Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20613 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20613 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA
Sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto nel procedimento a carico di
Giordano Giuseppe Antonio, n. a Castroreale il 12.09.1955,
rappresentato e assistito dall’avv. Marcello Greco, di fiducia, avverso
l’ordinanza n. 874/2014 emessa dal Tribunale di Messina in data
26.01.2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Ciro
Angelillis che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio
limitatamente alla gravità indiziaria.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 06/05/2015

1.

Con ordinanza in data 03.11.2014, il giudice per le indagini

preliminari presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto rigettava la
richiesta del pubblico ministero di applicazione della misura cautelare
degli arresti domiciliari nei confronti di Giordano Giuseppe Antonio
indagato per il reato di ricettazione.
2. Avverso detta ordinanza, il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto proponeva appello che, con

3. Avverso detta ordinanza, il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto propone ricorso per cassazione
lamentando l’illegittimità del provvedimento per contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione o, comunque, per motivazione
apparente nonché per violazione di legge con riferimento agli artt. 273 e
274, comma 1 lett. c) cod. proc. pen. e 648 cod. pen..
Assume il ricorrente l’esistenza di una motivazione illogica e
contraddittoria nella misura in cui non considera integrati gravi indizi di
colpevolezza sul presupposto di una complicità di tale Musmarra nel
traffico clandestino di bovini, non riscontrata dagli atti. La circostanza
che il Musmarra abbia negato, smentendo l’imputato, la cessione dei n.
31 bovini rinvenuti presso la stalla del Giordano, e che lo stesso
Tribunale del riesame neghi l’esistenza di alcun legame tra il pagamento
dei 5.000,00 euro alla Di Bella e detta cessione, avrebbe dovuto
comportare come logica conseguenza di ritenere furtiva la provenienza
dei n. 31 bovini rinvenuti dalla polizia giudiziaria.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale del riesame non aveva
considerato:
– che tutti i n. 31 bovini posseduti dall’indagato erano provento di furto o
di altri reati;
– che dei n. 17 bovini formalmente posseduti dal Giordano sulla base dei
dati dell’Anagrafe Zootecnica Nazionale, non ne veniva rinvenuto alcuno;
-che alcuni dei bovini sequestrati dalla polizia giudiziaria risultavano
affetti da brucellosi, con conseguente pericolo per la salute pubblica in
caso di macellazione;
– che non era stata considerata la nota della polizia giudiziaria in data
09.10.2014 in cui si dava atto della sospetta “scomparsa” di tutti i n. 31
bovini sequestrati al Giordano;
-che il Giordano risulta indagato per fatti di ricettazione commessi nel

ordinanza in data 26.01.2015, il Tribunale di Messina respingeva.

2013 nonché, in altro procedimento, imputato per reati contro il
patrimonio.
Nell’ordinanza impugnata, veniva omesso qualsivoglia riferimento a
quanto sopra, prospettandosi l’opportunità di una ulteriore misura
cautelare reale per “fronteggiare” il pericolo prospettato.
In realtà, le modalità dei commissione dei fatti costituenti reato
costituiscono elementi che inducono a ritenere sussistente il rischio di

recidivanza specifica già evidenziato in sede di richiesta di misura
cautelare e di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e, come tale, va accolto, imponendosi un
annullamento con rinvio per nuovo esame sulla base delle valutazioni e
dei principi che si andranno ad esporre.
2.

E’ anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di

sindacabilità da parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti
adottati dal giudice del riesame sulla libertà personale.
2.1. Secondo l’orientamento di questa Corte – che il Collegio condivide e
reputa attuale anche all’esito delle modifiche normative che hanno
interessato l’art. 606 cod. proc. pen., cui l’art. 311 cod. proc. pen.
implicitamente rinvia – in tema di misure cautelari personali, allorché sia
denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla
consistenza dei gravi indizi di colpevolezza ovvero delle esigenze
cautelari, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione
alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso
ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle
ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario
a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione
riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni
della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle
risultanze probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di riesame mezzo di impugnazione, sia pure atipico – ha la specifica funzione di
sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai
requisiti formali indicati nell’art. 292 cod. proc. pen., ed ai presupposti ai
quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo: ciò

3

premesso, si è evidenziato che la motivazione della decisione del
Tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere
conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di
cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal
particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove,
ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì
di una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, sent. n. 11 del

