Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20568 del 29/01/2015


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Penale Ord. Sez. 3 Num. 20568 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: DI NICOLA VITO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da
Verdone Gaetano, nato a Palermo il 20/02/1972
avverso la ordinanza del 08/08/2014 del Gip presso il tribunale di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente

Data Udienza: 29/01/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Gaetano Verdone ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza con la
quale il tribunale della libertà di Palermo ha rigettato la richiesta di riesame
proposta nei confronti l’ordinanza del GIP che aveva applicato la misura della
custodia cautelare in carcere, in relazione al reato di detenzione continuata e
spaccio di stupefacente di vario tipo hashish, cocaina e pasticche varie: artt. 81
cpv. cod. pen. e 73, 80, comma 1, lett. a), d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309

Per quanto ancora interessa in questa sede, il tribunale, rigettando
l’eccezione di nullità dell’ordinanza genetica (sollevata per difetto di
motivazione), ha ritenuto di riesaminare il materiale indiziario, rilevando altresì
la rituale trasmissione degli atti, compreso “il supporto informatico degli atti e
delle indagini preliminari”. Ha quindi ravvisato la gravità indiziaria nei confronti
dell’indagato (sulla base delle conversazioni intercettate) nonché le esigenze
cautelari.

2. Per l’annullamento dell’impugnata ordinanza, Gaetano Verdone, tramite il
difensore, affida il gravame due motivi, qui enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp.
att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Col primo motivo, denunzia la violazione di legge e il vizio di
motivazione dell’ordinanza custodiale resa ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. in
ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell’art. 606 lett.
b) ed e) cod. proc. pen. in relazione al disposto di cui all’art. 292 cod. proc. pen.
Assume il ricorrente che il tribunale del Riesame non avrebbe potuto
sanare, attraverso un’opera di recupero motivazionale, il provvedimento emesso
dal GIP, totalmente privo di motivazione in quanto contenente solo uno sterile
richiamo alle argomentazioni utilizzate a sua volta nell’ordinanza del GIP di
Sciacca (dichiaratosi territorialnnente incompetente) senza alcun vaglio critico.
2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione all’art.
309 comma 5 e 10 cod. proc. pen. sull’eccezione di “omessa allegazione dei
supporti magnetici relativi alle conversazioni”, rilevando di non aver dedotto la
mancata trasmissione degli atti investigativi e dell’informativa contenuti nel
supporto magnetico, ma di avere sollevato la questione procedurale dei supporti
magnetici relativi alle conversazioni oggetto di intercettazione telefonica, cosa
ben diversa, a suo dire, da quella interpretata dal Tribunale.

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(contestato al capo P delle originarie imputazioni).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato per le seguenti ragioni.

2. Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.
Come già affermato da questa Corte, in analoga procedura (Sez. 3, n. 7921
20 gennaio – 23 febbraio 2015), l’art. 292 cod. proc. pen., in attuazione
dell’obbligo costituzionale, sancito per tutti i provvedimenti giurisdizionali (art.

libertà personale (art. 13 Cost., comma 1), stabilisce proprio, quale contenuto
essenziale dell’ordinanza “de líbertate” del giudice,”l’esposizione delle specifiche
esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta,
con l’indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i
quali essi assumono rilevanza”. Il primo comma dell’art. 275 cod. proc. pen.
impone al giudice di tener conto, nel disporre le misure cautelari, della specifica
idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da
soddisfare nel caso concreto (Sez. 6, n. 18728 del 19/04/2012, Rv. 252645).
E’ stato altresì affermato che il provvedimento restrittivo della libertà
personale e l’ordinanza che decide sul riesame sono strettamente collegati e
complementari, con la conseguenza che la motivazione dell’ordinanza del
Tribunale della libertà integra e completa l’eventuale carenza di quella del GIP ed
allo stesso modo la motivazione insufficiente del giudice del riesame ben può
ritenersi integrata da quella del provvedimento impugnato. Ne consegue che
laddove si faccia questione della sufficienza, congruità ed esattezza delle
indicazioni presenti nel provvedimento cautelare concernenti gli indizi e le
esigenze cautelari, legittimamente il tribunale integra e sana la motivazione
insufficiente del provvedimento impugnato ( Sez. 5, n. 16587 del 24/03/2010.
Rv. 246875).
Ancora, secondo la giurisprudenza, la dichiarazione di nullità della ordinanza
impositiva deve essere relegata ad ultima ratio delle determinazioni adottabili e
quindi può essere dichiarata solo ove il provvedimento custodiale sia mancante
di motivazione in senso grafico ovvero, qualora pur esistendo una motivazione,
essa si risolva in una clausola di stile, onde non sia possibile, interpretando e
valutando l’intero contesto, individuare le esigenze cautelari il cui
soddisfacimento persegue (Sez. 3, n. 41569 del 11/10/2007, Rv. 237903; Cass.
8/7/04, Chiari; cfr. altresì Sez. 3, n. 33753 del 15/07/2010, Rv. 249148).
Nel caso di specie, contrariamente a quanto affermato in ricorso, si è al di
fuori di tale ipotesi estrema: l’ordinanza del GIP palermitano non può certamente
definirsi priva di autonoma motivazione, perché richiama, adottando una

