Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20668 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20668 Anno 2016
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Usai Giorgio, nato a Uta il 09/04/1958

Avverso la sentenza del 26/11/2013 della Corte di appello di Cagliari

Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso,
Udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Luigi
Birritteri, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
Udito il difensore, Avv. Stefano Pisano, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26/11/2013 la Corte di appello di Cagliari ha
confermato quella pronunciata in data 19/5/2011 dal Tribunale di Cagliari, con la
quale Usai Giorgio è stato riconosciuto colpevole dei reati di resistenza a pubblico
ufficiale e di lesioni personali aggravate dal nesso teleologico e condannato con
le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva alla pena di mesi sette di
reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Data Udienza: 15/04/2016

2. Ha proposto ricorso il difensore dell’imputato.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e inosservanza di norme
stabilite a pena di nullità agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod.
proc. pen.
Il reato di resistenza era insussistente, in quanto la contestazione
riguardava la condotta tenuta per impedire ai militari di contestare un’infrazione

carico avevano parlato di condotta violenta tenuta dall’imputato dopo che gli
erano stati chiesti i documenti e riferito che al suo rifiuto lo stesso era stato
invitato a salire in macchina per accompagnare i militari in caserma.
In tale prospettiva la condotta dell’imputato non era caratterizzata neppure
dal dolo specifico richiesto.
D’altro canto, a voler ravvisare il reato per altro titolo, vi sarebbe stato
difetto di contestazione con violazione dell’art. 521 cod. proc. pen.
L’insussistenza del delitto di resistenza avrebbe comportato la mancanza di
un nesso teleologico e l’improcedibilità del delitto di lesioni per difetto di querela.
2.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in ordine alla
sussistenza di minaccia e violenza al pubblico ufficiale, alla luce delle
dichiarazioni dei testimoni a discarico.
La Corte territoriale aveva reputato non percorribile la tesi difensiva in virtù
di contraddizioni emerse nelle dichiarazioni dei testi indicati dall’imputato.
Ma non aveva valutato le contraddizioni emerse dalle dichiarazioni rese dai
militari intervenuti, in ordine alla questione se il pavimento fosse bagnato,
all’orario dei fatti, alle ragioni della denuncia a carico di Usai Stefano.
Inoltre non era stato considerato che l’imputato aveva fornito una
ricostruzione alternativa, volta ad escludere un suo contatto con il militare
Saviano, e che i testi a discarico avevano accreditato da un lato la caduta non
provocata dal Saviano e dall’altro l’atteggiamento aggressivo dei militari, senza
che fossero ravvisabili discrepanze tra la versione dell’imputato e quella dei testi
a discarico, contrariamente all’assunto della Corte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Si assume che diversamente da quanto contestato sarebbe stato dato rilievo
ad una condotta violenta tenuta dall’Usai dopo che i Carabinieri Saviano e Lecis
gli avevano chiesto i documenti.

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al codice della strada a carico di un terzo soggetto, mentre in concreto i testi a

In realtà i Giudici di merito hanno rilevato sulla base del racconto dei militari
che mentre costoro stavano contestando un’infrazione al codice della strada ad
una dipendente del bar dell’Usai, la quale aveva compiuto una pericolosa
manovra, erano usciti dal bar dapprima Stefano Usai e poco dopo l’imputato, il
quale aveva preso ad inveire contro i militari, accusandoli di stare «sempre qua a
controllare».

replicato con frasi minacciose, soprattutto nei confronti del Saviano, dicendogli
fra l’altro che egli aveva già condanne a morte sulla testa da parte di cittadini di
Uta e inoltre ammonendolo «ricordati che hai un bambino piccolo».
All’invito dei militari di accompagnarli in Caserma, l’Usai secondo i Giudici di
merito si era opposto dapprima contro entrambi e poi in particolare spingendo il
Saviano, che era caduto, riportando lesioni personali, come da certificazione
medica.
Il fatto, così ricostruito, risulta corrispondente a quello contestato, essendosi
ritenuto che l’Usai avesse tenuto una condotta oppositiva nella fase di redazione
del verbale a carico della dipendente del bar, condotta proseguita con minacce e
poi, all’invito dei militari di seguirli e al tentativo degli stessi di condurlo alla
vettura, sfociata nella violenza cui erano seguite le lesioni riportate dal Saviano.
Il fatto va inteso nel suo complesso e trova riscontro nella contestazione,
considerando il tenore letterale non solo del capo A), ma anche di quello del capo
B), nel quale si fa riferimento al nesso teleologico tra le lesioni e la resistenza.
Ed allora deve ritenersi che correttamente sia stato ravvisato il delitto di
resistenza sul rilievo che la condotta oppositiva, caratterizzata da minacce e da
violenza, si era deliberatamente rivolta contro i militari e soprattutto contro il
Saviano, nel momento in cui costui con il collega stava compilando il verbale per
la violazione del codice della strada e poi in un continuum nel momento in cui i
due militari cercavano di porre fine alle veementi proteste dell’Usai,
conducendolo in caserma, condotta oppositiva comunque finalizzata ad
ostacolare l’attività d’ufficio dei due pubblici ufficiali.

