Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20586 del 05/02/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20586 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SANTORO COSIMO DAMIANO N. IL 22/07/1979
avverso la sentenza n. 164/2015 CORTE APPELLO di BARI, del
13/05/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 05/02/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza del Gip del Tribunale di
Bari, resa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale l’imputato era stato condannato,
per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, in relazione a
detenzione e spaccio di cocaina, ritenuta la recidiva ex art. 99, quarto comma, cod. pen.
2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,
lamentando vizi della motivazione, in relazione alla determinazione della pena, alla

recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, per genericità. Il ricorrente non deduce, infatti,
lacune o vizi logici della motivazione, limitandosi a lamentare, senza alcun richiamo al
provvedimento impugnato, che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle sue
doglianze circa il trattamento sanzionatorio.
La sentenza risulta, in ogni caso, adeguatamente e coerentemente motivata con
riferimento a tutti i profili oggetto di doglianza. Quanto alla recidiva e al diniego delle
circostanze attenuanti generiche, si evidenzia, infatti, che vi sono precedenti penali non
lontani nel tempo, che si riferiscono ad analoghi episodi di spaccio, tanto da far
presumere una crescente pericolosità del soggetto, il quale evidentemente si mantiene
grazie a una stabile attività illecita – svolta nel tempo senza soluzione di continuità che è indice di un perdurante inserimento negli ambienti criminali, seppure non ad alto
livello. Quanto alla pena, la stessa è stata determinata tenuto conto della natura dello
stupefacente, che rende necessario discostarsi dal minimo edittale.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2016.

mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e all’esclusione della

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