Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20650 del 12/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20650 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ACETO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CIRILLO LORENZO nato il 06/06/1991 a ATRI

avverso la sentenza del 11/04/2016 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ACETO;

Data Udienza: 12/01/2018

RGN 40727/2017

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 sig. Lorenzo Cirillo ricorre per l’annullamento della sentenza del
11/04/2016 della Corte di appello di L’Aquila che, in parziale riforma di quella del
17/12/2013 del Tribunale di Pescara da lui impugnata, ha applicato le circostanze
attenuanti generiche ed ha rideterminato la pena nella misura finale di cinque
mesi e dieci giorni di reclusione e 1.333,00 euro di multa confermando, nel re-

comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (illecita detenzione di gr. 26,67 di sostanza
stupefacente del tipo marijuana).
1.1.Con unico motivo, lamentando che la finalità della cessione a terzi della
sostanza detenuta è stata desunta esclusivamente in base al dato quantitativo/
ponderale, eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza o comunque l’erronea applicazione della norma incriminatrice.

2.11 ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti nel
giudizio di legittimità.

3.11 ricorso propone gli stessi temi difensivi già disattesi dalla Corte di appello con argomenti del tutto negletti in questa sede: a) il quantitativo elevato di
principio attivo dal quale erano ricavabili 54 dosi medie giornaliere; b) l’impossibilità di assumere personalmente un così elevato numero di dosi prima che il
principio attivo perdesse il proprio effetto stupefacente; c) la disponibilità di
strumenti destinati al confezionamento delle singole dosi (tre tritafoglie e varie
bustine di cellophane); d) la presenza di ben otto barattoli contenenti traccia della medesima sostanza, segno evidente di disponibilità ben più consistenti.
Appare chiaro, in definitiva, che la Corte di appello (e prima ancora il Tribunale) non ha fondato la propria decisione esclusivamente sul dato ponderale,
bensì su una serie di elementi indiziari logicamente ed univocamente convergenti
verso la stesso risultato che non può essere messo in discussione in questa sede
mediante il ricorso ad elementi fattuali (il proprio interrogatorio) o la rivalutazione del medesimo compendio probatorio.

4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C
3.000,00.

sto, l’affermazione della sua responsabilità penale per il reato di cui all’art. 73,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma d C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 12/01/2018

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