Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20577 del 03/07/2015


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 20577 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALIBRICO NICOLA N. IL 26/01/1955
avverso l’ordinanza n. 4778/2014 GIUD. SORVEGLIANZA di
COSENZA, del 12/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;

Me,
«boom/

Data Udienza: 03/07/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto emesso in data 12 novembre 2014 il Magistrato di Sorveglianza di Cosenza ha
dichiarato inammissibile l’istanza proposta ai sensi dell’art. 35 ter della legge n.354 del 1975
(come modificata dal d.l. n. 92 del 26 giugno 2014 conv. in legge n.117 del 11 agosto 2014)
da Alibrico Nicola.
Dal provvedimento risulta che Alibrico Nicola lamentava nella suddetta istanza la violazione

fondamentali in riferimento alle condizioni di detenzione vissute presso la Casa circondariale di
Paola.
La richiesta di risarcimento del danno con riduzione della pena da espiare veniva prospettata in
rapporto alla restrizione in una cella avente superficie di 5 mq. condivisa con altro soggetto
ristretto.
1.1 Il Magistrato di Sorveglianza ha dichiarato inammissibile de plano l’istanza ai sensi dell’art.
666 comma 2 cod. proc. pen. , ritenendola manifestamente infondata per difetto delle
condizioni di legge.
In motivazione si afferma che :
– il rimedio introdotto dal legislatore all’art. 35 ter ord.pen. è testualmente collegato alle
situazioni di cui all’art. 69, comma 6, lettera

b), della medesima legge, ovvero alla

inosservanza da parte della amministrazione penitenziaria di disposizioni normative da cui
derivi al detenuto un ‘attuale e grave pregiudizio’ all’esercizio dei diritti ;
– da ciò deriva che non può dirsi attuale il pregiudizio lì dove le violazioni, pur riferite a
detenzione relativa alla esecuzione in corso al momento della domanda, non siano attuali
poiché medio tempore venute meno.
In particolare, si ritiene che l’intervento giurisdizionale del Magistrato di Sorveglianza si
giustifichi sul piano sistematico solo in rapporto ad un pregiudizio ‘attuale’ che deve sussistere
sia al momento della presentazione della domanda che al momento della decisione (pregiudizio
in atto). Lì dove ciò non sia, non vi sarebbe ragione di derogare alla generale competenza del
giudice civile in tema di domanda risarcitoria.
Si afferma peraltro che la natura della domanda comporta la necessità di fornire, da parte
dell’istante, la prova del fatto posto a fondamento della stessa.
In altre parole la lesione dell’articolo 3 della Conv. Europea deve essere in atto e la domanda
deve essere corredata da specifiche circostanze di fatto tali da asseberare l’esistenza della
violazione.
Quanto al contenuto dell’istanza in esame il Magistrato di Sorveglianza afferma che la
domanda si riferisce a situazione non più attuale e risulta – altresì – infondata in fatto, in
rapporto agli esiti di un monitoraggio eseguito presso la casa circondariale di Paola in data
successiva (ottobre 2014) alla presentazione dell’istanza (luglio 2014).

2

dell’art. 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà

Da tale monitoraggio emerge che – nel mese di ottobre 2014 – ogni ristretto beneficia di
almeno mq. 4,5 calpestabili, il che esclude, alla attualità, il sovraffollamento.

2. Avverso tale decreto ha proposto reclamo al Tribunale di Sorveglianza, qualificato in ricorso
per cassazione, Alibrico Nicola.
Nel ricorso si evidenzia che l’istanza era relativa anche alla restrizione avvenuta nella casa di
reclusione di Siano fino al 19 febbraio del 2014 in condizioni tali da integrare la violazione

nella decisione di inammissibilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il decreto emesso dal Magistrato di Sorveglianza di Cosenza va annullato senza rinvio per le
ragioni che seguono, preliminari alla verifica della fondatezza in fatto della doglianza del
ricorrente.
1.1 La pronunzia è stata adottata senza contraddittorio in violazione del modello legale
richiamato espressamente dall’art. 69, comma 6, ord. pen. , posto che tale norma realizza un
rinvio generalizzato, per il reclamo giurisdizionale per pretesa violazione di diritti, alla disciplina
procedimentale di cui all’art. 35 bis della medesima legge.
In forza di tale rinvio, il modello procedimentale – anche per le istanze con cui il detenuto
prospetta il particolare pregiudizio di cui all’art. 35 ter – è quello partecipato,