2. Il secondo articolato motivo è invece inammissibile perché non rientra tra
quelli consentiti, risolvendosi in censure di merito e nella prospettazione di
un’alternativa ricostruzione della vicenda, ritenuta preferibile.
Va infatti considerato che i Giudici di merito hanno attentamente valutato
sia le dichiarazioni a carico dell’imputato sia, nel dettaglio, quelle a discarico,
volte ad accreditare l’assunto difensivo secondo cui i militari avevano tenuto una
condotta aggressiva mentre l’imputato non aveva opposto alcuna violenza,
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A questo punto era stato chiesto all’uomo un documento e l’Usai aveva

dovendosi ritenere semmai che il Carabiniere Saviano si fosse fatto male
cadendo sul pavimento bagnato.
Orbene, la Corte, sulla scorta delle valutazioni del primo Giudice, è
pervenuta alla conclusione non manifestamente illogica secondo cui la versione
fornita dai due militari si sarebbe dovuta reputare attendibile, contrariamente a
quella desumibile dalle testimonianze di Daniela Mallei, Stefano Usai e Alberto
Mallei.

occasionali in ragione della manovra compiuta al loro passaggio da Daniela Mallei
e che di seguito non avrebbero avuto motivo di aggredire verbalmente Stefano
Usai e Giorgio Usai, usciti dal bar per rendersi conto di quanto stava accadendo,
non essendo ravvisabile un intento calunnioso neppure in relazione ad una
precedente occasione nella quale l’Usai aveva denunciato una persona alla quale
aveva affittato una casa e si era rivolto con tono di rimprovero ad un diverso
militare, tal maresciallo Salvo.
D’altro è stata segnalata la sostanziale concordanza delle versioni dei due
Carabinieri a fronte di talune discordanze emergenti dalle versioni a discarico,
con Alberto Mallei, che smentendo gli altri due testi della difesa, aveva escluso di
aver udito espressioni sconvenienti dei militari e aveva diversamente indicato il
militare uscito dalla macchina dopo Stefano Usai si era recato fuori del bar.
Ed ancora è stato segnalato che la versione difensiva era da ritenersi nel suo
complesso inverosimile, essendo inoltre emersa una divergenza tra quanto
riferito dall’imputato, a suo dire trovatosi a circa quattro metri dal Saviano, e
quanto dichiarato invece dagli altri, secondo i quali la distanza era di un metro e
mezzo al massimo.
Inoltre è stato rilevato che nessuno aveva sostenuto di aver visto il Saviano
cadere.
In tale quadro è vano il tentativo di reintrodurre temi di merito, come quello
riguardante la scivolosità del pavimento o l’alternativa ricostruzione fornita
dall’imputato, fermo restando che se il Saviano è stato smentito quanto al fatto
che non fosse piovuto, circostanza riconosciuta dal Carabiniere Lecis, il ricorso
nondimeno si sofferma sulle dichiarazioni rese sul punto dai testi a discarico,
senza che però venga specificamente confutata la motivazione dei Giudici di
merito in ordine alla complessiva attendibilità dei due militari, non inficiata da
rilevanti discrepanze, a fronte dei plurimi profili di inattendibilità dei testi a
discarico, nonché in ordine al fatto che comunque nessuno dei testi a discarico, a
rigore, aveva visto il Saviano cadere.

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Ed invero è stato rilevato che i militari erano intervenuti per motivi

D’altro canto costituisce ancora un argomento di merito quello incentrato
sulla denuncia a piede libero a carico di Usai Stefano, circostanza che mira pur
sempre a prospettare un diverso angolo visuale, senza considerare le
argomentazioni contenute nelle due sentenze, nelle quali a proposito di Stefano
Usai si pone in luce da parte del Tribunale un profilo di inattendibilità inerente
alla affermazione di aver visto in caserma il padre ammanettato ad un

non vi sono termosifoni.
Né la Corte territoriale si è sottratta alla valutazione delle dichiarazioni del
teste che ha parlato di lamentele di cittadini per il comportamento del Saviano,
circostanza reputata non illogicamente inidonea ad asseverare la veridicità della
tesi difensiva.

3. In definitiva gli argomenti su cui si fonda il ricorso, seppure ricondotti ad
una pretesa contraddittorietà o illogicità della motivazione, non sono in realtà
destinati ad insinuare fratture logiche nella giustificazione fornita dalla Corte
territoriale per giungere alla conferma della ricostruzione dei fatti fornita dal
primo Giudice, ma si arrestano allo stadio di una diversa prospettazione del
merito.
Di qui l’inammissibilità del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla
causa di inammissibilità, della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa
delle ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 15/4/2016

Il Consigliere estensore

Il Pre id

termosifone, quando dalle dichiarazioni del Saviano è risultato che in caserma

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