Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20572 del 03/02/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20572 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Mandracchia Antonino Emiliano, nato a Sciacca il 26.2.86
iindagato art. 73 T.U. stup.
avverso la l’ordinanza del Tribunale, Sezione per il Riesame, di Palermo

dell’1.8.14

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. Fulvio Baldi, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Nei confronti del ricorrente è
stata emessa ordinanza cautelare di arresti donniciliari (con facoltà di allontanamento per svolgere
attività lavorativa) perché gli si contesta di avere posto in essere varie condotte di cessione di
sostanza stupefacente di tipo hashish. Per la precisione, le accuse a suo carico sono emerse
nel corso di una indagine abbastanza ampia scaturite dalla morte di una giovane
tossicodipendente. Sono state effettuate intercettazioni telefoniche, a cura delle stazioni dei
CC. di Ribera e Colamonica, che hanno fatto emergere l’esistenza di una vasta rete di
spacciatori che approvvigionavano di vari tipi di droghe i tossicodipendenti della zona del paese
di Ribera.
Il provvedimento cautelare, impugnato con riesame davanti al Tribunale, è stato
confermato.

Data Udienza: 03/02/2015

2. Motivi del ricorso
difensore, deducendo:

Avverso tale decisione, l’indagato ha proposto ricorso, tramite

2) violazione di legge per non essersi, il Tribunale, pronunciato sulla eccezione
di nullità sollevata dalla difesa a proposito dell’ordinanza del G.i.p. che aveva omesso di
considerare il tempo trascorso dalla commissione dei fatti di cui trattasi . Essi, infatti, risalgono
a quasi due anni or sono e, quindi, difetta l’attualità delle esigenze cautelari;
3) vizio di motivazione nella parte in cui il Tribunale ritiene che l’indagato non
possa beneficiare della sospensione condizionale. A tal fine, si richiama l’attenzione sulle
recenti novelle legislative in materia di stupefacenti e sul fatto che lo stesso G.i.p. aveva
ritenuto di sussumere le condotte del’indagato nella fattispecie di cui all’art. 73 comma 4 T.U.
stup. che, ora, è punita con una pena più mite che va da due a sei anni di reclusione.
Conseguentemente, il Tribunale avrebbe dovuto rivalutare i parametri di proporzionalità ed
adeguatezza della misura in rapporto alla applicabilità dell’art. 275 comma 2 bis c.p.
4) violazione di legge e vizio della motivazione nella parte in cui il tribunale
postula esigenze probatorie di cui all’art. 275 lett a) c.p.p.. Ed infatti, il pericolo non può dirsi
sussistente quando sia trascorso un lungo lasso di tempo dal momento in cui l’indagato abbia
avuto conoscenza delle indagini a suo carico (cass. 20.2.96, mayocchi) ed, in ogni caso, il pericolo di
inquinamento non può essere meramente congetturale ma basato su concreti comportamenti
dell’indagato che facciano temere un suo attivarsi per deviare le indagini. Anche la motivazione
sulla esigenza di cui alla lett. c), per il ricorrente è manifestamente illogica e contraddittoria:
5) violazione di legge e vizio della motivazione nella parte in cui il tribunale
afferma i gravi indizi di colpevolezza. Per il ricorrente, essi sono basati solo su intercettazioni
delle quali non si è avuto alcun riscontro a mezzo perquisizioni o sequestri e che, comunque,
dimostrano al massimo degli acquisti ma non l’asserita attività di spaccio che non è stata
riscontrata in alcun modo.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3.
Motivi della decisione
inammissibile.

Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale,

3.1. Non merita accoglimento il primo motivo per la semplice ragione che – come

l’eventuale irregolarità non afferirebbe alla regolarità della
esecuzione bensì, al massimo, a quella della documentazione delle operazioni eseguite. Il
tutto, non senza tralasciare di evidenziare (visto che la difesa ha allegato l’atto al proprio ricorso) che il
predetto verbale è stato redatto su carta intestata della stazione di Ribera sì che è più che
logico ipotizzare un mero distaccamento di personale dell’Arma, nell’ambito di indagini
congiunte fra stazioni diverse.
Sta di fatto che, l’eccezione è comunque, generica ed, a tutto concedere, riguarderebbe
la sola intercettazione ambientale del 17.4.12 la cui decisività non è affatto stata dimostrata
bene sottolineato dal Tribunale —

(vista – come si preciserà più avanti nel par. 3.5 – la molteplicità di intercettazioni dalle quali evincere un bagaglio
indiziario a carico del Mandracchia);

2

1) erronea applicazione della legge circa la negate declaratoria di inutilizzabilità
delle intercettazioni. La censura del ricorrente si basa sul fatto che, dal verbale di inizio
intercettazione ambientale del 17.4.12, si ricava chiaramente che il verbalizzante è il mar.11o
Santopietro della stazione di Colamonaci e, quindi, contrariamente a quanto asserito dal
Tribunale. Egli non si è limitato alla trascrizione dei verbali di intercettazione ma ha eseguito le
operazioni medesime senza essere a ciò delegato perché la delega era stata data ai CC. di
Ribera;

3.3.
Il discorso svolto dal ricorrente nel terzo motivo è alquanto confuso sì da
renderlo di difficile intelligibilità. Se, comunque, il momento critico che il ricorrente intendeva
evidenziare riguarda il fatto che, di recente, la disciplina sugli stupefacenti ha subito delle
modifiche, è certo che, la semplice previsione del comma 4 dell’art. 73 non determina alcuna
preclusione per la emissione della misura. L’eventualità sarebbe sussistita solo nel caso di
riconduzione del fatto nell’alveo del comma 5 ma tale ipotesi è stata espressamente soppesata
ed esclusa dal Tribunale (f. 7) attese le dimensioni del fenomeno monitorato.

