Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20583 del 05/02/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20583 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
HILA ARBEN N. IL 21/06/1976
avverso la sentenza n. 458/2015 CORTE APPELLO di BARI, del
07/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONI° ;

Data Udienza: 05/02/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza del Gip del Tribunale di
Bari, resa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale l’imputato era stato condannato
per il reato di detenzione a fini di spaccio di eroina, concesse le circostanze attenuanti
generiche equivalenti alla circostanza aggravante dell’ingente quantità.
2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,
lamentando violazioni di legge e vizi della motivazione circa la riconosciuta sussistenza

a conoscenza del principio attivo contenuto nel pacco da lui trasportato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su una doglianza che, oltre a essere
formulata in modo non specifico, costituisce la mera riproposizione di rilievi già
esaminati e motivatamente disattesi dai giudici di secondo grado.
È sufficiente qui evidenziare che nella sentenza impugnata – con motivazione
adeguata e coerente e, dunque, insindacabile in sede di legittimità – si valorizza, ai fini
della sussistenza della circostanza aggravante dell’ingente quantità, la confessione resa
dall’imputato circa l’incarico che egli aveva ricevuto di trasportare lo stupefacente,
occultato sotto il pianale della sua auto e portando con sé la figlia di appena cinque
anni; stupefacente effettivamente rinvenuto dalla polizia della giudiziaria all’atto del suo
arresto. La linea difensiva tenuta dall’imputato secondo cui egli non sarebbe stato a
conoscenza del principio attivo contenuto nel pacco trasportato si pone in evidente
contrasto con quanto direttamente appreso dalla polizia giudiziaria e con la confessione
da lui resa, risultando perciò – come correttamente evidenziato dai giudici di merito del tutto inverosimile.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2016.

della circostanza aggravante dell’ingente quantità, sul rilievo che egli non sarebbe stato

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