Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20586 del 24/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20586 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GONZALES ALBA INES N. IL 25/02/1962
MARZOCCHI DONATO N. IL 17/08/1951
avverso la sentenza n. 898/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
26/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per ; e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. 61( Qin m
c.°44-0
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Data Udienza: 24/03/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 26 febbraio 2013 la Corte d’Appello di Bologna in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Forlì che, in data 4 giugno 2009, aveva condannato Gonzalez Alba
Ines per il reato di furto aggravato di oggetti preziosi sottratti dall’abitazione di Mario Damassa
e in concorso con Marzocchi Donato per il reato di estorsione, consistita nella richiesta di
denaro allo stesso Damassa in cambio della restituzione della refurtiva, escludeva la ritenuta la
continuazione interna con riguardo al reato di estorsione e riduceva la pena inflitta,

Ricorrono per Cassazione gli imputati con distinti ricorsi, a mezzo dei loro difensori.
In particolare Gonzalez Alba Ines deduce che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. violazione di legge e vizio della motivazione in punto di mancata derubricazione del
reato di furto in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Contesta le
argomentazioni rese dalla corte territoriale con riguardo alla richiesta di derubricazione,
sostenendo che il Damassa e era suo debitore per il pagamento di spese dentistiche e
per una casa al mare
2. violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo alla mancata valutazione del
consenso della parte offesa. Sostiene che l’impugnata sentenza non ha tenuto conto
della particolare situazione nella quale sono maturati gli eventi e del rapporto
movimentato e contraddittorio esistente tra le parti;
3. violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla condanna per estorsione.
Contesta le valutazioni espresse dalla corte territoriale e ritiene più logico ritenere che
la donna che la donna, pentitasi per l’accaduto, abbia fatto il possibile per restituire i
preziosi senza esservi riuscita e che abbia chiesto il necessario per riscattarli.

Marzocchi Donato deduce che la sentenza impugnata è incorsa in vizio della motivazione per
travisamento della prova costituita dalle dichiarazioni rese dalla Gonzalez in sede di
interrogatorio di convalida. Sostiene il ricorrente che, anche a ritenere che la donna abbia
confessato il furto, tali dichiarazioni non implicano che la stessa abbia messo il ricorrente a
parte anche delle proprie intenzioni riguardo i gioielli e ancor meno che gli abbia indicato
l’esercizio commerciale dove li avrebbe lasciti in pegno. Lamenta che la corte d’appello non ha
tenuto conto dell’interpretazione difensiva più aderente agli elementi di prova .

Il ricorso della GONZALES deve essere dichiarato inammissibile, giacché i motivi in esso dedotti
sono manifestamente infondati e ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici. La
mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua
genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa
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confermando nel resto l’impugnata.

non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità, conducente a mente dell’art. 591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c),
all’inammissibilità.
Sono manifestamente insussistenti, del resto, i vizi di motivazione pur genericamente
denunciati, perché la Corte territoriale ha compiutamente esaminato le doglianze difensive ed
ha dato conto del proprio convincimento sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione,
esaurientemente argomentando circa la pronuncia di responsabilità e la corretta qualificazione
dei fatti.

pieno rispetto dei canoni legali di valutazione e risultano applicate con esattezza le regole della
logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la conferma delle conclusioni
di colpevolezza. A fronte di tutto quanto esposto dai giudici di merito la ricorrente contrappone,
quindi, unicamente generiche contestazioni in fatto, con le quali, in realtà, si propone solo una
non consentita – in questa sede di legittimità – diversa lettura degli elementi valutati dai giudici
di merito.
Il ricorso di MARZOCCHI è inammissibile perché, sotto il profilo del vizio di motivazione tenta di
sottoporre a questa Corte un giudizio di merito
Le doglianze formulate dal ricorrente attengono alla tenuta argomentativa della sentenza. Ai
sensi di quanto disposto dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla
motivazione non concerne però nè la ricostruzione dei fatti ne’ l’apprezzamento del giudice di
merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti
che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo
hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità
evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento. Deve aggiungersi che l’illogicità della motivazione, deve risultare percepibile
ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un
orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per
espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo,
senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali
(Cass., Sez. 4, 4 dicembre 2003, Cozzolino ed altri). Inoltre, va precisato, che il vizio della
“manifesta illogicità” della motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugnato,
nel senso che il relativo apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve
essere logica “rispetto a sè stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati.
Va altresì ricordato che, anche alla luce del nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e),
come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, non è tuttora consentito alla Corte di
cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al
giudice del merito. La previsione secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che
dal “testo” del provvedimento impugnato, anche da “altri atti del processo”, purché
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Nell’esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano interpretate nel

