Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20559 del 19/02/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 20559 Anno 2016
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LO CASTRO RICCARDO N. IL 01/01/1975
avverso l’ordinanza n. 66/2014 CORTE APPELLO di CATANIA, del
01/04/2015

L.

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSE PE,, GRASSib
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lene/n.1~ le conclusioni del PG ott. VLttl. bialy,
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Data Udienza: 19/02/2016

FATTO E DIRITTO

1.

Lo Castro Riccardo ha proposto ricorso per cassazione avverso

l’ordinanza della Corte di Appello di Catania dell’1/4/2015, depositata il
7/4/2015, con la quale, riconosciutogli indennizzo per ingiusta detenzione nella
misura di 37.000 euro, venne disposta compensazione fra le parti delle spese
legali.

che, siccome si trae dal provvedimento gravato, l’iter procedirnentale epilogato
come sopra si è svolto nei termini essenziali seguenti: con ordinanza del
25/5/2010, depositata il 2/9/2010, la Corte d’appello di Catania rigettò istanza di
riparazione per l’ingiusta detenzione patita presentata il 23/10/2010 dal Lo
Castro. Annullata dalla Cassazione, con sentenza del 13/10/2011, la predetta
ordinanza, la medesima Corte, in sede di rinvio, con provvedimento del
23/5/2013, rigettò nuovamente la richiesta. Annullata anche quest’ultima
statuizione in sede di legittimità, con l’ordinanza qui al vaglio veniva, questa
volta, accolta la pretesa.

2. Il ricorrente con l’unico proposto motivo denunzia mancanza di
motivazione in ordine alla determinazione di compensare le spese legali fra le
parti, essendosi la Corte etnea limitata a riportare «in maniera sterile, scevra
da qualsiasi riflessione, una formula di stile in ordine alle spese del giudizio,
senza motivare sul punto e senza prendere in considerazione le puntuali ragioni
esposte in seno all’atto di gravame del ricorrente>>.

3. Con memoria pervenuta il 3/2/2016 l’Avvocatura generale dello Stato
si costituiva per l’Amministrazione chiedendo il rigetto del ricorso.

4. Il ricorso è fondato.
Per un corretto inquadramento del ricorso è necessario prendere le mosse
dalla questione generale, dibattuta sin dall’introduzione dell”istituto, concernente
l’inquadramento dello stesso in àmbito civile o penale.
Conviene prendere le mosse, dovendosi apprezzare non solo la
conclusione alla quale è giunta, ma anche il rigore e la chiarezza espositiva, dalla
sentenza di questa Sezione n. 41081 del 13/10/2010, dep. 22/11/2010, non
mass., la quale precisa: «È da premettere – come hanno riconosciuto le sezioni
unite di questa Corte con la sentenza 9 luglio 2003 n. 35760, Azgejui – che la
disciplina del procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione deve

Q.2

1.1. Per una adeguata intelligenza della vicenda appare utile premettere

essere ricercata nell’ambito dell’ordinamento processuale penale. Ma questo
condivisibile principio trova gravi ostacoli alla sua applicazione per gli aspetti del
procedimento che non sono in alcun modo riconducibili al processo penale e,
soprattutto, per quelli che con queste regole appaiono incompatibili.
È infatti evidente che i principi processualpenalistici sono di più difficile
utilizzazione per la soluzione dei problemi che riguardano aspetti del
procedimento estranei alla pretesa punitiva dello Stato ed in particolare i criteri
che riguardano l’iniziativa delle parti, i criteri di ripartizione dell’onere della

della prova. Pur accedendo alla tesi delle sezioni unite – che hanno qualificato
l’azione in questione non come un’azione costitutiva ex art. 2908 cod. civ., come
riteneva il prevalente precedente orientamento, ma come una “azione penale
complementare” caratterizzata dal potere delle parti di iniziare un procedimento
con la richiesta di decisione su un oggetto diverso dall’accertamento della
fondatezza della notizia di reato – non per questo si potrebbero, per esempio,
ritenere applicabili al procedimento per la riparazione le regole di valutazione
della prova previste dall’art. 192 c.p.p. Considerando invece che, pur essendo
disciplinato dal codice di procedura penale, questo procedimento ha prevalente
natura civilistica può ragionevolmente sostenersi che – laddove non esista alcuna
regola applicabile ovvero la disciplina del codice di rito penale appaia
incompatibile con la natura del procedimento per la riparazione – debbano
applicarsi i principi del processo civile. Le conclusioni delle sezioni unite quindi
non possono che riferirsi agli aspetti strettamente processuali del procedimento
per i quali può essere rinvenuta nella disciplina del codice la soluzione dei
problemi che si pongono».
Non senza dimenticare che il diritto processuale, senza distinzioni di
sorta, ha natura sempre pubblicistica, in quanto strumento per giungere alla
giusta (in senso formale e sostanziale) determinazione giudiziale statuale,
seguendo le indicazioni provenienti dalla sentenza citata appare consequenziale
ritenere che l’istituto trovi referente procedimentale nel processo penale laddove
si tratti di delinearne i caratteri, per così dire, esterni (l’introduzione del giudizio,
la modalità di attivazione del contraddittorio, l’individuazione del giudice
competente, lo schema procedimentale di massima, ecc.). Ove, invece, si tratti
di procedere a ricognizione delle regole interne del giudizio (principio di
allegazione, onere della prova, poteri officiosi del giudice, principio di
soccombenza, corrispondenza fra chiesto e pronunciato, ecc.), salvo ad
individuare precipua eccezione, il regolamento deve essere rinvenuto nel codice
di rito civile.