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111 Cost., comma 6) e, specificamente, per qualsiasi atto di restrizione della

legittima motivazione per relationem, le parti dell’ordinanza del GIP di Sciacca
(pagg. 310 e 319), provvedimento noto alle parti o comunque conoscibile.
In tema di motivazione dei provvedimenti rinnovati ai sensi dell’art. 27 cod.
proc. pen., questa Corte ha affermato, con condivisibile orientamento cui va dato
continuità, che è legittima la motivazione “per relationem” dell’ordinanza
applicativa della misura cautelare disposta dal giudice competente ai sensi
dell’art. 27 cod. proc. pen., purchè il rinvio alle valutazioni già espresse dal
primo giudice risulti consapevole e consenta il controllo dell’iter logico – giuridico

M., Rv. 250299).
Il percorso argonnentativo sia per quel che riguarda i gravi indizi di
colpevolezza che le esigenze cautelari non è né inesistente, né apodittico
risolvendosi dunque nella condivisione della richiamata ordinanza del GIP di
Sciacca, la cui ratio decidendi era ampiamente conosciuta e conoscibile così da
consentirne il controllo del provvedimento richiamante.
Sotto altro e parallelo profilo, Tribunale, pertanto, ben poteva assolvere al
suo ruolo di integrazione, riportando i passaggi delle conversazioni, svolgendo
poi autonome valutazioni integrative e valorizzando il ruolo del ricorrente nei
delitti contestati in via provvisoria.
Il Collegio cautelare ha peraltro richiamato i numerosi contatti telefonici con
i clienti del padre e le conversazioni intercettate nell’autovettura del coindagato
Modicamore.
Su tutti gli elementi di gravità indiziaria (che l’ordinanza riporta) il ricorrente
non muove censure.
Dunque, non sussiste né la violazione di legge né il denunciato vizio di
motivazione, anche perché il controllo del giudice di legittimità sui vizi della
motivazione attiene solo alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia
l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo.

3. Il secondo motivo è infondato.
In linea di principio va ricordato che secondo la giurisprudenza di questa
Corte i risultati delle intercettazioni sono utilizzabili nel procedimento cautelare
pur quando il pubblico ministero non abbia allegato i relativi supporti. (cfr. Sez.
5, n. 37699 del 17/07/2008 Cc. dep. 03/10/2008 Rv. 241948).
Con la citata pronuncia e’ stato altresì precisato che ai fini dell’utilizzabilità
dei risultati delle intercettazioni per l’emissione di una misura cautelare non è
necessaria nemmeno la trasmissione del verbale previsto dall’art. 268 cod. proc.
pen., comma 1, ma è sufficiente la trasmissione, con la richiesta del P.M., di una
documentazione sommaria e informale, come i c.d. brogliacci di ascolto (v.

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alla base dell’adozione del titolo restrittivo ( Sez. 3, n. 16034 del 10/02/2011,

anche Sez. 1, n. 5903 del 26/11/1998 Cc. dep. 18/01/1999 Rv.212104; Sez. 1,
n. 3289 del 28/04/1999 Cc. dep. 15/06/1999 Rv. 213727).
Dunque, a maggior ragione non è produttivo di alcuna sanzione processuale
e tanto meno della inutilizzabilità del mezzo o della inefficacia della ordinanza, il
mancato invio delle bobine contenente i nastri delle intercettazioni, posto che il
contraddittorio delle parti e l’esame nel merito da parte del Tribunale è garantito
attraverso il vaglio del suddetto materiale, dovendosi tenere conto anche
dell’interesse alla celere definizione della procedura, perseguito attraverso la

37699/2008 cit.).
Ciò posto, nel caso di specie il Tribunale ha rilevato che è “stato trasmesso
anche il supporto informatico” riferendosi evidentemente, con tale espressione,
anche alle trascrizioni delle conversazioni che sono contenute nel supporto
stesso, o ai cd. brogliacci di ascolto in quanto costituiscono atti delle indagini
preliminari: in tal modo, facendo “riferimento alla questione prospettata dal
difensore in sede di udienza camerale” il Tribunale ha valutato la censura della
difesa e ad essa ha dato corretta risposta.
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 29/01/2015

brevità dei termini perentori imposti nella procedura incidentale (così, Sez. 5, n.

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