«salvi i casi di

manifesta inammissibilità della richiesta a norma dell’art. 666, comma 2, del codice di
procedura penale».
Dunque la possibilità di emettere, da parte del Magistrato di Sorveglianza, decreto di
inammissibilità de plano della istanza va ritenuta sussistente nei soli casi di «manifesta
infondatezza per difetto delle condizioni di legge» (o per mera riproposizione di istanza già
respinta, basata sui medesimi elementi) .
L’espressione utilizzata dal legislatore all’art. 666, comma 2, al primo caso, impone di limitare
la pronunzia de plano – peraltro ricorribile esclusivamente per cassazione (li dove in caso di
trattazione partecipata è ammesso il reclamo nel merito al Tribunale di Sorveglianza) – alle
sole ipotesi in cui la presa d’atto della assenza delle condizioni di legge non richieda né
accertamenti di tipo conoscitivo (l’attivazione di un qualsivoglia potere istruttorio deriva dallo
svolgimento dì procedura partecipata ai sensi dell’art. 666, comma 5, codice di rito) né
valutazioni discrezionali, in fatto o in diritto.
Si è affermato, con orientamento costante nella presente sede di legittimità, che tale
dichiarazione di inammissibilità risulta possibile solo quando facciano difetto – nella istanza requisiti posti direttamente dalla legge, che non implichino alcuna valutazione discrezionale (
Sez. I, n. 277 del 13.1.2000, Rv. 215368).

3

dell’art. 3 della Convenzione Europea. Tale aspetto non sarebbe stato oggetto di valutazione

Tale orientamento, che il Collegio non può che condividere, è posto a tutela del fondamentale
principio del contraddittorio, posto che l’anticipazione di una decisione in realtà «di merito» alla
fase del vaglio preliminare di ammissibilità sull’istanza, con pronunzia non corretta di
inammissibilità, finisce con espropriare l’istante di tale garanzia di rilievo costituzionale, anche
in quei procedimenti – come quelli di esecuzione o sorveglianza – ove il contraddittorio si pone
non già come metodo di ricostruzione del fatto quanto di attuazione dei diritti di partecipazione

2. Nel caso in esame è del tutto evidente che il Magistrato di Sorveglianza, senza instaurare il
contraddittorio, ha compiuto valutazioni in fatto, servendosi peraltro di un materiale
dimostrativo (esiti di un monitoraggio realizzato ad ottobre del 2014) che avrebbe potuto
essere ritualmente acquisito solo nell’ambito di procedura partecipata ai sensi dell’art. 666,
comma 5, cod. proc. pen. .
L’acquisizione di materiali cognitivi non realizzata in contraddittorio, al fine di ritenere
infondata l’istanza, oltre a porsi in aperto contrasto con la previsione di legge richiamata (art.
666, comma, 2 cod. proc. pen.) posto che contraddice, sui piano logico, il significato attribuito
in via ordinaria al termine «manifesta», finisce con il sopprimere il diritto alla interlocuzione
della parte sui materiali acquisiti prima della decisione sfavorevole, principio generale del
sistema processuale.
2.1. Va pertanto disposto l’annullamento del decreto senza rinvio, con trasmissione degli atti
al Magistrato di Sorveglianza di Cosenza.

P.

Q.

M.

Annulla, senza rinvio, il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Magistrato di
sorveglianza di Cosenza per il corso ulteriore
Così deciso, il 3 luglio 2015.

e di prospettazione dialettica della opzione interpretativa dei fatti o delle norme regolatrici.

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