Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20621 del 12/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20621 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BIANCHINI GABRIELE, nato il 14/07/1977
avverso l’ordinanza n. 204/2014 GIP del TRIA3UNALE di LECCO del
24/09/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale dott. Giulio Romano,
che ha chiesto annullarsi senza rinvio il provvedimento gravato,
rideterminando proporzionalmente la pena.

(

Data Udienza: 12/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24 settembre 2014 il G.i.p. del Tribunale di Lecco, in
funzione di giudice dell’esecuzione, in parziale accoglimento della istanza
avanzata nell’interesse di Bianchini Gabriele in conseguenza della sentenza n. 32
del 2014 della Corte costituzionale, ha rideterminato la pena allo stesso applicata
con propria sentenza n. 321 del 15 maggio 2013, esecutiva il 22 giugno 2013, in

Il Giudice osservava, a ragione della decisione, che:
– per i fatti di cui alla indicata sentenza, relativi alla detenzione a fini di
spaccio di 5.570 grammi di hashish, era stato applicato all’istante il trattamento
sanzionatorio previsto dall’art. 73, commi 1 e 1-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, nella
formulazione introdotta dall’art.

4-bis d.l. n. 272 del 2005, attinto dalla

richiamata declaratoria di incostituzionalità;
– detta pronuncia non aveva, tuttavia, abolito l’incriminazione, avendo,
invece, fatto rivivere l’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 nel testo antecedente alle
modifiche e comportato, in particolare, la reviviscenza del trattamento più
favorevole di cui all'(abrogato dalla norma incostituzionale) comma quarto per
un fatto che era e continuava a essere assoggettato a sanzione penale;

non poteva procedersi alla revoca della sentenza, essendo l’effetto

caducatorio ascrivibile, ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen., a sentenza della
Corte costituzionale che attenesse, con giudizio di incostituzionalità, a una norma
incriminatrice, determinando una vera e propria abolitio criminis, e non solo una
modifica del trattamento sanzionatorio;
– gli effetti del precetto dichiarato incostituzionale dovevano peraltro essere
neutralizzati, al fine di impedire la produzione di effetti sfavorevoli al reo,
attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata dell’indicato art. 673
cod. proc. pen. e dell’art. 30, comma 4, legge n. 86 del 1953 e alla luce della
portata precettiva dell’art. 136 Cost.;
– tale compito era demandato, nel caso in cui fosse intervenuta statuizione
irrevocabile di condanna, al giudice dell’esecuzione, che doveva rimanere
vincolato dai limiti connaturati alla fase esecutiva, senza poter procedere a una
nuova valutazione ai sensi dell’art. 133 cod. pen., rimessa in via esclusiva al
giudice della cognizione e ormai preclusa;

la riparametrazione della pena applicata con la sentenza di

patteggiamento, pure reclamata dall’istante, era operazione certamente
preclusa, poiché il ricorso alla proporzione matematica supponeva un
insussistente rapporto di omogeneità tra le grandezze poste a base della
proporzione;

2

anni tre e mesi due di reclusione, oltre a euro dodicimila di multa.

- la neutralizzazione degli effetti della norma incostituzionale poteva,
pertanto, essere fatta, in assenza di parametri oggettivi, solo attraverso la
preventiva verifica della rispondenza della pena applicata con la sentenza
irrevocabile ai limiti edittali di cui al reviviscente art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309
del 1990, rideterminando la pena detentiva base, già fissata in anni sei e mesi
quattro di reclusione, entro il limite del massimo edittale previsto a seguito della
declaratoria di incostituzionalità, e quindi in anni sei di reclusione, da ridurre per
effetto delle attenuanti generiche nella stessa misura, inferiore a un terzo,

2.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione

personalmente l’interessato, che ne chiede l’annullamento sulla base di due
motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia inosservanza o erronea
applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) , cod.
proc. pen., con particolare riferimento alla illegalità della pena.
Secondo il ricorrente, il Giudice, che ha considerato a sé precluse una
nuova valutazione ai sensi dell’art. 133 cod. pen. e una riparametrazione della
pena applicata con la sentenza di patteggiamento ai limiti edittali ora vigenti, è
incorso nel denunciato vizio, ritenendo di eliminare gli effetti della norma
incostituzionale attraverso la verifica della rispondenza della pena applicatagli ai
limiti di pena ora vigenti, mentre detta pena doveva essere considerata illegale
per essere stati i limiti edittali travolti con effetto ex tunc dalla pronuncia di
illegittimità costituzionale, sì come ritenuto dalle sentenze di legittimità già
intervenute sul punto, con conseguente necessaria sostituzione della pena,
determinata sulla base dei parametri introdotti dalla legge n. 49 del 2006, con
pena calcolata partendo dai ripristinati limiti edittali.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia inosservanza o erronea
applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) , cod.
proc. pen., in relazione alla natura giuridica della sentenza di patteggiamento.
Secondo il ricorrente, il Giudice dell’esecuzione non ha tenuto conto
dell’accordo formalizzato nell’istanza di patteggiamento, vincolante per le parti e
recepito in sentenza, con il quale era previsto che la pena si discostasse di poco
dai minimi edittali, con la conseguenza che il Giudice avrebbe dovuto
rideterminare la pena in prossimità del ristabilito minimo edittale.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta, concludendo per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza, con
rideterminazione proporzionale della pena.

