Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20682 del 21/04/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20682 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: SABEONE GERARDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ASCARI PAOLO N. IL 30/09/1966
avverso la sentenza n. 6361/2010 CORTE APPELLO di TORINO, del
01/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;
Data Udienza: 21/04/2015
RITENUTO IN FATTO
–
che con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Torino ha
parzialmente confermato la sentenza di prime cure ed ha mantenuto ferma la
condanna di Ascari Paolo per il reato di minacce gravi;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
riguardo alla valutazione delle emergenze istruttorie in merito alla ritenuta
gravità delle minacce.
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto il motivo si sostanzia,
da un lato, in una generica ed indebita proposizione della doglianze circa la
valutazione delle emergenze istruttorie; trattasi, inoltre, di doglianza che, oltre
ad essere meramente ripetitiva di quanto già evidenziato in grado di appello,
passa del tutto sotto silenzio la pur esistente motivazione offerta sul punto dalla
Corte territoriale;
– che le accertate modalità del fatto valgono a ritenere integrata la
ritenuta fattispecie della minaccia grave.
Sul piano sostanziale, questa volta in diritto, la gravità della minaccia va
accertata avendo riguardo a tutte le modalità della condotta, ed in particolare al
tenore delle eventuali espressioni verbali ed al contesto nel quale esse si
collocano, onde verificare se, ed in quale grado, essa abbia ingenerato timore o
turbamento nella persona offesa (v. Cass. Sez. V 26 settembre 2008 n. 43380).
Il Giudice del merito, ispirandosi ai suddetti principi ha dato logicamente
conto della gravità della minaccia compiuta.
Non è, pertanto, consentito a questa Corte di legittimità operare una
rilettura degli accadimenti processuali allorquando degli stessi sia stata data
logica motivazione ispirata ai principi di diritto espressi da questa Suprema
Corte.
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di
cui all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che
valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta
sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;
P. T. M.
l’imputato, a mezzo del proprio difensore, denunciando una violazione di legge
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 21 aprile 2015.