Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20559 del 09/04/2018


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Penale Ord. Sez. 6 Num. 20559 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DE MARTINO CARLO nato il 24/03/1964 a VICO EQUENSE parte offesa nel
procedimento
GIORLANDINO MARIASTELLA nato il 22/07/1957 a ROMA parte offesa nel
procedimento
c/

ANCILLOTTI MASSIMO
GIORLANDINO CLAUDIO
MERCURI ANTONIO
MIGLIO MASSIMO
OTTOLINI PORFIRIO
avverso l’ordinanza del 30/10/2017 del GIP TRIBUNALE di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANNA PETRUZZELLIS;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La difesa di Carlo De Martino e Mariastella Giorlandino, che si qualificano
indagati e parti offese nel procedimento riguardante le imputazioni di cui agli
artt. 44 lett. C) d.P.R. n. 380/2001; 181 d. legisl n. 42/2004; 368, 489, 648 cod.
pen. di cui è stata disposta l’archiviazione con l’ordinanza del Gip del Tribunale di
Roma indicato in epigrafe, ha proposto ricorso avverso l’indicato provvedimento.

Data Udienza: 09/04/2018

Si rileva nell’impugnazione che l’ordinanza, nel disporre l’archiviazione per
tutti i reati per i quali si procedeva, ha, nel corpo della sua motivazione, dato per
accertata la falsità di alcuni atti catastali.
Richiamata la circostanza che tale accertamento, raggiunto al di fuori del
contraddittorio, e della verifica rimessa al giudice in merito alla sussistenza di
elementi idonei a disporre la prosecuzione del giudizio penale, fosse estranea
all’attribuzione del giudicante, e ritenuto pertanto che l’atto rivesta la qualifica di

2. Il ricorso è inammissibile in quanto proposto per motivi non consentiti.
Escluso che il giudice in sede di archiviazione abbia il potere di accertare la
falsità degli atti —potere conferito dalla legge solo unitamente alla sentenza di
condanna, ai sensi dell’art. 537 cod. proc. pen. e suscettibile di autonoma
impugnazione funzionale alla idoneità di tale provvedimento a produrre
mutamenti nella sfera giuridica dei terzi- deve rilevarsi che nel caso di specie il
giudicante si è espresso, impropriamente, sulla falsità dell’atto, nel corpo
argomentativo del provvedimento, condizione che esclude qualsiasi effetto
dispositivo conseguente, ancorché mediato o indiretto.
Tale osservazione, per l’effetto, pur esorbitante rispetto ai poteri di
accertamento del giudice, deve considerarsi inutiliter data, prima ancora che
essere espressione di un eccesso di potere, in quanto costituita da verifica svolta
in fase processuale che poneva tale accertamento al di fuori delle sue
attribuzioni.
Ed è bene rimarcare che se la categoria delle abnormità dell’atto
volutamente non è stata oggetto di definizione normativa, per la difficoltà di
definire i possibili casi patologici che vengano ad inserirsi nel procedimento,
tuttavia tale fattispecie, quale ipotesi residuale per contraltare la tassatività dei
mezzi di impugnazione tipici, vada ricondotta a condizioni precostituite, che non
si ravvisano nella specie, proprio in mancanza di un atto dispositivo, che
necessiti di rimozione dal mondo giuridico.

3. L’inidoneità dispositiva dell’atto rende inammissibile l’impugnazione anche
sotto ulteriore profilo.
Ricordato l’ambito dell’accertamento del giudizio penale, risulta evidente che
tutto quel che trascende la verifica della sussistenza del reato resta estraneo al
processo, cosicché proprio la chiara delimitazione dell’impugnabilità dell’atto
abnorme all’ipotesi della necessità di superare una stasi processuale, quale
effetto prodotto dall’atto non altrimenti risolubile, limite fissato dalla

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provvedimento abnorme, ritiene impugnabile in questa sede il provvedimento.

giurisprudenza di legittimità all’ampiezza del potere di intervento in questa sede
a tale titolo (Sez. U, Sentenza n. 25957 del 26/03/2009, Toni e altri, Rv.
243590), dà conto della natura necessariamente funzionale al processo della
pronuncia sollecitata.
Tale esigenza, all’evidenza, non si pone nella specie ove, ai fini
dell’accertamento penale, nessuna conseguenza in termini di stasi processuale
può prodursi, circostanza che fornisce ulteriore conferma della preclusione

4. La causa di inammissibilità, riconducibile a quanto previsto dall’art. 591
comma 1 lett. b) cod. proc. pen. consente di procedere senza formalità, ai sensi
dell’art. 610 comma 5-bis, cod. proc. pen., come modificato dalla novella sopra
richiamata.

5. L’accertamento di inammissibilità del ricorso impone la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma
indicata in dispositivo e ritenuta equa, in ragione della causa di inammissibilità,
in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali ed al versamento di euro 4.000 ciascuno alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 09/04/2018.
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Anna Pe zz Ilis

Giacom Paoloni
(

dell’intervento demolitorio sollecitato nel presente giudizio.

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