Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20623 del 16/02/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20623 Anno 2016
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RUFINO DENIS N. IL 02/08/1975
avverso la sentenza n. 2946/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
16/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 16/02/2016

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato per carenza del necessario dolo, ed alla
qualificazione giuridica del fatto, al più integrante gli estremi del reato di cui all’art. 712 c.p. o 624625 c.p.
Il motivo è inammissibile, tenuto conto dell’accertata, e mai convincentemente giustificata,
disponibilità del ciclomotore di provenienza furtiva in oggetto (all’evidenza acquisita fuori dai canali
legittimi di circolazione).
In tal modo, la Corte di appello si è correttamente conformata – quanto alla configurazione del
neecssario dolo ed alla qualificazione giuridica del fatto accertato – al consolidato orientamento di
questa Corte (per tutte, Sez. II, n. 29198 del 25/05/2010, Fontanella, rv. 248265), per il quale, ai
fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere
raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile
con un acquisto in mala fede; d’altro canto (Sez. II, n. 45256 del 22/11/2007, Lapertosa, Rv.
238515), ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente
accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad
una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota
l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza. Né si richiede all’imputato
di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione
dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un
onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le
parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice
di merito secondo i comuni principi del libero convincimento (in tal senso, Cass. pen., Sez. un., n.
35535 del 12/07/2007, Rv. 236914).
Deve aggiungersi che la qualificazione giuridica del fatto accertato come furto non era stata chiesta
con l’atto di appello, e pertanto la relativa doglianza non può essere formulata per la prima volta in
questa sede.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro mille a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro mille alla cassa delle ammende.

16/02/2016
Il Consigli e Estensore
BELTRA I SERGIO

Il Pr
GIOVANN

nte
TALLEVI

Il/La CORTE APPELLO di MILANO, con sentenza in data 16/01/2015, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di MILANO, in data 23/01/2014, nei confronti
di RUFINO DENIS in relazione al reato di cui ali’ art. 648 CP

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