Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20578 del 10/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20578 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FUSCO MAURIZIO N. IL 02/02/1981
avverso la sentenza n. 10330/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
21/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SQ-y)
che ha concluso per le

Udito, per la parte civile, l’Avv

Data Udienza: 10/03/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 21 marzo 2014 la Corte d’appello di Napoli fra l’altro riduceva la pena
inflitta a FUSCO Maurizio, condannato con sentenza in data 4 dicembre 2012 dal Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere per associazione di stampo camorristico e estorsione aggravata in
danno di Russo Angelo capo N) e in danno di Iovino Francesco capo O).
Ricorre per Cassazione, a mezzo del suo difensore, l’imputato deducendo che la sentenza
impugnata è incorsa in vizio di motivazione in relazione all’articolo 629 codice penale e in

giudici di merito e in particolare ritiene che non è certa l’identificazione dell’imputato nel Maurì
della conversazione ambientale intervenuta in data 10 aprile 2009 fra Conte e Papa. Rileva
altresì che le due estorsioni sono precedenti la sua entrata nel sodalizio criminoso. Evidenzia
inoltre che non vi è una specifica dichiarazioni del collaboratore Raimondo con riguardo
all’estorsione Russo. Sostiene che analoghe doglianze valgono anche per l’estorsione Iovino.
Lamenta anche violazione di legge e difetto di motivazione in ordine al diniego delle
circostanze attenuanti generiche e la non corretta applicazione dell’art. 63 co 4 c.p. in
presenza di due aggravanti ad effetto speciale. Contesta anche il trattamento sanzionatorio e
l’entità dell’aumento per la ritenuta continuazione.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, giacché i motivi in esso dedotti sono
manifestamente infondati e ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici. La mancanza di
specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità,
conducente a mente dell’art. 591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c), all’inammissibilità.
Sono manifestamente insussistenti, del resto, i vizi di motivazione pur genericamente
denunciati, perché la Corte territoriale ha compiutamente esaminato le doglianze difensive ed
ha dato conto del proprio convincimento sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione,
esaurientemente argomentando circa la pronuncia di responsabilità.
Nell’esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano interpretate nel
pieno rispetto dei canoni legali di valutazione e risultano applicate con esattezza le regole della
logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la conferma delle conclusioni
di colpevolezza.
In particolare la sentenza impugnata ha dato conto che gli episodi estorsivi in contestazione
sono attribuiti al ricorrente sulla base delle precise dichiarazioni del collaboratore di giustizia
Raimondo Paolo, già condannato con sentenza irrevocabile per l’estorsione in danno di Iovino,
riscontrate per quanto riguarda l’ estorsione in danno dello Iovino dalla deposizione di altro
1

relazione all’articolo 7 legge numero 203/92. Contesta l’interpretazione delle prove data dai

collaboratore Cherchiello Enrico che ha riferito che il Raimondo riscuoteva le somme a titolo di
estorsione per conto del Fusco , e per entrambe dalla conversazione ambientale intervenuta in
data 10 aprile 2009 tra Conte Giuseppe e Papa Giovanni Battista e dalla certa circostanza che
l’utenza telefonica utilizzata dal ricorrente è risultata in contatto con le utenze in uso al
Raimondo e al Papa. A fronte di tutto quanto esposto dai giudici di merito il ricorrente
contrappone generiche contestazioni senza evidenziare alcuna manifesta illogicità o
contraddizione della motivazione.
Lamenta il ricorrente la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Nel

prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili
dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Cass. sez.VI 16
giugno 2010 n.34364, Giovane, Sez. 6, Sentenza n. 34364 del 16/06/2010 Ud. (dep.
23/09/2010 ) Rv. 248244 ).Nella fattispecie la Corte territoriale ha motivato il diniego delle
attenuanti generiche con riferimento alla gravità delle azioni estorsive e al ruolo svolto nel
sodalizio criminoso.
La doglianza in punto pena è inammissibile perché manifestamente infondata.
In caso di concorso di più circostanze aggravanti ad effetto speciale, l’art. 63 c.p., comma 4,
prevede che il giudice applichi soltanto la pena stabilita per la circostanza più grave; la legge
affida, peraltro, al giudice il potere di valutare, a propria discrezione, se aumentare la pena
derivante dall’applicazione della circostanza aggravante a effetto speciale in cui si assorbono le
altre circostanze aggravanti.
In base a quanto precedentemente osservato, nel caso in esame, la circostanza ad effetto
speciale più grave deve essere individuata in quella prevista dall’art. 628 c.p., comma 3, n. 1,
che, rispetto all’aggravante di cui all’art. 7 L. n. 203/ comporta una pena più alta nel massimo
(venti anni di reclusione a fronte di quindici di reclusione) sulla quale il giudice può procedere
ad un ulteriore aumento non superiore ad 1/3 della pena.
Nel caso di specie la pena è stata correttamente determinata avendo i giudici di merito fissato
la pena base con riferimento alla rapina aggravata ai sensi dell’art. 628 co 3 n. 1 c.p. e su tale
pena proceduto ad un aumento per l’ulteriore aggravante di cui all’art. 7 L. n. 203/1991 in
misura inferiore ad 1/3.
Il ricorrente lamenta altresì difetto di motivazione in relazione all’aumento di pena fissato per
la continuazione. A tale proposito devesi rilevare che nel caso in cui il giudice abbia motivato
in ordine alla determinazione della pena, facendo riferimento, come nel caso di specie, ai criteri
di cui all’art. 133 c.p., che hanno impedito l’applicazione delle attenuanti generiche, egli non
ha l’obbligo di autonoma e specifica motivazione in ordine alla quantificazione dell’aumento per
continuazione, posto che i parametri al riguardo sono identici a quelli valevoli per la pena base
(cfr. Cass. N. 3034 del 1997 Rv. 209369, N. 11945 del 1999 Rv. 214857, N. 27382 del 2011
Rv. 250465).
2

motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice

Il ricorso è pertanto inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso ‘condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma il 10.3.2015

Giovanna VERGA

Il Presidente
ranco F7DANESE

Il Consigliere estensore

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