Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20582 del 10/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20582 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FARINA GIUSEPPE N. IL 10/03/1975
avverso la sentenza n. 3205/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 01/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
v)
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
-‹?»–7-7 Cc-(Q2
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I
che ha concluso per
L-9-2-7′
it.4‘

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 10/03/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 1 luglio 2014 la Corte d’Appello di Palermo confermava la sentenza del
locale tribunale che in data 14 febbraio 2013 aveva condannato FARINA Giuseppe per il reato
di truffa in danno di Castagliola Giuseppa e Figlia Gaetano Costantino per avere, nella qualità
di procacciatore di clienti per conto del negozio di telefonia mobile TRE di Figlia Gaetano
Costantino trasmesso alla società di telefonia TRE un contratto di attivazione del servizio con
addebito diretto sul conto corrente, a nome di Costagliola Giuseppa contenente la

Ricorre per cassazione a mezzo difensore l’imputato deducendo che la sentenza impugnata è
incorsa in :
1. violazione di legge in merito alla mancata prova sulla sussistenza del fatto. Omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione con riferimento alle dichiarazioni del teste
Figlia. Lamenta che la corte ha del tutto omesso di valutare le gravi e inconciliabili
dichiarazioni rese dal Figlia in ordine alla attivazione delle utenze e ai controlli dei dati
bancari forniti dall’utente;
2. omessa insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione alle dichiarazioni
testimoniali rese dal teste Figlia anche rispetto ai verbali di causa e documenti acquisiti
nel fascicolo del dibattimento. Lamenta che nella fattura trasmessa dalla Costagliola in
relazione all’utenza oggetto del presente procedimento veniva indicato quale periodo di
riferimento un lasso temporale che dimostra l’estraneità dell’imputato ai fatti di causa.
3. omessa motivazione in ordine ai criteri adottati per la liquidazione del danno a favore
della costituita parte civile.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
I motivi sub 1 e 2 ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici.
A fronte di tutto quanto esposto dai giudici di merito il ricorrente contrappone generiche
contestazioni in fatto, con le quali, in realtà, si propone solo una non consentita – in questa
sede di legittimità – diversa lettura degli elementi valutati dai giudici di merito e senza
evidenziare alcuna manifesta illogicità o contraddizione della motivazione. Inoltre, le censure
del ricorrente non tengono conto delle argomentazioni della Corte di appello. In proposito
questa Corte Suprema ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono
inammissibili i motivi di ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione
tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di
impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza
cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c),
all’inammissibilità del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 – dep.
11.10.2004-rv 230634).
1

sottoscrizione contraffatta della predetta, e falso in scrittura privata.

La Corte territoriale ha compiutamente esaminato le doglianze difensive, valutando in maniera
specifica l’attendibilità del Figlia e dando conto del proprio convincimento sulla base di tutti gli
elementi a sua disposizione, esaurientemente argomentando circa la pronuncia di
responsabilità. E’ indubbio che il contratto in contestazione non fu sottoscritto dalla Costagliola
e che, come indicato dal Figlia, detto contratto fu confezionato e consegnato dal FARINA
(sentenza impugnata p. 4), ragione per cui il Figlia, ancor prima della querela della Costagliola
si decise a denunciare l’imputato. Così come con riguardo al dato temporale la sentenza
impugnata da atto che il Figlia ha dichiarato di aver collaborato con il FARINA già dal 2006 e

