Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20569 del 03/02/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20569 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Ambrosioni Francsco Carlo, nato a Chignolo d’Isola il 13.7.54
Tomassoni Pier Giuseppe, nato a Bergamo l’8.1.59
indagati 44/c D.P.R. 380/01, 485 c.p. e 18 comma 1 bis D.Lgs. 42/04

avverso la ordinanza del Tribunale, Sezione per 11 Riesame, di Sassari del 25.7.14

Sentita, in udienza, la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. Fulvio Baldi, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
Sentito il difensore di avv. Gabriela Pinna Nossai, per Tomassoni, e Giuseppe Conti per
Ambrosioni, che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato Il procedimento nel quale si
colloca il presente ricorso ha ad oggetto un’ipotesi di lottizzazione abusiva posta in essere,
secondo l’accusa, dagli odierni ricorrenti, Ambrosini e Tonnassoni, nelle loro qualità di
amministratori e rappresentanti della Pentagono 2000 S.r.l..
Le accuse affondano le loro radici nel passato e riguardano un’area nella quale non si
prevede utilizzazione diversa da quella turistico alberghiera.

Data Udienza: 03/02/2015

Nei loro gravami (sovrapponibili), predisposti dai difensori, è stato
2. Motivi del ricorso
dedotto:
1) violazione di legge e vizio motivazionale. Dopo avere riepilogato gli eventi, si
fa notare, in primis, che il Tribunale ha deciso sulla base dello stesso materiale sul quale il
G.i.p. aveva negato la prima richiesta di sequestro. Ed infatti, il Tribunale ha correttamente
dichiarato la inutilizzabilità delle dichiarazioni degli acquirenti perché atti svolti oltre il termine
previsto per le indagini e, quindi, di fatto, si è pronunciato sui medesimi elementi preesistenti.
Si obietta che, così facendo, il Tribunale ha violato la previsione normativa di
riferimento attribuendo rilevanza a situazioni che non evidenziano affatto l’intento di un
mutamento di destinazione d’uso ma, al contrario, esprimono senza smentita il concetto che
i molteplici atti negoziali sottoscritti dai promissari acquirenti sono destinati a conferire alle
molteplici unità abitative la prescritta destinazione alberghiera e la conseguente gestione
unitaria riservata alla società di gestione. A tal fine, si richiamano brani della prima ordinanza
del G.i.p. con la quale il sequestro era stato negato.

