Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20654 del 16/02/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20654 Anno 2016
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GUZMAN GUZMAN GUSTAVO ALONSO N. IL 13/03/1983
avverso la sentenza n. 17939/2014 GIP TRIBUNALE di ROMA, del
19/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 16/02/2016

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
L’imputato ricorre contro la sentenza indicata in epigrafe, che, a norma degli
artt. 444 e seguenti c.p.p., ha applicato nei suoi confronti, in ordine al reato
ascrittogli, la pena concordata dalle parti, lamentando promiscuamente
violazione degli artt. 444 c.p.p. e 163 c.p. per mancanza di certezza
dell’antigiuridicità di parte della condotta, difetto di congruità della pena,
mancato proscioglimento, errata qualificazione giuridica del fatto.

della regolarità degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso
come da dispositivo in atti.
Il ricorso è inammissibile perché assolutamente privo di specificità (in
difetto dell’indicazione dì elementi in ipotesi acquisiti ìn atti e non considerati, o
mal considerati), e, comunque, manifestamente infondato, atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è adeguato all’accordo intervenuto tra le
partì,

– escludendo motivatamente, sulla base degli atti, che ricorressero i
presupposti dì cui all’art. 129 c.p.p. per il proscioglimento dell’imputato. Tale
pur sintetica motivazione, avuto riguardo alla rinunzia alla contestazione delle
prove dei fatti costituenti oggetto di imputazione implicita nella domanda di
patteggiamento, nonché alla speciale natura dell’accertamento devoluto al
giudice del merito in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che
ne consegue, appare pienamente adeguata ai parametri indicati per tale genere
di decisioni dalla ormai consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le
altre, Sez. un., n. 5777 del 27 marzo 1992, Di Benedetto, rv. 191135; Sez. un.,
n. 10372 del 27 settembre 1995, Serafino, rv. 202270; sez. un., n. 20 del 27
ottobre 1999, Fraccari, rv. 214637);

ritenendo motivatamente la correttezza della proposta qualificazione

giuridica dei fatti contestati. Deve, in proposito, rilevarsi che, per consolidato
orientamento di questa Corte di legittimità, di recente ribadito dalle Sezioni
Unite (sentenza n. 5838 del 28 novembre 2013, dep. 6 febbraìo 2014, in
motivazione), in tema di patteggiamento, il ricorso per cassazione può
denunciare anche l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così come
prospettata nell’accordo negoziale e recepita dal giudice, in quanto la
qualificazione giuridica è materia sottratta alla disponibilità delle parti e l’errore
su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1,
lett. b) cod. proc. pen. Nondimeno, l’errore sul nomen iuris deve essere

All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto

manifesto, secondo il predetto orientamento, che ne ammette la deducibilità nei
soli casi in cui sussista l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in
accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa
qualificazione presenti margini di opinabilità.
Nel caso di specie, la deducibilità dell’invocato errore deve essere esclusa,
non risultando prima facie erronea o strumentale la qualificazione giuridica dei
fatti, così come proposta dalle parti e positivamente delibata dal giudice a quo;
– ritenendo motivatamente la configurabilità delle configurate e

oggi oggetto di doglianza lo stesso imputato non aveva chiesto il
riconoscimento, e non ha quindi titolo per dolersi del suo mancato
riconoscimento);

ritenendo motivatamente la congruità del trattamento sanzionatorio

dalle stesse parti proposto. Deve, in proposito, rilevarsi che, per consolidato
orientamento di questa Corte di legittimità, di recente ribadito dalle Sezioni
Unite (sentenza n. 5838 del 28 novembre 2013, dep. 6 febbraio 2014, in
motivazione), la censura relativa alla determinazione della pena concordata – e
stimata corretta dal giudice di merito – non può essere dedotta in sede di
legittimità, al di fuori dell’ipotesi di determinazione contra legem. Ipotesi che, di
certo, non ricorre nel caso di specie, in quanto la pena della quale è stata
chiesta l’applicazione è senz’altro legale.
In concreto, il difensore dell’imputato ha evocato in ricorso numerosi istituti
con doglianze del tutto generiche ed assertive, quando non incomprensibili (tale
è, infatti, il riferimento all’art. 163 c.p., non argomentato e non attinente,
attesa l’applicazione con cordata di pena ben superiore ad anni due di
reclusione.
La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000
n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di
Euro millecinquecento in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione
pecuniaria.

2

correttamente comparate circostanze concorrenti (e, d’altro canto, di quella

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma dì euro millecinquecento in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 16 febbraio 2016
Il Presi

Il Compor/ente estensore

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