specificamente indicati nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti del
giudice di legittimità, il quale è tuttora giudice della motivazione, senza essersi trasformato in
un ennesimo giudice del fatto. In questa prospettiva il richiamo alla possibilità di apprezzarne i
vizi anche attraverso gli “atti del processo” rappresenta null’altro che il riconoscimento
normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della
prova” che è quel vizio in forza del quale la Corte, lungi dal procedere ad una (inammissibile)
rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove), prende in esame gli elementi di prova
risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato veicolato o meno, senza

In tal senso, per chiarire, si può apprezzare il travisamento della prova nei casi in cui il giudice
di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste (ad esempio, il
testimone indicato in sentenza non esiste) o su un risultato di prova incontestabilmente
diverso da quello reale (ad esempio, il testimone ha dichiarato qualcosa di diverso da quello
rappresentato in sentenza oppure nella ricognizione il soggetto ha “riconosciuto” persona
diversa da quella indicata in sentenza) (v., Sezione 4, 14 dicembre 2006, p.c. Bambini ed altri
in proc. Guarneri).
Mentre, giova ribadirlo, non spetta comunque alla Corte di cassazione “rivalutare” il modo con
cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito, giacché attraverso
la verifica del travisamento della prova il giudice di legittimità può e deve limitarsi a controllare
se gli elementi di prova posti a fondamento della decisione esistano o, per converso, se ne
esistano altri inopinatamente e ingiustamente trascurati o fraintesi. Per intenderci, non
potrebbe esserci spazio per una rinnovata considerazione della valenza attribuita ad una
determinata deposizione testimoniale, mentre potrebbero farsi valere la mancata
considerazione di altra deposizione testimoniale di segno opposto esistente in atti ma non
considerata dal giudice ovvero la valenza ingiustamente attribuita ad una deposizione
testimoniale inesistente o presentante un contenuto diametralmente opposto a quello recepito
dal giudicante.
Ponendosi nella richiamata prospettiva ermeneutica,le doglianze del ricorrente che lamenta
travisamento della prova con riferimento alle dichiarazioni rese dalla coimputata in sede di
interrogatorio si palesa manifestamente infondata, non apprezzandosi nella motivazione della
sentenza gravata alcuna illogicità che ne vulneri la tenuta complessiva.
Nel caso in esame, la Corte di merito argomenta la responsabilità dell’imputato facendo
puntuale riferimento alle dichiarazioni testimoniali della parte offesa, riscontrate anche dagli
operanti (pag. 7 sentenza impugnata) A fronte di tale motivata e coerente decisione il
ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e
l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione delle dichiarazioni dei testi
rispetto a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati
di una migliore capacità esplicativa. Un tale modo di procedere è però inammissibile perché
trasformerebbe la Corte nell’ennesimo giudice del fatto. Nel caso di specie va anche ricordato
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travisamenti, all’interno della decisione.

che ci si trova dinanzi ad una “doppia conforme” e cioè doppia pronuncia di eguale segno (nel
nostro caso, di assoluzione) per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in
sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che
l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come
oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado.
Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio
già sottoposto al tribunale e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante è giunto alla
medesima conclusione in punto di responsabilità

legittimità.
I ricorsi sono pertanto inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di € 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi/condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma il 24.3.2015
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente

Aderendo a tali principi deve perciò affermarsi che la sentenza impugnata supera il vaglio di

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