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applicata in sentenza, e ulteriormente per il rito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, fondato nelle sue osservazioni e deduzioni, deve essere accolto.

2. Si premette in diritto che la Corte costituzionale, con sentenza n. 32 del
12 febbraio 2014, pubblicata sulla G.U. n. 11 del 5 marzo 2014, ha dichiarato la
illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272 del 2005,
convertito in legge n. 49 del 2006, entrata in vigore il 28 febbraio 2006, che

previsto dal d.P.R. n. 309 del 1990 per i reati aventi a oggetto le c.d. “droghe
leggere” e per quelli concernenti le c.d. “droghe pesanti”.
L’effetto di tale pronuncia è consistito, in particolare, nel ripristinare per i
fatti commessi sotto la vigenza della normativa dichiarata incostituzionale (28
febbraio 2006 – 6 marzo 2014), la disciplina incriminatrice e il correlato
trattamento sanzionatorio stabiliti dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990,
antecedente alla sua novellazione.

3. L’apprezzamento degli effetti sul giudicato di tale pronuncia, incidente sul
trattamento sanzionatorio, e non abrogativa della rilevanza penale del fatto,
deve procedere dal rilievo che, secondo l’opzione interpretativa cui sono
pervenute le Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014,
dep. 14/10/2014, P.M. in proc. Gatto, Rv. 260695/260700), ripercorrendo i
passaggi argomentativi e gli approdi di precedenti decisioni e superando il
ravvisato contrasto sulla questione di diritto implicata dall’ordinanza di
rimessione (“se, successivamente a una sentenza irrevocabile di condanna, la
dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa dalla
norma incriminatrice, idonea a mitigare il trattamento sanzionatorio, possa
comportare una rideterminazione della pena in sede di esecuzione”), il limite del
giudicato è superabile anche laddove la dichiarazione di illegittimità
costituzionale riguarda una norma incidente sul trattamento sanzionatorio.
3.1. A tale riguardo si è, tra l’altro e in particolare, rappresentato che l’art.
30, comma 4, legge n. 87 del 1953 -alla cui stregua “quando in applicazione
della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile
di condanna, ne cessano l’esecuzione e tutti gli effetti penali”- si riferisce alle
norme penali sostanziali, per tali dovendosi intendere “quelle che correlano la
previsione di una sanzione ad uno specifico comportamento e che stabiliscono
una differenza di pena in conseguenza di una determinata condotta”, e si è
rimarcato che è illegittima l’esecuzione della pena che deriva dall’applicazione di
una norma di diritto penale sostanziale dichiarata illegittima dalla Corte

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avevano unificato il trattamento sanzionatorio, in precedenza differenziato,

costituzionale dopo la sentenza irrevocabile, “sicché devono essere rimossi gli
effetti ancora perduranti” della violazione conseguente all’applicazione stessa.
3.2. Con specifico riferimento ai poteri del giudice dell’esecuzione detta
decisione -nel ribadire che alla operatività dell’art. 30 legge n. 87 del 1953 non è
di ostacolo il giudicato, che non rappresenta “il punto di arresto” alla espansione
della retroattività delle sentenze della Corte costituzionale, ampiamente
argomentando circa il processo di erosione della sua intangibilità e circa il deciso
orientamento dell’ordinamento a non tenerne conto quando esso comporti il

del 1987; Sez. U, n. 18821 del 12/10/2013, dep. 07/05/2014, Ercolano, Rv.
252933-252934-258649-258650-258651)- ha fissato il principio, secondo cui, sì
come da massimazione,

