Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20579 del 10/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20579 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ULLO DOMENICO N. IL 04/08/1966
CALABRESE MARIA DANIELA N. IL 21/04/1972
avverso la sentenza n. 1075/2011 CORTE APPELLO di MESSINA, del
22/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 5.1. ,),
che ha concluso per .2 I v),

42-

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.
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I

L:9,

Data Udienza: 10/03/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 26 novembre 2013 la Corte d’appello di Messina in parziale riforma della
sentenza emessa in data 29 marzo 2010 dal locale Tribunale dichiarava con riguardo al
procedimento numero 5433/2005 R.G.N.R. non doversi procedere nei confronti di ULLO
Domenico e CALABRESE Maria Daniela in relazione ai reati di cui ai capi 2a), 2b) (vicenda
Stofiglio), 2d) (vicenda Caruso), 2e), 2f) (vicenda D’Angelo) e 2g) (vicenda Bruno) per essere
estinti per intervenuta prescrizione; assolveva ULLO dal reato di cui al capo 2c) (vicenda

procedimento numero 1319/2007 perché il fatto non sussiste; dichiarava ULLO Domenico e
CALABRESE Maria Daniela responsabili del reato di cui al capo a) del procedimento numero
1267/2006 (vicenda Triolo) e la CALABRESE anche del capo b) (vicenda Capillo) del
procedimento numero 1319/2007 e per l’effetto rideterminava la pena.
Ricorrono per Cassazione ULLO Domenico e CALABRESE Maria Daniela, a mezzo del difensore,
deducendo che la sentenza è viziata da illogicità, contraddittorietà ed insufficienza
motivazionale non avendo fornito risposta ai motivi di appello.
In particolare con riguardo:
>

alla vicenda STOFIGLIO Giuseppe ( capi 2a) 2b) ULLO Domenico lamenta che la corte
d’appello non ha fornito adeguata risposta con riguardo alle censure mosse in ordine
alla condizione di procedibilità

>

alla vicenda CARUSO (capo 2d) ULLO Domenico ritiene che giudici d’appello non hanno
fornito adeguata risposta in ordine alla sussistenza del reato di truffa

>

alla vicenda D’ANGELO (capi 2e) e 2f) ULLO Domenico lamenta mancata risposta in
ordine alle doglianze formulate in merito alla sussistenza della condizione di
procedibilità e della condotta tenuta dal prevenuto;

>

alla vicenda BRUNO (capo 2g) ULLO Domenico ritiene che i giudici d’appello non hanno
fornito adeguata risposta in ordine alla sussistenza del reato e comunque in ordine al
contributo del ricorrente nella realizzazione del fatto

>

alla vicenda TRIOLO (artt. 110, 646 c.p.) i ricorrenti lamentano che non è stata fornita
risposta alle doglianze avanzate nei motivi d’appello in ordine alla sussistenza delle
condizioni di procedibilità e alla sussistenza del reato

> alla vicenda SCOGLIO Riccardo (art. 646 c.p.) ULLO Domenico lamenta la mancata
assoluzione nel merito
>

alla vicenda CAPILLO Massimiliano ( capo b) CALABRESE Daniela Maria si duole della
mancata risposta in ordine alle doglianze avanzate con riguardo la sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato.

Ritengono la motivazione apparente anche con riguardo alla concessione delle provvisionali e
alla condanna al risarcimento del danno in favore di Caruso Giuseppe e Capillo Massimiliano
indicata in C 500,00.
1

Impalà) perché il fatto non sussiste e la CALABRESE dal reato di cui al capo a) del

Con riguardo ai fatti che hanno dato origine ad una pronuncia di non doversi procedere per
intervenuta prescrizione deve rilevarsi che i giudici d’appello hanno fornito risposta alle
doglianze in ordine all’esistenza della condizione di procedibilità (vicenda STOFIGLIO Giuseppe
( capi 2a) 2b) e vicenda D’ANGELO (capi 2e) e 2f), alla sussistenza del fatto contestato
(vicenda CARUSO (capo 2d) e vicenda BRUNO (capo 2g) ai fini della conferma delle statuizioni
civili essendo stati i reati dichiarati prescritti.
Con riguardo alla questione di procedibilità i giudici d’appello si sono attenuti ai principi
affermati dai giudici di legittimità. Questa Corte di Cassazione ha infatti reiteratamente

titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri, del fatto-reato nella sua dimensione
oggettiva e soggettiva, conoscenza che può essere acquisita in modo completo soltanto se e
quando il soggetto passivo abbia contezza de_gli elementi del fatto e possa, quindi,
liberamente determinarsi (Sez. 5, sentenza n. 33466 del 09/07/2008 Ud. (dep. 14/08/2008 )
Rv. 241395; conformi: N. 14660 del 1999 Rv. 215188, N. 12634 del 2001 Rv. 218565, N.
31964 del 2001 Rv. 219324).
Deve rilevarsi con riguardo alle vicende D’ANGELO e SCOGLIO, rispetto alle quali non vi è stata
condanna al risarcimento dei danni che l’orientamento assolutamente prevalente di questa
Corte, che questo collegio condivide, è nel senso che in Cassazione non è consentito il controllo
della motivazione della sentenza impugnata allorché sussista una causa estintiva del reato.
Infatti, ritenere rilevabili in sede di legittimità i vizi di motivazione della sentenza, in presenza
di una causa di estinzione del reato, avrebbe come conseguenza, da un lato, che il rinvio
determinerebbe comunque per il giudice l’obbligo di procedere immediatamente alla
declaratoria della causa estintiva.( Cass. N. 7718 del 1996 Rv. 205548, N. 10998 del 2001 Rv.
218653, N. 15125 del 2003 Rv. 225635, N. 48524 del 2003 Rv. 228503, N. 4177 del 2004 Rv.
227098, N. 24327 del 2004 Rv. 228973, N. 4233 del 2009Rv. 242959, N. 14450 del 2009 Rv.
244001; SSUU n. 35490 del 2009)
Con riguardo alle vicende per cui vi è stata condanna (vicenda TRIOLO (artt. 110, 646 c.p.) e
vicenda CAPILLO Massimiliano ( capo b) – artt. 81, 640 e 61 n. 11 c.p.) i motivi di ricorso sono
infondati.
Con riguardo alla condizione di procedibilità relativa alla vicenda TRIOLO non può non rilevarsi
che trattasi di ipotesi perseguibile d’ufficio considerata la sussistenza in fatto dell’aggravante di
cui all’art. 61 n.11 c.p. considerato che proprio il rapporto di prestazione d’opera ha dato
occasione agli imputati di commettere il reato in danno di altri soggetti, agevolandone la
esecuzione ( N. 5597 del 1974 Rv. 127826, N. 10460 del 1999 Rv. 214465 n. 44343 2013
Rv. 257503) Ai fini della contestazione di una circostanza aggravante non è indispensabile una
formula specifica espressa con sua enunciazione letterale, ne’ l’indicazione della disposizione di
legge che la prevede, essendo sufficiente che, conformemente al principio di correlazione tra
accusa e decisione, l’imputato sia posto nelle condizioni di espletare pienamente la propria
difesa sugli elementi di fatto integranti l’aggravante” (Sez. 2, Sentenza n. 47863 del 2003). E,
2

affermato che il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il

nella concreta fattispecie, l’elemento di fatto integrante l’aggravante risulta dalla dinamica del
rapporto, così come in fatto contestato.
I giudici d’appello hanno comunque dato atto che il reato è stato accertato nel febbraio 2006
quando il Triolo è venuto a conoscenza della vendita della moto per la somma di C 3.400,00
che reclamava invano. Indubbia è la sussistenza del reato di appropriazione indebita che però,
tenuto conto anche delle sospensioni, pari a mesi 6 e gg. 21, si è prescritto il 29.2.2014.
Infondato è anche il motivo relativo alla vicenda CAPILLO avendo la Corte Territoriale dato atto
della sussistenza del reato da un punto di vista oggettivo e soggettivo. Il reato è stato

conseguente prescrizione dello stesso, tenuto conto anche delle Sospensioni, come sopra
indicate.
Inammissibile è il motivo di ricorso concernente la provvisionale, poiché il provvedimento con il
quale il giudice di merito nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno assegna
alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per
cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad
essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (Sez. U, n. 2246 del
19/12/1990 – 19/02/1991, Capelli, Rv. 186722).
Infondata è la doglianza in ordine alla condanna al risarcimento del danno in favore di Caruso
Giuseppe e Capillo Massimiliano indicato in via equitativa in C 500,00.
In relazione a detta liquidazione deve rilevarsi che la valutazione equitativa dei danni è rimessa
al prudente apprezzamento del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità,
qualora abbia soddisfatto, come nel caso in esame, l’esigenza di ragionevole correlazione tra
gravità effettiva del danno e ammontare dell’indennizzo.
Alla luce delle considerazioni espresse la sentenza impugnata deve essere annullata senza
rinvio con riferimento al reato di cui agli articoli 110, 646 cod. pen. – procedimento numero
1267/2006 (vicenda TRIOLO) e al reato di cui agli articoli 81, 640 e 61 numero 11 cod. pen.
procedimento numero 1319/2007 capo b) (vicenda Capillo )perché estinti per intervenuta
prescrizione, con conferma delle statuizioni civili; rigetto nel resto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento con riferimento al reato di cui agli
articoli 110, 646 cod. pen. – procedimento numero 1267/2006 (vicenda TRIOLO) e al reato di
cui agli articoli 81, 640 e 61 numero 11 cod. pen. procedimento numero 1319/2007 capo b)
(vicenda CAPILLO )perché estinti per intervenuta prescrizione. Conferma le statuizione civili e
rigetta nel resto il ricorso.
Così deliberato in Roma il 10.3.2015

commesso il 27.11.2006, data in cui la CALABRESE ha posto all’incasso l’assegno con

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