Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20652 del 21/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20652 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CHIONI SIMONE N. IL 18/02/1979
avverso la sentenza n. 13/2011 CORTE APPELLO di GENOVA, del
17/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 21/04/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza emessa in data 23 marzo 2010 dal Tribunale di Massa, appellata da CHIONI Simone, dichiarato responsabile
del delitto di furto aggravato in abitazione, commesso il 5 settembre 2004.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità,
affermata sulla sola base di un confronto dattiloscopico, nonché sul trattamento sanzionatorio.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato poiché la
Corte di merito ha chiaramente evidenziato come la sovrapponibilità delle impronte rilevate sul
luogo del furto a quelle dell’imputato, per un numero di punti di molto superiore al minimo ritenuto affidabile per la sicura identificazione, dimostrava la presenza del CHIONI
nell’appartamento delle persone offese, appena prima del momento del rilievo delle impronte e
quindi in occasione del furto, così da poter essere ricondotta una tale presenza all’esecuzione materiale del delitto. Né il rilievo della Corte di merito in ordine al fatto che il prevenuto non aveva
allegato una diversa e lecita causale della propria presenza in loco, si risolve, come lamentato, in
un’inammissibile inversione dell’onere della prova, atteso che adeguata prova del delitto è il rinvenimento della traccia della presenza che logicamente viene riferita per ragioni di tempo alla
realizzazione del delitto. La Corte di merito si è limitata a constatare legittimamente che il prevenuto non aveva allegato e documentato alcuna circostanza, sulla sua presenza in loco, tale da
interrompere la sequenza logica che lo vedeva in quell’appartamento in quanto autore del furto.
Manifestamente infondato e tendente a sottoporre a questa Corte valutazioni squisitamente di
merito, ad essa sottratte, è poi il secondo motivo, con il quale il ricorrente afferma carente la motivazione con la quale gli sono state negate le circostanze attenuanti generiche sulla base dei soli
precedenti penali. Del tutto legittimamente difatti la Corte di appello ha ritenuto, a fronte della
negativa personalità dell’imputato, l’inesistenza di elementi valutabili in positivo al fine del riconoscimento delle attenuanti generiche; si tratta di parametro considerato dall’art. 133 C.P., applicabile anche ai fini dell’art. 62-bis C.P.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.000,00#.
P. Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese protessuali ed al versamento del somma di €. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21,an le 2015.

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