“quando, successivamente alla pronuncia di una

sentenza irrevocabile di condanna, interviene la dichiarazione d’illegittimità
costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente
sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, e quest’ultimo non è stato
interamente eseguito, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena in
favore del condannato pur se il provvedimento ‘correttivo’ da adottare non è a
contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di penetranti poteri di
accertamento e di valutazione …” (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, citata, Rv.
260697).
In tal modo, in conformità all’ampiezza dei poteri ormai riconosciuti
dall’ordinamento processuale al giudice dell’esecuzione, che non si limita a
conoscere delle questioni sulla validità e sull’efficacia del titolo esecutivo ma è
anche abilitato, in vari casi, a incidere su di esso (artt. 669, 670, comma 3, 671,
672 e 673 cod. proc. pen.), la conformità della pena a legalità in fase esecutiva
deve ritenersi costantemente

sub iudice in relazione a rapporti non ancora

esauriti, non essendo tollerabile che uno Stato di diritto assista inerte
all’esecuzione di pene non conformi alla costituzione (Corte cost. n. 210/2013).
3.3. Il potere di intervento del giudice dell’esecuzione, ordinariamente
limitato dal principio, tuttora vigente, della intangibilità del giudicato
riconducibile al disposto dell’art. 648 cod. proc. pen. (con il corollario del divieto
di un secondo giudizio sul medesimo fatto ex art. 649 cod. proc. pen.), deve
essere esercitato, pertanto, nella rideterminazione del trattamento sanzionatorio,
tenendo conto del limite del “fatto accertato” nella pronuncia di condanna, senza
contraddire le valutazioni del giudice della cognizione risultanti dal testo della
stessa; assumendo le proprie valutazioni, se necessario, mediante l’esame degli
atti processuali, ai sensi dell’art. 666, comma 5, cod. proc. pen. (che autorizza il
giudice ad acquisire i documenti e le informazioni necessari e, quando occorre,
ad assumere prove nel rispetto del principio del contraddittorio), e avendo
riguardo, ove sia in corso di esecuzione -all’atto della domanda- la pena
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sacrificio del buon diritto del cittadino (Corte cost., sent. n. 115 del 1987, n. 267

derivante, anche in parte, da norma di diritto sostanziale dichiarata
incostituzionale, alle norme applicabili al momento della decisione in punto di
commisurazione della sanzione (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, citata; Sez. 1,
n. 53019 del 04/12/2014, dep. 19/12/2014, Schettino, Rv. 261581).

4. Nel caso di sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta
delle parti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., agli ordinari limiti di rivedibilità
del giudicato, che pongono il giudice dell’esecuzione in posizione recessiva

natura irrevocabile della definizione pattizia del procedimento (tra le altre, Sez.
1, n. 1066 del 17/12/2008, dep. 13/01/2009, P.M. in proc. Quintano, Rv.
244139; Sez. 3, n. 39730 del 04/06/2009, dep. 12/10/2009, Bevilacqua, Rv.
244892; Sez. 5, n. 44456 del 27/06/2012, dep. 14/11/2012, Bernardini, Rv.
254058), e di “preservare la volontà delle parti che hanno inteso richiedere
l’applicazione della pena nella misura concordata e reputata congrua dal giudice
della cognizione”, coniugando “il principio di conservazione del negozio giuridico
processuale intervenuto ai sensi dell’art. 444, comma 1, cod. proc. pen.”con “la
regola della ineseguibilità della pena nella parte in cui deriva dall’applicazione di
parametri edittali costituzionalmente illegittimi” (Sez.1, n. 51844 del
25/11/2014, dep. 12/12/2014, Riva, in motivazione).
Le Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, 26/02/2015, non ancora
depositata, ricorrente Marcon), intervenendo sulla specifica questione
controversa, oggetto di discordanti decisioni (tra le altre, Sez. 6 n. 13895 del
04/03/2014, dep. 24/03/2014, P.G. in proc. Nabil, Rv. 259362; Sez. 3, n. 26474
del 03/04/2014, dep. 19/06/2014, P.G. e Abassi, Rv. 259387; Sez. 3, n. 21259
del 03/04/2014, dep. 26/05/2014, Marku Irido, Rv. 259384; Sez. 4, n. 22326
del 10/04/2014, dep. 29/05/2014, Monaco, Rv. 259374; Sez. 4, n. 21085 del
14/05/2014, dep. 23/05/2014, Manfré, Rv. 259386; Sez. 3, n. 26436 del
22/05/2014, dep. 18/06/2014, Lamagna, Rv. 259398; Sez. 4, n. 49528 del
21/10/2014, dep. 27/11/2014, Leonardi, Rv. 261069; Sez. 1, n. 51844 del
25/11/2014, citata, Rv. 261331), afferente alla necessaria, o meno,
rideterminazione -in sede di esecuzione- della pena applicata, su richiesta delle
parti, per i delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alle
droghe c.d. leggere, con pronuncia divenuta irrevocabile prima della sentenza n.
32 del 2014 della Corte costituzionale, hanno stabilito, con decisione condivisa
dal Collegio, della quale è stata redatta all’esito della camera di consiglio
informazione provvisoria, che alla questione posta deve essere data soluzione
affermativa,

