Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20585 del 24/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20585 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA

Data Udienza: 24/03/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ASSINNATA DOMENICO N. IL 29/04/1952
avverso la sentenza n. 967/2009 CORTE APPELLO di CATANIA, del
10/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Drn G-» ,-,
che ha concluso per ; e (),,,,e70

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.
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MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 10 aprile 2013 la Corte d’Appello di Catania confermava la sentenza del
locale tribunale che in data 6 ottobre 2009 aveva condannato ASSINNATA Domenico per
concorso in tentata estorsione aggravata anche ai sensi dell’articolo 7 legge numero 203/91 e
articolo 7 legge numero 575/1965.
Ricorre per cassazione l’imputato con distinti ricorsi a mezzo dei difensori.

1. travisamento della prova. Sostiene il ricorrente che la corte territoriale ha ritenuto che
l’Accolla abbia confermato che la minaccia estorsiva materialmente proveniente dal solo
Bonomo sia stata silenziosamente condivisa dall’ASSINNATA. Invero di tale circostanza
non vi è traccia nelle dichiarazioni dell’Accolla che in risposta alle numerose domande
proposto da tutte le parti processuali ha sempre ribadito e confermato che l’ASSINNATA
si trovava per caso nel bar Elite. Inoltre non vi è alcun riscontro probatorio sul fatto che
vi fosse un amico del Bonomo che aveva sollecitato un colloquio con l ‘Accolla presso il
bar Elite e che può verosimilmente ritenersi che il Bonomo stesso abbia
spontaneamente, al solo scopo di rafforzare la propria minaccia estorsiva, senza alcun
accordo con altri soggetti, fatto credere all’Accolla che vi era un amico che voleva
parlargli.
2. Travisamento della prova anche con riguardo alle dichiarazioni rese dal collaborante
Bonomo costituenti, a dire dei giudici d’appello, idoneo riscontro a quanto dichiarato
dalla Accolla. Lamenta che non viene indicato in sentenza il percorso logico e giuridico
effettuato dalla corte territoriale per giungere a tale affermazione, in particolare non
vengono indicati i criteri utilizzati in applicazione dell’articolo 192 comma 3 e 4 codice
procedura penale per vagliare dapprima la credibilità del Bonomo, aspetto che non è
stato preso in considerazione, e successivamente la attendibilità intrinseca ed
estrinseca delle dichiarazioni. Ritiene che le dichiarazioni del Bonomo non possono
considerarsi spontanee atteso che lo stesso era già sottoposto a numerosi procedimenti
penali. Rileva ancora che il Bonomo non può essere considerato credibile stante gravi
motivi di inimicizia con il ricorrente
3. violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell’articolo 81 codice penale
con la sentenza di condanna definitiva della corte d’appello di Catania del 7 aprile 2006.

Ricorso Avvocato Vittorio Lopresti. Deduce che la sentenza impugnata è incorsa in violazione di
legge e vizio della motivazione. Presenta motivi analoghi a quelli del codifensore contestando
la valutazione delle prove operate dai giudici di merito e sostiene l’identità del disegno
criminoso con i fatti di cui alla sentenza della corte d’appello di Catania irrevocabile il 13 luglio
2006. Con riguardo a detta doglianza vengono presentati anche motivi aggiunti.

1

Ricorso avvocato Vincenzo Gullotta. Lamenta che la sentenza impugnata è incorsa in:

I ricorsi sono inammissibili alla stregua delle argomentazioni di seguito indicate.
E’ costante l’insegnamento per cui l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della
decisione ha un orizzonte circoscritto, perché il sindacato demandato alla Corte di cassazione è
limitato a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della
decisione impugnata, senza possibilità di verificare anche l’intrinseca adeguatezza delle
argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento. Dai
poteri della Corte di cassazione esule, cioè, ogni possibilità di “rilettura” degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione impugnata, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata

