Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20554 del 08/03/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 20554 Anno 2016
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
BROZZI Franco, nato il 10/08/1955
avverso la sentenza n.426/14 del 14/04/2014, della Corte di Appello di Perugia.

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Leonardo Tanga;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Francesco Salzano, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 08/03/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n.426/14 del 14/04/2014, la Corte di Appello di
Perugia, in riforma della sentenza emessa in data 02/02/2011 dal Tribunale dì
Orvieto nei confronti di Brozzi Franco, appellata dal Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Orvieto, dichiarava l’imputato colpevole dei reati ascrittigli
unificati sotto il vincolo della continuazione e, concesse le circostanze attenuanti
generiche, lo condannava alla pena di mesi 9 reclusione con la sospensione della

1.1. Con la prima sentenza Brozzi Franco era stato assolto perchè il
fatto non costituisce reato dal reato di cui all’art. 189, commi 1 e 6, C.d.S.
contestatogli poiché non ottemperava all’obbligo di fermarsi dopo avere causato
un incidente con danno alle persone a lui riconducibile, e lo assolveva perchè il
fatto non sussiste dal reato di cui all’art. 189, commi 1 e 7, C.d.S., contestatogli
perchè non ottemperava all’obbligo di prestare assistenza al conducente
dell’altro veicolo coinvolto nel sinistro causato da esso imputato.

2. Avverso tale sentenza d’appello propone ricorso per cassazione
Brozzi Franco, a mezzo del proprio difensore fiduciario, lamentando (in sintesi
giusta il disposto di cui al’art.173 disp. att. c.p.p.):
I) vizi motivazionali. Osserva che dal verbale di accertamenti urgenti
redatto dagli agenti della Polizia Stradale intervenuti sui luoghi, acquisito al
fascicolo del dibattimento, emergono elementi che entrano in palese contrasto
con le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte di Appello di Perugia, posto che
in tale verbale sono descritti i danni riportati dalle vetture e vengono indicate
delle “strisciate” nella parte anteriore sinistra degli autoveicoli e non di
ammaccature (a conferma della lieve entità dei danni);
II)

la lieve entità dei danni esclude la consapevolezza da parte

dell’imputato di avere causato un incidete con danni alle persone, e di essersi
quindi coscientemente e volontariamente sottratto all’obbligo di fermarsi.
III)

violazione di legge in relazione all’art.189, comma 7, C.d.S.,

posto che la sentenza della Corte di Appello di Perugia, nella parte in cui viene
ravvisata la responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’alt 189, comma 7,
C.d.S, si trova in palese contraddizione con quanto dichiarato dalla persona
offesa la quale non manifestava stato di sofferenza alcuna tale da essere
soccorso; al contrario, non appena avvenuto l’incidente, si è messa
all’inseguimento della Land Rover, abbandonando il luogo ove era avvenuto
l’impatto.

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patente i guida per anni 1 e mesi 6.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.

4. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, risponde del reato
previsto dall’art. 189, comma 6, (in relazione al comma primo), C.d.S., il

fermarsi e dì fornire le proprie generalità ai fini del risarcimento (Sez. 4, n. 9128
del 02/02/2012, Rv. 252734), nella consapevolezza di aver causato un incidente
idoneo ad arrecare danno alle persone (rilevando solo in un successivo momento
il definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro) (Sez. 4, n.
5510 del 12/12/2012, Rv. 254667).
4.1. Non va, quindi, confusa la conoscenza dell’esistenza di un danno
con la consapevolezza della possibilità di un danno quale effetto del sinistro.
4.2. Quanto al reato di omissione di soccorso, di cui al successivo
comma 7, la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha bisogno di
soccorso può assumere la forma del dolo eventuale, che si configura
normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche
all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la
sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce
reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza (ex multis, Sez. 4, n. 34134 del
13/07/2007, Rv. 237239).
4.1. Diversamente opinando, ogni volta che l’utente della strada
dovesse omettere di fermarsi dopo che si è verificato un incidente stradale
ricollegabile al suo comportamento, questi, precludendosi proprio a causa
dell’omesso arresto del proprio veicolo, la possibilità di verificare de visu e nella
immediatezza se dall’incidente siano derivati danni alle persone, non sarebbe
sistematicamente (tranne che nei casi di verificazione di sinistri così gravi da
rendere indubbia ed inequivocabile la causazìone di lesioni o della morte a terzi)
a conoscenza del fatto che è stato provocato un danno alle persone, sicché il
dato conoscitivo insito nel dolo del delitto de quo dovrebbe, illogicamente, essere
escluso proprio a causa della inottemperanza a quell’obbligo di fermarsi che la
norma impone ‘in caso di incidente con danno alle persone’ (sez. 4, n. 34335 del
03/06/2009; sez. 4, n. 7615 del 10/11/2004).

