Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20564 del 07/05/2018


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Penale Ord. Sez. 6 Num. 20564 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA
sul ricorso di
RUSSO Vincenzo, nato a Nocera Inferiore (SA) il 26/04/1981,
avverso la sentenza del 10/10/2017 della Corte di Appello di Salerno;
esaminati gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita in camera di consiglio la relazione svolta dal presidente Giacomo Paoloni.

FATTO E DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Salerno ha confermato
la sentenza resa dal Tribunale di Nocera Inferiore, all’esito di giudizio abbreviato, con cui
Vincenzo Russo è stato dichiarato colpevole del reato di evasione continuata dal regime
cautelare degli arresti domiciliari, essendosi arbitrariamente allontanato (in almeno tre
occasioni a distanza di pochi giorni l’una dall’altra) dalla sua abitazione presso cui era
sottoposto a detenzione esecutiva domiciliare. Condotta illecita per la quale al prevenuto
è stata inflitta, riconosciutagli la diminuente della seminfermità mentale, la pena di
quattro mesi e venti giorni di reclusione.
Avverso la sentenza di appello ha proposto personale ricorso per cassazione
l’imputato, deducendo erronea applicazione dell’art. 47-ter, comma 8, O.P. (in rei. art.

Data Udienza: 07/05/2018

385, comma 3 cod. pen.) e difetto di motivazione, atteso che incongruamente i giudici
di appello non hanno inteso valorizzare l’asserita sua condizione di totale infermità
mentale al momento dei fatti, avendo egli eluso la custodia domestica per ragioni di
forza maggiore dettate da “irrefrenabili crisi di ansia” connesse ad un suo risalente stato
patologico, documentato da certificazioni sanitarie.
A prescindere dalla incongruenza dell’enunciato censorio del ricorso (per
pedissequa riproposizione dei motivi di gravame, diffusamente vagliati e correttamente
disattesi dalla Corte territoriale), il ricorso non può che essere dichiarato inammissibile

In via pregiudiziale, infatti, il ricorso è stato irritualmente proposto di persona
dall’imputato, a siffatta natura personale dell’atto impugnatorio non potendo certo far
velo l’avvenuta “autentica” della sottoscrizione del ricorrente ad opera di un legale.
Vidimazione o, per l’appunto, autenticazione che attesta soltanto la genuinità dell’atto e
la sua riconducibilità al firmatario ricorrente imputato.
Ai fini della valida instaurazione del giudizio di legittimità, trova oggi applicazione
la regola di cui all’art. 613, comma 1, cod. proc. pen., come novellato dalla legge 23
giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017, secondo cui «l’atto di ricorso, le
memorie e i motivi nuovi» devono essere sottoscritti, «a pena di inammissibilità», da un
difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di cassazione munito di specifico
mandato difensivo. In applicazione del principio processuale

tempus regit actum la

declaratoria di inammissibilità del ricorso deve avvenire «senza formalità»

(de plano) ai

sensi dell’art. 605, comma 5-bis, cod. proc. pen. (in rel. art. 591, comma 1-lett. a], cod.
proc. pen.), come introdotto dalla citata legge n. 103 del 2017.
Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma,
commisurata al coefficiente di colpa sotteso all’evidenziato difetto di

ius postulandi

dell’imputato, di euro 4.000 (quattromila) alla cassa ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro quattromila in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso il 07/05/2018

per palese difetto di legittimazione processuale del ricorrente.

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