Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20608 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20608 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Rughoo Tejo Emanuel, nato a Palermo il 04/05/1976
avverso l’ordinanza del 7/01/2015 del Tribunale di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito per l’indagato l’Avv. Rosanna Vella, che ha concluso chiedendo
raccoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza 29.10.2014 il G.I.P. del Tribunale di Palermo applicò la
custodia in carcere a Rughoo Tejo Emanuel indagato (in concorso con Ribaudo
Gaspare) per tentata estorsione aggravata anche ai sensi dell’art. 7 legge n.
203/1991.

2. L’indagato propose istanza di riesame ed il Tribunale di Palermo con
ordinanza del 25.11.2014 confermò il provvedimento impugnato.

3. Con ordinanza del 1.12.2014 il G.I.P. del Tribunale di Palermo revocò la
custodia in carcere nei confronti di Rughoo Tejo Emanuel, ritenendo venuta
meno la gravità indiziaria alla luce delle dichiarazioni rese al difensore da Aiello
Antonio ed alla polizia giudiziaria da D’Ancona Giampiero.

k

Data Udienza: 06/05/2015

4.

Avverso tale provvedimento il Procuratore della Repubblica presso il

Tribunale di Palermo propose appello ed il Tribunale di Palermo, con ordinanza
del 20.1.2015, ordinò il ripristino della custodia in carcere.

5. Ricorre per cassazione l’indagato, tramite il difensore, deducendo:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto il Tribunale non
avrebbe valutato che nessun elemento prova la finalità di imporre la

2.

violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta
sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge n.
203/1991 difettando il presupposto della mafiosità della metodo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono generici, manifestamente
infondati, e svolgono censure di merito.
Quanto alla genericità è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il
vizio di manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti
specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione
e non ne illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso
autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (Cass. Sez. 5, Sentenza n.
11910 del 22.1.2010 dep. 26.3.2010 rv 246552).
Quanto al* manifesta infondatezza ed al fatto che sono dedotte censure di
merito si deve rilevare che il Tribunale ha argomentato sull’attendibilità della
persona offesa, sull’essere stato D’Ancona intimorito ed inattendibile per le
contraddizioni, ma che comunque aveva in parte confermato le dichiarazioni
della persona offesa.
Il Tribunale ha altresì ritenuto la sussistenza della circostanza aggravante di
cui all’art. 7 legge n. 203/1991 in ragione della presenza di un gruppo criminale
già radicato nel territorio, anche in ragione di un pregresso episodio di
danneggiamento e del tentativo di imporsi nella gestione di una attività
economica.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune
e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una

2

gestione della sicurezza del locale;

formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del
30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del
21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti
dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità
degli enunciati che la compongono.

frazionata delle dichiarazioni di D’Ancona.

2. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

3. La Cancelleria provvederà a norma dell’articolo 28, Reg. esec. cod. proc.
pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’articolo 28, Reg. esec. cod. proc. pen.

Così deciso il 06/05/2015.

Neppure vi è contraddittorietà nella motivazione, ma solo valutazione

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