Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 206 del 30/09/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 206 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MILANO GAETANO N. IL 25/03/1979
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avverso l’ordinanza n. 528/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di
L’AQUILA, del 29/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
Data Udienza: 30/09/2013
Ritenuto in fatto e in diritto.
Con decreto in data 29.10.2012 il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di
L’Aquila dichiarava inammissibile le istanze formulate da MILANO Gaetano , di misure
alternative alla detenzione , sul presupposto che risultavano carenti della dichiarazione o
elezione di domicilio , ai sensi dell’art. 677 c. c cod.proc.pen..
inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 677 c. 2 bis cod.proc.pen., considerato che
nella richiesta difensiva si poteva leggere che l’avvocato del Milano aveva indicato il luogo
di residenza dove l’interessato eleggeva domicilio.
Il motivo di ricorso è manifestamente infondato , poiché l’atto a cui fa riferimento la
difesa non risulta sottoscritto dall’interessato. E’ principio affermato dal diritto vivente
che la richiesta di misura alternativa alla detenzione, ai sensi dell’art. 656, comma sesto,
cod. proc. pen., deve essere corredata, a pena di inammissibilità, anche se presentata dal
difensore, dalla dichiarazione o dalla elezione di domicilio effettuata dal condannato non
detenuto ( Sez. Un. 17.12.2009, n. 18775).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in
euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30 Settembre 2013.
Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione l’interessato, per dedurre