606 cod. proc. pen., Sez. 4, sent. n. 22500 del 03/05/2007, Terranova,
Rv. 237012).
2.2. La medesima giurisprudenza di legittimità ha osservato – sempre in
tema di impugnazione delle misure cautelari personali – che il ricorso per
cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche
norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del
provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma
non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei
fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze
esaminate dal giudice di merito (Sez. 5, sent. n. 46124 del 08/10/2008,
Pagliaro, Rv. 241997; Sez. 6, sent. n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv.
252178).
2.3. L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 cod. proc.
pen.) e delle esigenze cautelari (art. 274 cod. proc. pen.) è, quindi,
rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di
specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione
secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo “all’interno” del
provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non può, infatti,
riguardare la ricostruzione dei fatti e sono inammissibili le censure che,
pur formalmente investendo la motivazione, si risolvono nella
prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate
dal giudice di merito, dovendosi in sede di legittimità accertare
unicamente se gli elementi di fatto siano corrispondenti alla previsione
della norma incriminatrice e le statuizioni siano a loro volta assistite da
motivazione non manifestamente illogica.
3. Fermo quanto precede, rileva il Collegio come la motivazione del
provvedimento impugnato presenti numerose illogicità e
contraddittorietà con riferimento alla provenienza dei capi di bestiame
(privi di marchio auricolare e non iscritti nell’anagrafe animale) ed alla

22/03/2000, Audino, Rv. 215828; conforme, dopo la novella dell’art.

riconosciuta in:1:1:inzaM di fatti penalmente rilevanti in ordine alla
contestazione elevata al Giordano.
3.1. Affermare che l’indagato si è limitato a dichiarare di aver acquistato
i capi di bestiame da tale Musarra Pizzo Sebastiano e trarre dalla
smentita di quest’ultimo – alla luce di un ipotetico (ma indimostrato)
coinvolgimento dello stesso nel traffico clandestino di bovini e dal
ritenuto suo consequenziale interesse a mentire – elementi idonei ad

escludere il reato di ricettazione in capo al Giordano costituisce un
inaccettabile salto logico non colmabile (ma, per converso, conducente
ad uno iato argomentativo ancora più grave) nemmeno con l’ulteriore
argomentazione spesa dal Tribunale in ordine al versamento da parte
del Giordano di una somma (euro 5.000,00) nel dicembre 2014 a favore
di tale Di Bella Benedetta, convivente del Musarra, versamento che il
Tribunale ha ritenuto, senza offrire alcuna adeguata giustificazione, di
non poter porre in collegamento con l’acquisto dei bovini in parola.
3.2. In ogni caso il Tribunale ha omesso di considerare:
a)

che il presupposto del delitto di ricettazione non deve

necessariamente essere accertato in ogni suo estremo fattuale,
potendosi desumere la provenienza delittuosa del bene posseduto dalla
natura e dalle caratteristiche del bene stesso;
b) che la cessione di bovini privi di marchio auricolare e non iscritti
nell’anagrafe animale non può costituire lecito scambio tra privati ex art.
1 d.lgs. n. 58/2004;
c) che il cedente indicato dal Giordano ha negato l’esistenza di un
contratto di vendita di bovini;
d)

che i trentuno bovini posseduti dall’indagato erano comunque

provento di reato.
3.3. Anche in relazione alla valutazione delle esigenze cautelari (che il
Tribunale risolve con una sbrigativa affermazione di insussistenza), il
provvedimento impugnato presenta carenze e contraddizioni gravi,
essendosi omesso di considerare:
a) che dei diciassette bovini “formalmente” posseduti dal Giordano e
risultanti dalla banca dati dell’anagrafe zootecnica nazionale, non ne
veniva rinvenuto alcuno né il Giordano è stato in grado di fornire alcuna
giustificazione al riguardo;
b) che taluni dei bovini sequestrati dalla polizia giudiziaria erano affetti
da brucellosi;

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c) che, con nota prot. n. 0126604 del 09.10.2014, la polizia giudiziaria
aveva informato della sospetta “scomparsa” di tutti i n. trentuno bovini
sequestrati al Giordano e che con nota del 03.05.2014, la polizia
giudiziaria aveva informato che i quattro bovini provento di furto
nell’ambito di altro procedimento (RG n. 2658/2013), si trovavano in
sequestro presso la stalla del Giordano;
d) che il Giordano risulta indagato per altri fatti di ricettazione commessi

patrimonio (in ulteriore e distinto procedimento, RG n. 3594/2010).
A questo andava aggiunto come del tutto ultronea – e comunque non
rientrante nei compiti e nei poteri del giudicante – doveva ritenersi la
valutazione compiuta dal Tribunale attraverso il “suggerimento”
all’inquirente di una più adeguata misura cautelare reale (quale l’indicato
sequestro di azienda) in luogo di quella personale richiesta.
4. Da qui l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al
Tribunale di Messina per nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà tener
conto dei principi e delle valutazioni oggetto dei superiori paragrafi 3.2.
e 3.3.

PQM

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina per
nuovo esame.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 6.5.2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dott. Andrea Pellegrino

ott. Franco Fiandanese

nel 2013 (RG n. 2658/2013, cit.) nonché imputato per reati contro il

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