Nel 1999, il consiglio comunale di Stintino aveva rilasciato concessioni edilizie per la
realizzazione di un complesso alberghiero ma, prima ancora che l’opera fosse stata ultimata,
era stata accertata la realizzazione di una lottizzazione abusiva, c.d. negoziale, attraverso la
predisposizione di vendite “sulla carta” delle singole unità abitative.
Per tale fatto, l’Ambrosini era stato condannato ma, in seguito, era intervenuta
declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. Inoltre, grazie ad una dichiarazione
unilaterale notarile (con la quale l’imputato Ambrosini si era impegnato ad escludere qualsiasi possibilità di
vendita frazionata), nonché, grazie alla risoluzione unilaterale di tutti i preliminari di vendita da
parte degli acquirenti, l’Ambrosini era riuscito ad ottenere, non solo, la revoca del sequestro
preventivo disposto in quel procedimento, ma anche, che la condanna non fosse seguita da
confisca dell’area.
In data 10.7.07, quindi, era stata chiesta ed ottenuta (il 18.9.07) nuova concessione
edilizia finalizzata alla ultimazione dell’albergo Bungalows in loc. Ovile del Mercante.
Attività investigativa svolta dai CC. preposti alla Tutela del Patrimonio Artistico ed
Ambientale avevano, però, portato alla luce – nel maggio 2012 – l’esistenza, in corso, di
messa in vendita di alcune porzioni della struttura ricettiva.
In particolare, a seguito della pubblicizzazione di tale attività, un maresciallo sotto
copertura aveva contattato il numero e la persona a ciò preposti ed aveva appurato dalla
interlocutrice che la struttura era stata data in gestione ad una società per affitti, che la
struttura veniva presentata come residence turististico alberghiero (ove non sarebbe stato possibile
trasferire la residenza) e che – anche se la casa sarebbe stata accatastata come categoria “D” – l’acquirente
sarebbe stato «proprietario al 100% dell’appartamento con uso esclusivo del giardino», inoltre,
l’acquirente avrebbe potuto decidere di tenere la casa per sé ovvero di darla in affitto alla
società pagando una quota percentuale del 20% alla società di gestione dei canoni di affitto.
Era, infine, previsto il pagamento di un canone di 1500 C annui in quanto chi acquistava
avrebbe dovuto stipulare un contratto di affitto obbligatorio posto che, almeno per un mese
(qualsiasi) all’anno la casa avrebbe dovuto esser data in affitto.
A seguito di tali acquisizioni, erano state disposte perquisizioni domiciliari (presso lo studio
del notaio, presso la società) ed ispezioni dei luoghi del complesso immobiliare dai quali erano
emersi (in estrema sintesi) la esistenza di planimetrie ove erano evidenziate suddivisioni in quote
millesimali di ciascuno dei 51 appartamenti che componevano la struttura nonché contratti
preliminari stipulati con riferimento a 28 unità abitative.
Sulla base delle predette risultanze, il P.M. aveva chiesto al G.i.p. l’emissione di un
decreto di sequestro preventivo che, però, era stato negato avendo ritenuto il G.i.p. che quegli
elementi non fossero univoci per ritenere il fumus commissi delicti
A seguito di ciò, il P.M. aveva integrato le proprie indagini attraverso l’audizione di
alcuni promissari acquirenti dalle quali era emerso che, seppure formalmente presso la
struttura sarebbe stata condotta un’un’attività di ricezione turistico-alberghiera, di fatto, gli
acquirenti delle porzioni immobiliari avrebbero potuto agire come effettivi proprietari.
Sulla scorta di ciò, il G.i.p. aveva accolto la nuova richiesta di sequestro preventivo
contro la quale è stata avanzata richiesta di riesame decisa dal Tribunale con l’ordinanza qui
impugnata.

2) violazione di legge in punto di periculum in mora. Quest’ultimo, infatti,
secondo i ricorrenti, è stato erroneamente affermato pur a fronte delle precisazioni fornite dal
Tomassoni a proposito della difficoltà di rimuovere le inserzioni pubblicitarie on line e,
comunque, pur a fronte della risoluzione dei 19 contratti preliminari.

Con atti depositati successivamente, i ricorrenti hanno depositato memorie (corredate di
nelle quali si riaffermano le argomentazioni di cui ai ricorsi, sia, in punto di
fumus, che, di esigenze cautelari richiamando l’attenzione, in particolare, quanto al primo, sul
fatto che, solo in un momento successivo alla sottoscrizione del preliminare sarebbe stata
assicurata quella finalità di predeterminazione in termini temporali nell’utilizzo degli immobili
da parte del proprietario delle singole unità e, quindi, sarebbe stato impedito quell’uso ad
libitum paventato dal Tribunale. In pratica, si è al cospetto di una disciplina normativa in
itiniere che giustamente aveva indotto il G.i.p., in prima battuta, a negare il provvedimento
cautelare reale qui impugnato.
plurimi allegati)

I ricorrenti concludono invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili perché manifestamente infondati
3. Motivi della decisione
oltre ad essere censurabili anche per una certa genericità e tendenza a coinvolgere questa
S.C. in una valutazione di merito che non le compete.