adeguata, valutazione delle risultanze processuali non integra alcun vizio di legittimità perché
la Corte di cessazione non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a
quella compiuta nei precedenti gradi, ma può, e deve, solo saggiare la tenuta logica della
pronuncia portata alla sua cognizione. In altri termini, non è questa la sede dove si deve
stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, con
giustificazione condivisa, qui dovendosi limitare alla verifica se la giustificazione contenuta
nella sentenza impugnata sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile
opinabilità di apprezzamento .
Ciò detto deve rilevarsi che sono destituite di fondamento le censure che il ricorrente muove
alla motivazione della impugnata sentenza, giacché il percorso argomentativo che ha condotto
i giudici d’appello a confermare il giudizio di colpevolezza si rivela ampiamente articolato e del
tutto immune da incongruenze sul piano dello sviluppo logico deduttivo.
In buona sostanza ed in altre parole, nella specie, ci si trova di fronte a due sentenze, di primo
e secondo grado, che concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a
fondamento delle rispettive decisioni, con una struttura motivazionale della sentenza di appello
che si salda perfettamente con quella precedente si da costituire un unico complessivo corpo
argomentativo, privo di lacune, considerato che la sentenza impugnata, ha dato comunque
congrua e ragionevole giustificazione del finale giudizio di colpevolezza, rispondendo a tutte le
censure difensive in ordine alla partecipazione dell’imputato nei fatti estorsivi in argomento e
all’attendibilità intrinseca ed estrinseca del Bonomo.
Palese è quindi la natura di merito delle argomentazioni difensive di cui ai motivi sub 1) e 2)
Avv. Gullotta, ripresi anche dall’Avv. Lopresti, giacché volte le medesime, a fronte di un’ampia
ed esaustiva motivazione del giudice territoriale, a differentemente valutare gli elementi di
prova puntualmente da esso richiamati e valorizzati, onde poi accreditare uno svolgimento
della vicenda del tutto alternativo a quello logicamente accreditato con la sentenza impugnata
Con riguardo alla doglianza in ordine al diniego del riconoscimento del vincolo della
continuazione con analogo fatto reato commesso fino al 1997, oggetto della sentenza
irrevocabile della Corte d’Appello di Catania del 7.4.2006 di applicazione pena concordata in
continuazione con il delitto di associazione mafiosa pluriaggravata commesso dal 13.9.1982
fino al 13.10.1987 deve rilevarsi che questa Suprema Corte ha già avuto modo di pronunciarsi
2

al giudice di merito. Infatti la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più

nel senso che l’indagine che si impone alla riflessione del giudice chiamato a valutare
un’istanza di applicazione della disciplina della continuazione deve concentrarsi su tre
essenziali problemi: dapprima verificare la credibilità intrinseca, sotto il profilo logico,
dell’asserita esistenza di un unico, originario programma criminoso; indi, analizzare i singoli
comportamenti incriminati per individuare le particolari, specifiche finalità che appaiono
perseguite dall’agente; infine verificare se detti comportamenti criminosi, per le loro particolari
modalità, per le circostanze in cui si sono manifestati, per lo spirito che li ha informati, per le
finalità alle quali erano preordinati, possano considerarsi, valutata anche la natura dei beni

criminoso (Cass. 22-4-1992, Curcio, rv n. 190807).
L’accertamento indicato costituisce giudizio di merito, non sindacabile in sede di legittimità, se
immune da vizi di motivazione (Cass. 28-5-1990, Paoletti, rv n. 184908; Cass. Sez. 4, 13-62007, n. 25097, rv n. 237014). Vizi che, nel caso di specie, non appaiono riscontrabili avendo i
giudici di merito dato atto che , al di là dell’arco temporale che separa il fatto successivo da
quelli in argomento non è configurabile un qualificato vincolo unificante fra quest’ultimo e
quelli tra loro riuniti di cui alla citata sentenza irrevocabile, perché la condotta in esame risente
di scelte e convinzioni sorte in tempi successivi e logicamente distinte dalla costituzione del
vincolo associativo e dall’adesione dell’imputato alla compagine mafiosa.
I ricorsi sono pertanto inammissibili e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorso ‘- ondanna iericorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma il 24.3.2015
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente
ranco FIA DANESE

aggrediti, come l’esecuzione, diluita nel tempo, del prospettato, originario, unico disegno

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