Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20615 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20615 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA
Sul ricorso straordinario proposto a norma dell’art. 625-bis cod. proc.
pen. nell’interesse di Morandi Giacomo, n. a Milano il 25.01.1991,
avverso la sentenza n. 35917/2014 emessa dalla Suprema Corte di
Cassazione, settima sezione penale, in data 25.06.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del sostituto procuratore generale dott. Ciro
Angelillis che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con l’adozione di
tutti i provvedimenti conseguenti;
sentita la discussione del difensore avv. Antonio Abbadessa, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 06/05/2015

1. Con ordinanza in data 25.06.2014, la Suprema Corte, settima
sezione penale, dichiarava inammissibile il ricorso per cassazione
proposto da Morandi Giacomo contro la sentenza della Corte d’appello
di Milano che aveva confermato il giudizio di primo grado con il quale il
Tribunale di Pavia, all’esito di giudizio abbreviato, lo aveva condannato
alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione per il reato di
evasione:

declaratoria

di

inammissibilità

conseguente

alla

sopravvenuta dichiarazione di rinuncia al ricorso sottoscritta da
Morandi Giacomo, convalidata dal proprio difensore.
2.

Avverso detta pronuncia, Morandi Giacomo propone ricorso

straordinario per errore di fatto denunciando erronea percezione da
parte del giudice di legittimità della propria volontà di rinunciare
all’impugnazione.
Assume il ricorrente come la propria dichiarazione di rinuncia
all’impugnazione afferisse ad altro e distinto procedimento penale (il n.
10806/2014 RG, iscritto il 07.03.2014 ed assegnato alla quinta sezione
penale della Suprema Corte) e fosse stata erroneamente inserita nel
fascicolo relativo al proc. penale n. 13418/2014 RG, iscritto il
22.03.2014 ed assegnato alla settima sezione penale: procedimento,
quest’ultimo, nel quale nessuna dichiarazione di rinuncia
all’impugnazione era mai stata presentata dall’interessato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, risulta

inammissibile.
2. Va preliminarmente evidenziato come costituisca ius receptum nella
giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo il quale l’errore di
fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio
previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore
percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di
cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e
connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà,
viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia
condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata
senza di esso (cfr., da ultimo, Sez. 6, sent. n. 14296 del 20/03/2014,
dep. 26/03/2014, Apicella, Rv. 259503).

2

2.1. Fermo quanto precede, le Sezioni Unite hanno precisato che:
a) qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in
una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia
comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto,
bensì di giudizio;
b) sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di
interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la
supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una

inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi
giurisprudenziali consolidati, nonché gli errori percettivi in cui sia
incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere – anche
se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti
delle impugnazioni ordinarie;
c) l’operatività del ricorso straordinario non può essere limitata alle
decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, non risultando
giustificata una simile restrizione dall’effettiva portata della norma in
quanto l’errore percettivo può cadere su qualsiasi dato fattuale (Sez.
U, sent. n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280; conf., Sez. U,
sent. n. 16104 del 27/03/2012, De Lorenzo, non mass.; e, in seguito,
Sez. U, sent. n. 37505 del 14/07/2011, Corsini, Rv. 250527).
3. Alla luce di tali regulae iuris deve escludersi nella fattispecie la
configurabilità di alcun errore di fatto nella decisione adottata dalla
settima sezione penale di questa Suprema Corte nel processo a carico
dell’odierno ricorrente.
3.1. Invero, difformemente da quanto sostenuto dal ricorrente, agli atti
esiste dichiarazione scritta di pugno e con sottoscrizione dello stesso
Morandi Giacomo pervenuta presso la cancelleria della settima sezione
penale della Suprema Corte in data 30.06.2014 nella quale, dopo
l’incipit – anch’esso vergato a mano – con il riferimento al numero di
ruolo generale (Reg. Gen. Cass. n. 13418/2014: trattasi del numero di
ruolo con il quale è stato trattato il procedimento avanti alla settima
sezione penale, oggetto del presente ricorso) si legge testualmente:
“IL SOTTOSCRITTO GIACOMO MORANDI, NATO A MILANO IL 25.01.1991 ED
ATTUALMENTE DETENUTO PRESSO LA CASA CIRCONDARIALE DI PARMA PER IL
PROCEDIMENTO DI CUI AL N. DI RGNR. 23127/11 TRIBUNALE DI MILANO; PREMESSO
CHE IN DATA 21.3.2014 HA INOLTRATO FORMALE RICHIESTA ALLA CANCELLERIA DELLA
SUPREMA CORTE SEZ. PENALE, ATTO DI RINUNCIA AL RICORSO PRESENTATO AVVERSO
LA SENTENZA DI CUI AL N. 23127/11 RGNR. TRIB. MILANO; CHIEDE ALL’ECC.MA

3

SUPREMA CORTE CHE SIA FISSATA CON URGENZA UDIENZA AL FINE DI DECLARARE LA
RINUNCIA AL SUDDETTO RICORSO PRESENTATO IN DATA 21.3.2014 CON
CONTESTUALE RINUNCIA AI TERMINI E AGLI AVVISI DI LEGGE. ROMA, LI’ 17.06.2014.
CON OSSERVANZA. GIACOMO MORANDI”.

3.2. Trattasi, all’evidenza, di valida dichiarazione di rinuncia al ricorso
pendente avanti alla settima sezione penale anche in considerazione
dell’indicazione, fatta dallo stesso Morandi, del numero di ruolo
generale del procedimento, corrispondente con quello presente presso

3.3. Se è vero che anche il procedimento RG NR 10806/2014 già
pendente avanti alla quinta sezione penale della Suprema Corte (per
art. 612 cod. pen.) risulta definito con declaratoria di inammissibilità
per rinuncia, ciò non esclude la possibile esistenza di due distinti atti di
rinuncia.
3.4. In ogni caso, pur volendo considerare l’esistenza di una volontà
diversa da parte del ricorrente, nondimeno il percepito errore non può
certo essere “imputato” alla Suprema Corte, dovendosi dello stesso
necessariamente farsi carico il solo ricorrente, giuste le indicazioni
“fuorvianti” fornite dallo stesso in sede di dichiarazione di rinuncia.
4. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in euro 1.000,00

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché della somma di euro 1.000,00 alla
Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 6.5.2015

Il Consigliere estensore
Dott. An rea Pellegrino
«II■•■•••••■

Il Presidente

la citata settima sezione.

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