3.1. Più in dettaglio, si osserva che l’argomentare difensivo si risolve nella mera
riproposizione di quelli sui quali il G.i.p. aveva basato la prima decisione reiettiva e non – come
in una critica puntuale alle opposte, ampie e logiche argomentazioni
invece sarebbe dovuto essere
sviluppate dal Tribunale per respingere il riesame.
A prescindere dal rilievo che, così facendo, si è ignorato che la prima ordinanza del
G.i.p. si basava su un materiale diverso ed incompleto rispetto a quello sul quale è stata,
successivamente accolta la richiesta di sequestro preventivo, anche ammettendo che il
Tribunale, nel presente provvedimento, si fosse basato sugli identici elementi investigativi
vagliati dal G.i.p., nulla avrebbe ugualmente impedito una pronuncia di segno diverso posto
che è normativamente previsto che il Tribunale, Sezione per il Riesame (art. 309 comma 9
possa confermare il provvedimento impugnato anche per ragioni diverse da quelle indicate
nella motivazione del provvedimento impugnato.
Altro aspetto che legittima la preannunciata declaratoria è rappresentato dal fatto che è
principio di diritto consolidato quello secondo cui il ricorso per cassazione contro ordinanze
emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio «è ammesso solo per violazione di
legge» (S.U.29.5.08, Ivanov, Rv. 239692; Conf. S.U., 29 maggio 2008 n. 25933, Malgioglio, non massimata sul punto).
Questa Corte ha anche precisato che, nella nozione di “violazione di legge” vanno ricompresi,
sia, gli errores in iudicando o in procedendo, sia, quei vizi della motivazione così radicali da
rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o
privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a
rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.
Proprio rivisitando l’ordinanza in esame alla luce di tali parametri appare evidente
l’assenza di qualsivoglia profilo di censurabilità del provvedimento impugnato.

3

Il Tribunale – per i ricorrenti – ha errato la propria valutazione annettendo valore di
elemento costitutivo del reato a semplici ipotesi. Si tratta, infatti, di un comportamento futuro
ed incerto quello dei proprietari – paventato dal collegio – di disattendere la volontà negoziale
espressa nel preliminare e mutare la destinazione d’uso degli immobili.
In pratica, sostengono i ricorrenti, si è al cospetto di un mero processo alle intenzioni
dei promissari acquirenti che è agevolmente smentibile attraverso la visione di un analogo
contratto (qui prodotto) sottoscritto dinanzi la notaio Forte e relativo ad un appartamento del
complesso alberghiero Hotel Moderno situato nel comune di Ravenna;

Come bene osservato nel provvedimento impugnato (f. n) la contravvenzione qui
ipotizzata non tollera il tentativo e la sua ratio va evidentemente rinvenuta nell’intento del
legislatore di approntare una tutela anticipata contro il rischio di un’aggressione alla regolarità
dell’assetto urbanistico. Il frazionamento giuridico è sicuramente tale e, nella specie,
l’esistenza di un albergo frazionato in unità dà luogo al fumus di detto reato senza ombra di
dubbio.
Chiara è, del resto, l’enunciazione di questa S.C. per situazioni analoghe laddove ha
detto che la modifica di destinazione d’uso di un complesso alberghiero realizzata, sin dal
sorgere dell’edificio, attraverso la vendita di singole unità immobiliari a privati configura il
reato di lottizzazione abusiva, laddove manchi una organizzazione imprenditoriale preposta alla
gestione dei servizi comuni e alla concessione in locazione dei singoli appartamenti
compravenduti secondo le regole comuni del contratto d’albergo, atteso che in tale ipotesi le
singole unità perdono la originaria destinazione d’uso alberghiera per assumere quella
Né valgono i
residenziale (sez. III, 17.3.09, Quarta, Rv. 243748; Sez. III, n. 17866 del 2009, non massimata).
richiami dei ricorrenti al fatto che l’acquirente avrebbe dovuto sottoscrivere obbligatoriamente
un contratto di affitto o pagare un canone di 1500 C annui alla società di affitti perché, come
bene sottolineato anche dal Tribunale nel provvedimento impugnato, tali condizioni si
appalesano solo come escamotage per mascherare la reale natura di cessione della “proprietà”
della parte di immobile “alberghiero”.
Il provvedimento impugnato si rivela ampio, articolato, chiaro e del tutto esauriente.
Dopo avere riepilogato le clausole dei contratti preliminari sequestrati e quelle del
Regolamento d’uso per i servizi turistico ricettivi (ff. 7 ed 8) esso commenta, infatti, proprio
quelle clausole evidenziando come il regolamento negoziale sia idoneo a garantire la
destinazione alberghiera «solo sulla carta» perché quest’ultima, di fatto, dipende dalla volontà
dei singoli proprietari visto che il contenuto dei contratti non circoscrive in alcuna maniera il
diritto di godimento del proprietario (se non apparentemente attraverso clausole irrilevanti quali la previsione

