Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20574 del 08/03/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 20574 Anno 2016
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
CAPONE Mauro, nato il 02/06/1970
avverso l’ordinanza n.6577/15 Reg.Imp.Mis.Caut.Pers. del 09/12/2015, del
Tribunale di Napoli.

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Leonardo Tanga;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le richieste del difensore, avv. Carmine Monaco, del Foro di Benevento, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 08/03/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza n.6577/15 Reg.Imp.Mis.Caut.Pers. del 09/12/2015,
il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, confermava l’ordinanza
del G.I.P. di Napoli in data 10/11/2015, con la quale veniva applicata a Capone

reato di cui all’art. 73 del D.P.R. 309/90 (capi 45, 47 e 49) poste in essere nel
Comune di Mirabella Eclano (Av) e risalenti rispettivamente al 23/08/2013, al
11/09/2013 ed al 26/09/2013.

2. Avverso l’ordinanza suddetta del 09/12/2015 propone ricorso per
cassazione Capone Mauro, a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi
giusta il disposto di cui all’art.173, comma 1, disp. att. c.p.p.):
I) violazione di legge e vizi motivazionali. Deduce che la motivazione
dell’ordinanza custodiale in relazione alla concretezza ed attualità delle esigenze
cautelari è sostanzialmente illogica e meramente apparente. I vizi denunciati
appaiono sussistenti sia in relazione al contenuto della motivazione, così come
espressa, sia in relazione al contenuto della motivazione basata su erronei
presupposti di fatto e di diritto.
II) violazione di legge e vizi motivazionali. Deduce che la motivazione
dell’ordinanza custodiale in relazione alla insussistenza della fattispecie di cui
all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990, è sostanzialmente inesistente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
11. Giova, subito, considerare, in relazione alle censure mosse dal
ricorrente in ordine al compiuto apprezzamento della gravità indiziaria, va
premesso, per quanto riguarda i limiti di sindacabilità in questa sede dei
provvedimenti

“de libertate”,

che, secondo giurisprudenza consolidata, il

controllo di legittimità è circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato
per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e,
dall’altro, la assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni
rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 4, n. 2146 del 25/5/95, Rv.

2

Mauro la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione a tre ipotesi di

201840; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, Rv. 251760). La insussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza, ex art. 273 c.p.p., e delle esigenze cautelari di cui all’art.
274 c.p.p. è, pertanto, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella
violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della
motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di
legittimità, in particolare, non riguarda né la ricostruzione dei fatti, né
l’apprezzamento del giudice di merito circa la attendibilità delle fonti e la
rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le

prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice
di merito (ex multis Sez. 4, n. 21907 del 26 aprile 2012), sicché, ove venga
denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di
colpevolezza, è demandata al giudice di merito la valutazione del peso probatorio
degli stessi, mentre alla Corte di Cassazione spetta solo il compito di verificare se
il detto decidente abbia dato -come nel caso di specie- adeguatamente conto
delle ragioni che lo hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a
carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la
valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di
diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4 n.
22500 del 03/05/2007, Rv. 237012; si veda anche Cass. Sez. U. sentenza n. 11
del 21/04/1995, Rv. 202001).
3.2. Va, ancora, rammentato che la privazione cautelare della libertà
può darsi quando sussiste un ragionevole sospetto della commissione di un
reato, basato su fatti ed informazioni obiettive, ma nella fase delle indagini il

quantum probatorio non deve essere necessariamente quello richiesto per una
pronuncia di condanna (cfr. fra l’altro, C.E.D.U., 26/09/2002, Grisez c. Belgio;
09/01/2001, Kawaka c. Polonia; 19/10/2000, Wloch c. Polonia; 06/04/2000,
Labita c. Italia, 22/10/1997, Erdagoz c. Turchia).

4. Nel caso che occupa, il giudice del riesame ha dato specifico e
significativo rilievo ai gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato,
evincendoli dalle conversazioni captate, dai messaggi telefonici (c.d. “sms”)
nonché dai servizi di osservazione svolti dalla p.g. e dall’analisi delle celle di
aggancio delle utenze cellulari, i quali dimostrano che il prevenuto era un
abituale acquirente all’ingrosso di stupefacente dal coindagato Tranchino
Gennaro da destinare alla successiva cessione a terzi, ed essendo evidentemente
la tesi dell’acquisto finalizzato alla costituzione di una “scorta” per uso personale
(né vi è prova certa che il Capone fosse tossicodipendente) non sostenibile in

3

censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella

relazione a plurimi acquisti di non piccoli quantitativi di stupefacente, verificatisi
a pochi giorni di distanza gli uni dagli altri.

5. Quanto all’applicabilità al caso di specie delle modifiche operate
dalla L. 47/2015 alla lett. c) dell’art. 274 c.p.p. circa la valutazione da parte del
giudice del merito dell’attualità del riconosciuto pericolo di recidivanza (Sez. 3, n.
37087 del 19 maggio 2015, Marino), va osservato che il provvedimento

contestazione, risalendo al periodo luglio-settembre 2013, si collocano in un
momento storico non molto lontano da quello di applicazione della misura, ma
anche che la loro ripetizione in un arco temporale piuttosto breve sia sintomatico
di una stabilità di rapporti -non solo con il fornitore Tranchino Gennaro, ma
anche con una rete di acquirenti-, che depone per un concreto ed attuale rischio
di recidivanza.
5.1. Secondo il giudicante, inoltre, la circostanza che il Capone abbia
realizzato le condotte illecite mentre si trovava sottoposto alla misura
dell’obbligo di dimora consente di verosimilmente presumere che l’indagato sia
soggetto trasgressivo e non incline all’osservanza delle prescrizioni dell’autorità
giudiziaria e tanto impone di mantenere la misura di massimo rigore, ben
potendo il prevenuto continuare a reiterare la condotta illecita se sottoposto agli
arresti domiciliari con l’ausilio del presidio elettronico.
5.1. Sfugge, infine, al giudizio di legittimità, specie nella fase delle
indagini preliminari, la possibilità di sussumere le fattispecie concrete contestate
in quella astrattamente prevista dall’art.73, comma 5, D.P.R. 309/1990 (per
altro già implicitamente esclusa dai giudici della misura custodiale).
5.2. La motivazione del Tribunale, è, quindi, adeguata e priva di vizi
logici e, pertanto, si sottrae, complessivamente, al sindacato di legittimità (sez.
3, n. 4647 del 09/12/2015).

6. Conclusivamente, la mancanza, nel ricorso, di elementi di novità
sopravvenuti che impongano una rivisitazione delle esigenze cautelari già
altrimenti decise, impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso.

7. Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento.

4

impugnato ha desunto tale pericolo dal fatto che non soltanto le condotte in

8. Va, infine, disposta la trasmissione di copia del presente
provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè
provveda a quanto stabilito dall’art.94, comma 1-ter, disp. att. del c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a
quanto stabilito dall’art.94 c. 1 ter disp. att. del c.p.p..

Così deciso il 08/03/2016

processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA