Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20567 del 29/01/2015


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Penale Ord. Sez. 3 Num. 20567 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: DI NICOLA VITO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da
Gallo Martina, nata a Padova il 22/04/1982
Mahjoubi Ramzi, nato in Tunisia il 26/05/1982
avverso la ordinanza del 02/09/2014 del tribunale della libertà di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente

Data Udienza: 29/01/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Martina Gallo e Ramzi Mahjoubi ricorrono personalmente per cassazione
impugnando l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il tribunale della libertà
di Venezia, in sede di appello cautelare, ha accolto l’impugnazione proposta dal
pubblico ministero nei confronti dell’ordinanza emessa dal gup presso il tribunale
di Padova che respingeva la domanda cautelare proposta nei confronti dei
ricorrenti, applicando nei confronti di Rannzi Mahjoubi la misura della custodia

per il reato previsto dall’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

2.

Per la cassazione dell’impugnata ordinanza, Martina Gallo e Rannzi

Mahjoubi, con separati ma analoghi ricorsi, sollevano rispettivamente un unico
motivo di gravame, qui enunciato, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.,
nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Con esso deducono la mancanza o, comunque, la manifesta illogicità della
motivazione in ordine alla sussistenza nei loro confronti delle ritenute esigenze
cautelari (articolo 606, comma 1, lettera e), codice di procedura penale in
relazione all’articolo 274, comma 1, lett. c), codice di procedura penale).
Dopo aver ampiamente analizzato il contrasto tra il pubblico ministero il
Gup, in ordine al primitivo rigetto della domanda cautelare, i ricorrenti osservano
che il tribunale della libertà di Venezia ha ritenuto sussistente nei loro confronti
l’esigenza cautelare specialpreventiva di cui all’articolo 274 codice di procedura
penale con motivazione del tutto mancante ovvero palesemente illogica, non
essendo comprensibile, dalla motivazione dell’ordinanza impugnata, la ragione
per la quale sia stato ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione del reato con
riferimento a fatti distanti tra loro di circa un anno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e per assoluta
genericità del motivo posto a suo sostegno.

2. Per rendersi conto di ciò, è sufficiente evidenziare come il tribunale
cautelare abbia tratto il convincimento circa la sussistenza delle esigenze
cautelari nonché della loro attualità e pregnanza, come tali pertinenti al pericolo
di un ulteriore reiterazione in delitti della medesima specie (traffico di sostanze
stupefacenti) di quelli per i quali si procede, dalle ulteriori emergenze delle
indagini svolte della primavera del 2014 e che hanno condotto ad accertare la
reiterata disponibilità di Ramzi Mahjoubi, come pure della sua convivente Martina

2

cautelare in carcere e nei confronti di Martina Gallo quella degli arresti domiciliari

Gallo, ad atteggiarsi concretamente come fornitori e spacciatori di droga nei
confronti degli stessi acquirenti ed assuntori di sostanze stupefacenti da loro
recentemente conosciuti in occasione dei fatti oggetto del procedimento penale
principale.
A tale proposito, obiettivamente sintomatiche sono state ritenute le più
recenti dichiarazioni rese ai carabinieri di da Tiziano Mazzier (che ha riferito di
essere stato nuovamente contattato il 10 aprile 2014 da “Zuzu” a mezzo di
utenza radiomobile di cui ha fornito numero identificativo, corrispondente

di alcuni contatti telefonici ricevuti nell’aprile (2014) scorso dall’utenza in uso al
Ramzi Mahjoubi, presentandosi l’interlocutore con

il

nome di “Silvia” per

ricordargli delle occasioni di incontro avute in passato, rappresentando la
possibilità nuovamente incontrarsi; contestualmente riconoscendo Rizzi, a mezzo
di individuazione fotografica, in Gallo Martina la “Silvia” che nel recente passato
si presentava insieme al cittadino magrebino per la cessione di eroina avvenute
in favore di Andrea Lattivi, amico del Rizzi), Luca Piron (che ha riferito dì
contatti telefonici intervenuti lo scorso aprile con Rannzi Mahjoubi che egli
rappresentava la rinnovata possibilità di fornirgli la “roba” ove ne avesse avuto
bisogno, ed anche con “Silvia”, che rinnovava diritto a “venire a prendere la roba
da noi” invitandolo a chiamare), Laura Daminato (che ha riferito di contatti
telefonici intervenuti lo scorso mese di maggio con una persona riconosciuta in
Ramzi Mahjoubi che ebbe a venderle eroina, il quale si ripresentava
rappresentando la possibilità di fornire ancora “qualcosa, se ti serve” e indicando
la zona di Padova, quale luogo di possibile incontro; inoltre una donna
riconosciuta per la compagna di Ramzi Mahjoubi le chiedeva “perché non chiami
e non vieni più da noi?”).
Le circostanze da ultimo rappresentante dai dichiaranti hanno poi trovato
conforto, per quanto si desume dal testo del provvedimento impugnato, dagli
accertamenti compiuti dai carabinieri tabulati telefonici pertinenti potenza uso a
Ramzi Mahjoubi e alla Gallo.
Da ciò, pur prescindendo dalla configurabilità di ulteriori fattispecie
delittuose analoghe a quelle già contestate nei confronti di Ramzi Mahjoubi e
della Gallo, il tribunale cautelare ha tratto adeguato e logico convincimento di un
quadro cautelare grave ed allarmante, concreto ed attuale, desumendo il
pericolo di reiteratio criminis da parte degli stessi ricorrenti in ordine a condotte
di offerte e cessione di sostanze stupefacenti in favore di persone già conosciute
proprio motivo delle pregresse, dunque recenti, occasioni di reiterato lo spaccio
di eroina.
Al cospetto di tale adeguata e logica motivazione, i ricorrenti non prendono
affatto specifica posizione in ordine alla ratio decidendi limitandosi a denunciare

3

all’utenza accertata in uso a Ramzi Mahjoubi), Massimiliano Rizzi (che ha riferito

un generico

vizio di motivazione che, all’evidenza, deve ritenersi

manifestamente infondato e genericamente dedotto.

3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per i
ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13

sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata
in via equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti previsti dall’art. 28 Reg.
esecuzione cod. proc. pen.
Così deciso il 29/01/2015

giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso

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