della prenotazione, della registrazione in portineria ecc.).

Nella sostanza, però, come emerge proprio dai contratti prodotti dalla difesa, non è
prevista alcuna limitazione temporale al diritto di godimento del bene con il risultato che
l’offerta al pubblico della struttura alberghiera è lasciata alla volontà delle parti ed anche il
pagamento della somma annua di 1500 C, dovuta alla società per la gestione dei servizi,
comuni tradisce la – legittimamente ipotizzabile – natura di “onere condominiale”
Opportunamente, poi, si ricorda anche (f. 12) che è assolutamente irrilevante ed
incoercibile (v. TAR Emilia Romagna, II, 20.4.07 n. 426) la clausola dei contratti di compravendita che
impegna l’acquirente ad adibire l’immobile allo svolgimento di attività turistico-alberghiere.
Nessuna critica, quindi, alla conclusione dei giudici di merito secondo cui già l’accertata
stipula dei contratti preliminari ad effetti obbligatori – considerati anche gli interessi conseguenti
per l’elevato numero di promittenti ed acquirenti a molteplicità – dà luogo a seri elementi sintomatici

4

Nessun “error in iudicando” o “in procedendo” lo affligge né esso viene validamente
segnalato neppure dagli stessi ricorrenti.
Quanto, invece, alla ipotetica inidoneità dell’apparato argonnentativo, deve dirsi che
neanche questa è la critica che i ricorrenti muovono visto che, piuttosto, ciò di cui essi si
dolgono è essenzialmente il modo in cui i giudici di merito hanno “letto” le emergenze
investigative. Il che equivale a dire semplicemente che si è al cospetto di un ricorso nel quale
non si denuncia alcuna violazione di legge bensì solo un presunto vizio di motivazione.
La censura, peraltro, viene basata sulla mera prospettazione dei fatti in una diversa
ottica sostenendosi – in estrema sintesi – che si sarebbe al cospetto di mere attività preparatorie e
che i giudici avrebbero fatto una sorta di “processo alle intenzioni”.
Che ciò sia ben lungi dall’essere vero lo dimostrano, per un verso, l’intero contesto nel
quale si colloca la presente contestazione e, per altro verso, in particolare, la chiarezza delle
investigazioni ulteriori acquisite dalle quali emerge l’esistenza di un complesso di attività
chiaramente elusive del divieto di lottizzazione abusiva e, con esso, di quello di destinare nuovi
immobili dell’area in discussione a finalità diverse da quelle turistico alberghiere.

di una lottizzazione abusiva posto che l’assetto stabilito su base convenzionale
anche la destinazione del bene) è stato lasciato all’autonoma determinazione privata.

(in cui rientrerebbe

3.2. (quanto al secondo motivo).
E’ del tutto privo di pregio (oltre che meramente
l’argomento speso dai ricorrenti per giustificare il fatto obiettivo che gli immobili de
quibus siano ancora pubblicizzati su siti on fine a dimostrazione implicita della attualità del
crimine ipotizzato.
Ad abundantiam, comunque, ma correttamente, il Tribunale ricorda anche che il
sequestro preventivo di cui trattasi è legittimato anche dal fatto di essere finalizzato alla
confisca obbligatoriamente prevista per il reato ipotizzato.

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e, ciascuno, al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di
1000 C.

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed
al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C

Così deciso il 3 febbraio 2015
Il Presidente

asserito)

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