3.4. Quanto al quarto motivo di ricorso, si deve osservare che una sua parziale
fondatezza non ne impedisce, comunque la reiezione. E’, infatti, principio di diritto enunciato
anche da questa S.C. che, in tema di misure cautelari personali, il pericolo per l’acquisizione o
la genuinità della prova, richiesto per l’applicazione delle stesse, deve essere concreto e va
identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere, secondo la regola
delrid quod plerumque accidie, che l’indagato possa realmente turbare il processo formativo
della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti (sez. VI, 19.4.95, Papa, Rv. 202984).
Pertanto, è necessario che il giudice indichi, con riferimento all’indagato, le specifiche
circostanze di fatto dalle quali è desunto il “concreto pericolo” e fornisca sul punto adeguata e
logica motivazione. Nella specie, l’argomentazione del Tribunale non è immune da censure
perché si risolve in una mera ipotesi astratta e non ancorata a riferimenti più specifici alle
situazioni ambientali (si parla genericamente di ristretto contesto territoriale) ovvero a comportamenti
obiettivi dell’indagato, tali da legittimare il timore che egli voglia interferire con le indagini.
Ciò non di meno, la doglianza anche in punto di esigenze cautelari, è destinata ad
essere disattesa perché, pur ipotizzando il venir meno di esigenze probatorie, è, invece
indiscutibile il permanere di un pericolo di reitera come bene lumeggiato dal Tribunale con
riferimento alle caratteristiche di gravità del fenomeno criminoso monitorato ed alla sua
«tendenziale stabilità, “professionalità” ed intensità della condotta criminosa, protratta per un
lasso di tempo ragionevolmente più ampio rispetto a quello (circa due mesi) monitorato
dall’attività di captazione».
Infine, non merita accoglimento neppure il quinto motivo. La negativa del
ricorrente è meramente asserita ed indirettamente volta ad ottenere una diversa lettura delle
intercettazioni. E’, infatti, chiaro che la semplice assenza di sequestri non impedisce di
annettere valenza gravemente indiziaria al complesso di conversazioni intercettate.
In particolare, per quel che attiene ai presenti fini, il Tribunale bene evidenzia la figura
del Modicamore che si dedicava con sistematicità alla compravendita di svariati quantitativi di
hashish (anche 4/5 kg per volta). Nell’ambito di plurime intercettazioni ambientali effettuate sulla
vettura di questi è emersa la figura di Mandracchia che, secondo l’accusa, avrebbe acquistato
reiteratamente “panette” di hashish, del peso di circa 100 gr. per volta, anche al fine di
smerciarlo.
Si ricorda, tra le altre, l’intercettazione ambientale del 19.4.12 nel corso della quale si
comprende che Modicannore si è recato a Sciacca dall’indagato a riscuotere la somma di 400 €
corrispondente al pagamento di una “panetta”, evidentemente ceduta in precedenza, e gli
aveva detto che il “rifornimento” sarebbe arrivato l’indomani ma, Mandracchia, alla notizia, era
rimasto male perché aspettava un soggetto che avrebbe dovuto recarsi d lui ad acquistare
raccia” (cioè l’hashish). Il Tribunale commenta, quindi, le telefonate tra Mandracchia e
Modicamore, dei giorni immediatamente successivi, dalle quali è chiaro (anche per il tenore
esplicito) lo scambio droga/denaro tra i due e richiama l’attenzione sulla conversazione n. 733
del 27.4.12 nel corso della quale Mandracchia si lamenta della qualità della droga
3.5.

3

3.2. E’ infondata anche la seconda censura perché la mancata considerazione
dell’attualità della misura non dà luogo a nullità, al massimo, sarebbe censurabile una
mancanza di motivazione sul punto laddove effettivamente esistente. Tale non è, però, il
Caso di specie, non solo perché obiettivamente – considerate anche la natura e peculiarità del fenomeno
investigato — un lasso di tempo di due anni non risulta così significativo da far ritenere la misura
priva di attualità ma anche (e soprattutto) perché, lungi dall’essere valida la doglianza difensiva,
risulta che il Tribunale ha (f. 8) dato atto della esistenza di indagini ancora in corso a
dimostrazione indiscutibile dell’attualità dell’indagine stessa.

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000

Così deciso il 3 febbraio 2015
Il Presidente

precedentemente ricevuta ed, al contempo, riceve da Modicamore la sollecitazione a pagargli
300/400 C (somma corrispondente da una “panetta”). Durante tale colloquio, Mandracchia chiede a
Modicamore se una certa persona si rifornisca da lui e si lamenta del fatto che Modicamore gli
sottragga i suoi abituali “clienti”.
Tale ultima parte di ascolti assume, all’evidenza, un valore di chiara smentita della tesi
difensiva secondo cui Mandracchia avrebbe al massimo “acquistato” ma non anche “venduto”.
Quelle appena riassunte costituiscono, come è chiaro, prova di una motivazione
argomentata e logica, anche in punto di gravi indizi, che non è scalfita dai generici dinieghi del
ricorrente.

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