prova, i poteri officiosi del giudice e i suoi limiti, la disciplina sulla valutazione

4.1. Ulteriore corollario di quanto sopra in sintesi esposto è che il giudizio
può qualificarsi di parti, cioè a parti contrapposte. Per espresso richiamo operato
dall’art. 315 alle norme che disciplinano la riparazione dell’errore giudiziario, il
procedimento impone l’instaurazione di formale contraddittorio con il Ministero
del Tesoro (oggi anche dell’Economia), rappresentato per legge dall’Avvocatura
dello Stato avente sede nel distretto della corte interessata.
Ciò posto, la statuizione sul capo delle spese resta disciplinata dai principi
del processo civile.

come noto, assegnava al decidente ampi spazi di discrezionalità nel
regolamentare le spese, le quali potevano essere in tutto od in parte
compensate, oltre che in presenza dell’ipotesi fisiologica della reciproca
soccombenza, anche in presenza di «altri giusti motivi». Proprio allo scopo di
ridurre l’ampiezza di un tale potere, del quale sovente il giudice si avvaleva, con
la riforma operata con la I. n. 69 del 18/6/2009, così da purgare il contendente
risultato vincitore da costi che non erano a lui addebitabili, si ridusse la
possibilità di disporre la compensazione (salva sempre l’ipotesi della parziale
soccombenza) al solo caso della motivata constatazione di

«gravi ed

eccezionali ragioni». Parsa anche tale restrizione insufficiente a circoscrivere
l’area della compensazione, con il recente d.l. 12/9/2014, n. 132, convertito
nella I. 10/11/2014, n. 162, si è disposto, che, eccezion fatta per la reciproca
soccombenza, la compensazione è consentita solo in presenza di

«assoluta

novità» legislativa o mutamenti giurisprudenziali.
Poiché il presente procedimento pende dal 23/3/2010 la disciplina
applicabile in materia è quella in vigore dopo la novella operata nel 2009, senza
che si possa tener conto delle modifiche apportate nel 2014 (cfr.,
Sez. 4, n. 5833 del 28/12/2015, dep. 12/02/2016, Rv. 265832).
La Corte territoriale ha giustificato la disposta integrale compensazione
così testualmente motivando:

«Sussistono valide ragioni, data anche la

problematicità delle questioni influenti sulla decisione dell’istanza, per
compensare tra le parti le spese processuali>>.
Questa corte è dell’avviso trovarsi in presenza di un modulo motivazionale
apparente, mero simulacro insondabile delle effettive ragioni del decidere. Non è
dato, infatti, conoscere quali siano quelle «valide ragioni», diverse dalla
«problematicità delle questioni influenti sulla decisione», alle quali il Giudice
ha inteso far riferimento, sicché non può apprezzarsene la pertinenza e l’efficacia
dirimente. Di poi, anche la «problematicità delle questioni» resta asserto
enigmatico, non potendo essa identificarsi con il tormentato iter procedimentale.
Invero, qui non si è in presenza di sovvertimenti decisionali tra primo e secondo

h

La materia è regolata dall’art. 92 del cod. proc. civ. Il testo primigenio,

grado, frutto della complessità della ricostruzione dei fatti rilevanti di causa o
della disciplina normativa, né vengono allegati mutamenti giurisprudenziali. Nella
migliore delle ipotesi, deve registrarsi la difficoltà della Corte di merito di
adeguarsi alle statuizioni di legittimità, che per due volte ne hanno censurato
l’operato.

4.2. Annullato, pertanto, sul punto il provvedimento impugnato, la Corte
del rinvio, ove intenda compensare in tutto o in parte le spese legali fra le parti,

determinazione, ragioni che non possono identificarsi con il duplice annullamento
in sede di legittimità.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato limitatamente al punto relativo alla
compensazione delle spese, con rinvio alla Corte di appello di catania per nuovo
esame.

Così deciso nella camera di consiglio di giorno 19/2/2016
Il Co si !ere est.

Il Presidente

dovrà esplicitamente indicare le «gravi ed eccezionali ragioni» di una tale

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