erogazione del servizio di utenza ( 30.7.2007 e 31.1.2008) e il rapporto intercorso fra il Figlia e
il ricorrente.
A fronte di tale affermazione il FARINA lamenta travisamento delle dichiarazioni del Figlia
sostenendo una diversa interpretazione delle stesse.
Ciò detto deve rilevarsi che la previsione secondo cui il vizio della motivazione può risultare,
oltre che dal “testo” del provvedimento impugnato, anche da “altri atti del processo”, purché
specificamente indicati nei motivi di gravame, non ha trasformato il ruolo e i compiti del
giudice di legittimità, il quale è tuttora giudice della motivazione, senza essersi trasformato in
un ennesimo giudice del fatto. In questa prospettiva il richiamo alla possibilità di apprezzarne i
vizi anche attraverso gli “atti del processo” rappresenta null’altro che il riconoscimento
normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della
prova” che è quel vizio in forza del quale la Corte, lungi dal procedere ad una (inammissibile)
rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove), prende in esame gli elementi di prova
risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato veicolato o meno, senza
travisamenti, all’interno della decisione.
In tal senso, per chiarire, si può apprezzare il travisamento della prova nei casi in cui il giudice
di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste (ad esempio, il
testimone indicato in sentenza non esiste) o su un risultato di prova incontestabilmente
diverso da quello reale (ad esempio, il testimone ha dichiarato qualcosa di diverso da quello
rappresentato in sentenza). Mentre, giova ribadirlo, non spetta comunque alla Corte di
cassazione “rivalutare” il modo con cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal
giudice di merito, giacché attraverso la verifica del travisamento della prova il giudice di
legittimità può e deve limitarsi a controllare se gli elementi di prova posti a fondamento della
decisione esistano o, per converso, se ne esistano altri inopinatamente e ingiustamente
trascurati o fraintesi. Per intenderci, non potrebbe esserci spazio per una rinnovata
considerazione della valenza attribuita ad una determinata deposizione testimoniale, mentre
potrebbero farsi valere la mancata considerazione di altra deposizione testimoniale di segno
opposto esistente in atti ma non considerata dal giudice ovvero la valenza ingiustamente
attribuita ad una deposizione testimoniale inesistente o presentante un contenuto
diametralmente opposto a quello recepito dal giudicante. Non deve inoltre dimenticarsi che una
2

comunque per tutto il 2007 con la conseguenza che nessuna anomalia ricorre tra il periodo di

”fonte dichiarativa” è per sua stessa definizione scandita da significanze non univoche, sì da
doversi escludere che essa possa in linea di principio integrare gli “altri atti del processo” cui
potrebbe o dovrebbe estendersi in sede di legittimità lo scrutinio sulla completezza e logicità
della decisione impugnata. Infatti, la testimonianza, salvi i casi limite in cui l’oggetto della
deposizione sia del tutto definito o attenga alla proposizione di un dato storico semplice e non
opinabile (ad esempio: il teste dice bianco, il giudice valuta la deposizione come se avesse
detto nero o non avesse detto nulla), è sempre il frutto di una percezione soggettiva del
dichiarante anche se attiene a fatti di sua diretta scienza, con la conseguenza che il giudice di

“depurare”, in diversa misura, il dichiarato dalle cause di interferenza provenienti dal
dichiarante: ossia dalla sua capacità cognitiva, dalla sua sensibilità percettiva ed emotiva, dal
suo stato di coinvolgimento o meno negli accadimenti che riesuma e descrive. Per l’effetto,
affinché il giudice di legittimità possa esprimere un eventuale giudizio sulla completezza,
logicità e non contraddittorietà della motivazione in rapporto all’apprezzamento (di fatto) di
una fonte testimoniale operato o non operato dal giudicante, diverrebbe necessario che avesse
contezza dell’intero compendio probatorio (tutti gli atti processuali) raccolti fino al momento
della decisione, sulla base dei quali svolgere l’analisi comparativa inerente la decisività o non
della fonte testimoniale e della incidenza causale dalla stessa svolta (cioè della sua lacunosa o
preterita considerazione) nel percorso decisionale del giudice di merito: ciò che è impraticabile
in rapporto alla natura del giudizio di legittimità. Ciò detto deve rilevarsi che anche secondo le
allegazioni della difesa FARINA risulta che il teste Figlia ha dato atto che il FARINA sin dal 2006
e per tutto il 2007 aveva frequentato con regolarità il negozio ritirando materiale e schede… ciò
che la stessa contesta è la valutazione data dai giudici di merito a tali dichiarazioni chiedendo
una rilettura di detti elementi. Un tale modo di procedere è però inammissibile perché
trasformerebbe la Corte nell’ennesimo giudice del fatto
Il terzo motivo è inammissibile perché non dedotto nei motivi d’appello.
Il ricorso è pertanto inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorsotcondanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma il 10.3.2015
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente
ranco FIA DANESE

merito, nel valutare i contenuti della deposizione testimoniale, è sempre chiamato a

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