Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20602 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20602 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Corallo Francesco Davide, nato a Milano il 08/07/1969;
avverso l’ordinanza del 09/06/2014 del Tribunale di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza 9.6.2014 il Tribunale di Milano rigettò l’istanza di messa
alla prova, ai sensi dell’art. 464 bis cod. proc. pen., avanzata nell’interesse di
Corallo Francesco Davide, sull’assunto che era decorso il termine per la sua
presentazione.

2. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo:
1. inosservanza dell’art. 2 comma 4 cod. pen. in quanto è stata disattesa la
natura sostanziale dell’istituto della messa alla prova, con conseguente
applicazione retroattiva; l’istanza è stata presentata alla prima udienza utile
dopo l’entrata in vigore dell’art. 464 bis cod. proc. pen.; il Tribunale,
implicitamente, ha considerato l’istituto della messa alla prova di carattere
processuale e non sostanziale, trascurando che può determinare l’estinzione

Data Udienza: 06/05/2015

del reato; la retroattività discende dall’art. 3 della Costituzione e dlla
normativa sovranazionale;
2.

violazione dell’art. 175 cod. proc. pen. in quanto avrebbe dovuto essere
concessa la restituzione del termine, la cui inosservanza dipendeva da forza
maggiore, essendo intervenuta successivamente la modifica normativa che
aveva introdotto la messa alla prova;

3.

vizio di motivazione in ordine alla ritenuta natura processuale e non

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è ammissibile.
Una pronunzia di questa Corte ha ritenuto che l’ordinanza con la quale il
giudice del dibattimento rigetta l’istanza di sospensione del processo per la
messa alla prova dell’imputato è impugnabile, ai sensi dell’art. 586 cod. proc.
pen., solo unitamente alla sentenza (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5673 del
15/12/2014 dep. 06/02/2015 Rv. 262106).
Questa Corte ha anche ritenuto che, in tema di procedimento a carico di
minorenni, l’ordinanza avverso la quale, ai sensi dell’art. 28, comma terzo, del
d.P.R. 27 settembre 1988 n. 448, può essere proposto ricorso per cassazione è
soltanto quella con la quale il giudice abbia disposto la sospensione del processo
e la messa alla prova del minore, dettando le apposite prescrizioni, e non anche
quella con la quale la relativa richiesta sia stata respinta, operando, con riguardo
a quest’ultima, la regola generale di cui all’art. 586 cod. proc. pen.
(impugnabilità delle ordinanze dibattimentali, salvo quelle in materia “de
libertate”, solo unitamente alla sentenza). (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2429 del
24/04/1995 dep. 31/05/1995 Rv. 201298. In motivazione la Corte, a sostegno
del principio dianzi enunciato, oltre a richiamare ad argomenti di ordine testuale,
derivanti dalla concatenazione fra il comma secondo e il comma terzo dell’art. 28
del d.P.R. n. 448/88, ha osservato che non è incongrua, rispetto alla tesi
sostenuta, la previsione di un’impugnazione, anche da parte dell’imputato, della
sola ordinanza che dispone la sospensione del processo, potendo avere anche
l’imputato interesse e ragione di dolersi della durata stabilita per il periodo di
messa alla prova e della natura delle prescrizioni impartite; né, d’altra parte sempre secondo la Corte – l’autonoma impugnabilità dell’ordinanza reiettiva della
richiesta di sospensione avrebbe apprezzabili effetti pratici ai fini dell’obiettivo di
ridurre al minimo il contatto fra il minorenne e il processo penale, posto che
quest’ultimo, anche in pendenza dell’impugnazione, non potrebbe che
proseguire; conf. Sez. 1, Sentenza n. 626 del 09/03/1990 dep. 27/04/1990 Rv.
184152).

2

sostanziale dell’istituto.

Tuttavia il Collegio ritiene che tale tesi non sia condivisibile in quanto la
espressa previsione di ricorribilità in cassazione di cui all’art. 464 quater comma
7 cod. proc. pen. dell’ordinanza in tema di messa alla prova implica la immediata
ricorribilità senza possibilità di distinguere fra ordinanze di sospensione del
procedimento ed ordinanza di rigetto.

2.

Ritenuta l’ammissibilità del ricorso, occorre rilevare che il ricorso è

infondato.

legittimità costituzionale dell’art. 464 bis, comma secondo, cod. proc. pen., per
contrasto all’art. 3 Cost., nella parte in cui non consente l’applicazione
dell’istituto della sospensione con messa alla prova ai procedimenti pendenti al
momento dell’entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, quando sia già
decorso il termine finale da esso previsto per la presentazione della relativa
istanza, in quanto trattasi di scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore e
non palesemente irragionevole, come tale insindacabile (Cass. Sez. 6, Sentenza
n. 47587 del 22/10/2014 dep. 18/11/2014 Rv. 261255).
Con tale sentenza questa Corte ha rilevato che il ricordato carattere
alternativo del procedimento di messa alla prova rispetto all’accertamento
giudiziale penale non rende, a parere del collegio, irragionevole la fissazione del
termine finale dì presentazione della richiesta al momento della dichiarazione di
apertura del dibattimento nel caso di procedimenti con citazione diretta a
giudizio ai sensi degli art. 550 e segg. cod. proc. pen.
In tale assunto, condiviso dal Collegio,è assorbito anche il motivo relativo alla
natura sostanziale e non processuale dell’istituto della messa alla prova,
rilevando non la natura dello stesso, ma la fissazione di un termine per la
richiesta.
Neppure può dirsi che tale termine possa essere superato da una restituzione
ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen. non versandosi all’evidenza in ipotesi di
forza maggiore nella sopravvenienza di una normativa.

3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il
ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

3

1.

Questa Corte ha già chiarito che è manifestamente infondata la questione di

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 06/05/2015.

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