5. Sicché, per questo solo, i motivi sub I) e II) debbono ritenersi
infondati.

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soggetto che, coinvolto in un sinistro stradale, non adempia agli obblighi di

6. Quanto al motivo sub III) giova rammentare che, nell’ipotesi di
assoluzione in primo grado e condanna in secondo grado, ai giudici del secondo
grado, è imposto un obbligo di motivazione c.d. rafforzata per giustificare il
differente apprezzamento come l’unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole
dubbio, sulla base di elementi di prova diversi o diversamente valutati a
confutazione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie del primo giudizio.

presentato appello- non ha più la possibilità di confutare il nuovo apprezzamento
di merito, se non nel limitato ambito dell’impugnazione della motivazione ai sensi
dell’art. 606, comma1, lettera e), c.p.p. (Sez. Un., n. 33748 del 12/07/2005,
Mannino, Rv. 231674; sez. 6, n. 22526 del 10/03/2015).
6.1. Nel caso che occupa il giudice di appello, ribaltando la decisione
assolutoria emessa in primo grado, in accoglimento dell’appello Pubblico
Ministero, ha ritenuto la sussistenza dei reati contestati. A sostegno di detta
valutazione, la Corte ha richiamato il medesimo compendio probatorio esaminato
dal primo giudice, procedendo ad analitica disamina delle risultanze istruttorie
nonché delle specifiche situazioni costituenti oggetto delle deposizioni tanto della
parte offesa quanto degli altri testimoni e consulenti escussi. L’operazione di
riesame, gravante sula giudice dell’appello, nel caso in esame, è stata, invero,
effettuata in maniera incisiva sia sull’intero materiale probatorio vagliato dal
primo giudice sia su quello sfuggito alla valutazione del medesimo, conferendo,
riguardo alle parti non condivise della prima sentenza, una diversa struttura della
motivazione che ha dato ragione delle difformi conclusioni assunte (ex plurímis,
Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, Rv. 261327).
6.2. Proprio all’esito di una puntuale disamina di fatti e situazioni
specifiche, infatti, la corte del merito è giunta al proprio convincimento ritenendo
che la stessa ricostruzione dell’incidente, come effettuata dal primo giudice,
era contrastata dal dato desumibile dalla testimonianza di Sisti, il quale, sulla
base dei dati acquisiti, aveva identificato l’imputato, nonché dalle dichiarazioni
delle parti da cui si deduceva che Brozzi procedeva a velocità eccessiva e che
aveva invaso parte della corsia opposta a quella di sua pertinenza.
6.3. In luogo della motivazione, quanto meno lacunosa e perplessa,
della sentenza dì primo grado, il giudice dell’appello ha congruamente valorizzato
che “la collocazione e la tipologia dei danni subiti dal mezzo è del tutto
compatibile con la dinamica dell’incidente fornito dai testi Sistí, Duranti e dalla
persona offesa. La stessa rottura dei vetri del veicolo di Brezzi va considerato
quale effetto dell’urto tra i due mezzi, tutt’altro che lieve, come si evínce dalla

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Ciò anche in considerazione del fatto che l’imputato -che, poiché assolto, non ha

circostanza detti vetri invadevano la vettura di Bianchi, unitamente allo
specchietto sinistro esterno del veicolo dell’imputato. Detti vetri venivano reperiti
nella suddetta macchina, pur se, come evidenziato in primo grado, non se ne
conosceva l’esatta ubicazione all’interno del veicolo di Bianchi, circostanza
questa del tutto ininfluente ai fini della ricostruzione della dinamica della
collisione…. Precisava il teste Sisti che lo specchietto del mezzo dell’imputato
entrava nell’abitacolo li dell’Alfa 145 di Bianchi e nel fare questo ha rotto
praticamente tutti i cristalli laterali tanto che a destra della carreggiata c’era una

6.4. La critica attenta della prima sentenza ha colpito
dettagliatamente tutti i punti di quella motivazione. Tra l’altro, in particolare, la
corte del merito, oltre a motivare la ritenuta attendibilità dei testi (operanti di
p.g. e persone offese), ha proceduto a ricostruire -in maniera incensurabile- la
dinamica dei fatti dando il giusto valore anche alla circostanza che, dopo l’urto il
Bianchi si era recato all’ospedale ove veniva rilasciato un certificato medico, pure
menzionato dal primo giudice, che ne riportava il contenuto (escoriazioni al volto
e all’arto superiore), probante una patologia non incompatibile con le modalità
dell’incidente patito e con le tracce del sangue che Bianchi riferiva al primo
giudice di avere al viso e di avere poi lavato, tenuto altresì conto di quella riferita
all’occhio ove sarebbe stata presente una scheggia di vetro.
6.5. Anche da ciò il giudicante dell’appello ha derivato che non poteva
essere sfuggita all’imputato -visti i danni non di modesta entità riportati dal suo
veicolo- che vi era stato un incidente che aveva coinvolto altra vettura e
pertanto altre persone.

7. Conclusivamente, una volta accertata la legittimità e la coerenza
logica della sentenza impugnata (rispettosa anche dei principi fissati per la c.d.
“motivazione rafforzata”), deve ritenersi che il ricorso, nel rappresentare
l’inaffidabilità degli elementi posti a base della decisione di merito, pone solo
questioni che esorbitano dal limiti della critica al governo dei canoni di
valutazione della prova, per tradursi nella prospettazione del fatto storico
alternativa a quella fatta argomentatamente propria dai giudicanti e nell’offerta
di una diversa (e per il ricorrente più favorevole) valutazione delle emergenze
processuali e del materiale probatorio (sez. 6, n. 13170 del 06/03/2012).
Questioni, queste, che sfuggono al sindacato di legittimità.

8. S’impone, pertanto, il rigetto del ricorso cui segue, per legge, la
condanna alle spese.

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fitta concentrazione di questi vetri dei cristalli laterali della Alfa Romeo”.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 08/03/2016

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