“con la precisazione che la pena deve essere rideterminata

attraverso la Wnegoziazione’ dell’accordo tra le parti, ratificato dal giudice
dell’esecuzione, che viene interessato attraverso l’incidente di esecuzione

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rispetto a quello della cognizione, si aggiunge la necessità di tenere conto della

attivato dal condannato o dal pubblico ministero, e che, in caso di mancato
accordo, il giudice dell’esecuzione provvede alla rideterminazione della pena in
base ai criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen.”

5. Alla luce di tali principi, il caso in esame deve essere diversamente
considerato rispetto a quanto ritenuto nel provvedimento impugnato.
5.1. Va, invero, rilevato che dalla comparazione delle fasce edittali previste
per le droghe cosiddette leggere dalla normativa dichiarata incostituzionale (che,

ordinaria da due a otto anni e di quella attenuata da sei mesi a un anno, e il
massimo edittale, rispettivamente, da sei a venti anni e da quattro a sei anni) e
da quella previgente, riattivatasi per effetto della pronuncia di incostituzionalità,
emerge la illegalità del trattamento sanzionatorio applicato, su sua richiesta, al
ricorrente -secondo un criterio legislativo del tutto modificato- in relazione alla
condotta ascrittagli di detenzione a fini di spaccio di grammi 5.570 di sostanza
stupefacente del tipo hashish, posta in essere 1’11 dicembre 2012, e quindi nel
periodo ricadente sotto la vigenza della disciplina normativa dichiarata
incostituzionale, secondo le risultanze della sentenza in atti, resa il 15 maggio
2013, ex art. 444 cod. proc. pen., dal G.i.p. del Tribunale di Lecco, irrevocabile il
22 giugno 2013.
5.2. Rispetto a tale situazione è, pertanto, illegittima la decisione impugnata
che ha fatto riferimento, nella rideterminazione della pena per l’indicato reato, in
vista della neutralizzazione degli effetti della norma incostituzionale, alla
riduzione della pena base alla misura corrispondente al massimo della nuova
cornice edittale, risultante dalla reviviscenza del trattamento sanzionatorio già
stabilito per le droghe leggere, astraendo da ogni rilievo circa i poteri del giudice
dell’esecuzione a fronte dei mutati parametri edittali, alla natura della sentenza
de qua, e quindi al precedente accordo delle parti, pubblica e privata, per la
determinazione della pena, e ai criteri direttivi di cui agli artt. 132 e 133 cod.
pen., che ha ritenuto preclusi in sede esecutiva.
5.3. Compete, invece, al giudice dell’esecuzione, garante della “permanente
conformità a legge del fenomeno esecutivo” (Sez. U, n. 18821 del 12/10/2013,
citata, in motivazione), rimuovere gli effetti ancora perduranti della illegalità del
trattamento sanzionatorio conseguenti all’applicazione della normativa dichiarata
incostituzionale, alla stregua dei suindicati principi di valenza generale, e
procedere, in forza di quelli più specificamente affermati con riguardo ad analogo
caso dalla più recente decisione del 26 febbraio 2015 delle Sezioni unite, alla
verifica della sussistenza di un accordo tra le parti volto a “rinegoziare” la pena a
suo tempo patteggiata, e, in caso negativo, alla rideterminazione della pena con
valutazione in concreto e rispettosa del fatto accertato e dei principi generali del
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quanto alla sanzione detentiva, aveva elevato il minimo edittale della condotta

sistema sanzionatorio, tenendo conto dei parametri edittali vigenti in relazione
alla tipologia di condotta e di sostanza stupefacente, oggetto di contestazione, e
dando conto (ex artt. 132 e 133 cod. pen.) delle modalità di esercizio del potere
commisurativo della pena.

6. L’ordinanza impugnata va, conseguentemente, annullata con rinvio al
Giudice dell’esecuzione che procederà a nuovo esame attenendosi ai principi e ai
rilievi prima formulati.

dell’istanza e rideterminazione del trattamento sanzionatorio, avrà, in ogni caso,
valenza sostitutiva del già richiamato titolo esecutivo, che, solo per tale parte
non più eseguibile, sarà non revocato ma integrato, in punto di entità della pena,
dalla decisione emessa in sede esecutiva.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.i.p. del
Tribunale di Lecco.
Così deciso in Roma il 12 maggio 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

La decisione emessa dal Giudice della esecuzione, in ipotesi di accoglimento

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