Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20572 del 14/09/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20572 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: GENTILI ANDREA

ORDINANZA

sui ricorsi proposti da:
DESIDERIO AURELIO nato il 26/11/1962 a ANGRI
SALERNO ROSSELLA nato il 30/10/1972 a VALLO DELLA LUCANIA

avverso la sentenza del 30/11/2015 del TRIBUNALE di SALERNO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA GENTILI;

Data Udienza: 14/09/2017

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Ritenuto che, con sentenza del 30 novembre 2015, il Tribunale di Salerno ha
dichiarato la penale responsabilità di Desiderio Aurelio e di Salerno Rossella
quanto alla imputazione di cui in epigrafe e li ha, pertanto, condannati alla
pena di euro 1.800,00 di ammenda ciascuno;
che avverso detta sentenza hanno interposto ricorso in appello il Desiderio e
la Salerno deducendo la erroneità della sentenza impugnata in quanto ai fini
della integrazione del reato contesto sarebbe necessaria la effettiva e concreta

verificatosi.

Considerato che il ricorso è inammissibile;
che preliminarmente, trattandosi di sentenza con la quale è stata disposta la
condanna dei prevenuti esclusivamente alla pena dell’ammenda, essendo essa
insuscettibile di essere impugnata di fronte alla Corte di appello, la
impugnazione proposta dai predetti deve essere qualificata come ricorso per
cassazione;
che il motivo di impugnazione dedotto dai ricorrente è evidentemente
infondato, posto che, diversamente da quanto dai medesimi opinato, ai fini
della integrazione del reato loro contestato, cioè la violazione degli artt. 5,
letterab) e 6, comma quarto, della legge n. 283 del 1962, vendita o
detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di
conservazione, non è necessario accertare la sussistenza di un concreto danno
per la salute o un concreto deterioramento del prodotto, in quanto,
trattandosi di un reato di pericolo, è sufficiente che le modalità di
conservazione possano determinare il pericolo di un tale danno o
deterioramento (Corte di cassazione, Sezione III penale, 13 aprile 20017, n.
15049);
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato
che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in €
2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

PER QUESTI MOTIVI

messa in pericolo della salute dei consumatori, evento nel caso di specie non

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2000,00 ciascuno in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 settembre 2017
il Presidente

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