per

2

2.Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, per il

ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle

Così deciso in Roma, 12.01.2018

Ammende.

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