Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20549 del 16/04/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20549 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOSCHETTI ANDREA N. IL 30/01/1965
avverso la sentenza n. 20309/2012 TRIBUNALE di FOGGIA, del
08/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ,e (
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e,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 16/04/2015

31691/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’8 ottobre 2013 il Tribunale di Foggia ha condannato Boschetti Andrea
alla pena di C 120 di ammenda per il reato di cui all’articolo 1231 cod.nav., per avere navigato
oltre i limiti della sua abilitazione, cioè oltre sei miglia dalla costa.
2. Ha presentato ricorso il difensore, lamentando l’omessa pronuncia da parte del gip

opposizione al decreto di condanna, con conseguente nullità della sentenza ex articolo 178,
lettera c), c.p.p.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
3.1 Nell’unico motivo il ricorrente adduce che il gip omise di provvedere, come invece
previsto dall’articolo 464, secondo comma, c.p.p., sulla legittima istanza di ammissione
all’oblazione proposta dall’imputato contestualmente alla opposizione, procedendo invece
all’emissione del decreto che disponeva il giudizio. Osserva il ricorrente che, nell’ipotesi di
oblazione ex articolo 162 bis c.p., il gip deve operare una vera e propria valutazione allo stato
degli atti sulla gravità del fatto, non limitandosi a una verifica della tempestività della richiesta
e della obiettiva applicabilità del procedimento ex articolo 162 bis c.p. alla contravvenzione
contestata. La giurisprudenza di legittimità, osserva il ricorrente, non ha ritenuto “configurabile
un vero e proprio “dovere” di disporre” sull’istanza di ammissione all’oblazione presentata
durante le indagini preliminari, potendo questa essere ripresentata prima dell’apertura del
dibattimento: al riguardo viene richiamata Cass. sez. III, 21 maggio 2002 n. 23873, la quale in
effetti insegna che dalla mancanza di esame dell’istanza suddetta proposta durante le indagini
preliminari non deriva alcuna nullità, in forza del principio della tassatività delle nullità, la
conseguenza della omessa valutazione identificandosi nella riproponibilità della istanza
nell’opposizione a decreto penale e, se non si procede per decreto, prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento di primo grado. Richiama altresì il ricorrente un ulteriore, più recente
arresto di questa Suprema Corte, Cass. sez. III, 28 ottobre 2008 n. 40055, per cui “il mancato
esame, da parte del giudice per le indagini preliminari, dell’istanza di ammissione all’oblazione
non determina alcuna nullità, dovendo escludersi che tale omissione possa inquadrarsi
nell’ambito delle nullità di ordine generale”, per negare tuttavia che tale giurisprudenza sia
attinente al caso in esame. Osserva infatti che entrambi i suddetti arresti riguardano l’istanza
di ammissione a oblazione proposta nel corso delle indagini preliminari, e non in sede di

sull’istanza di ammissione all’oblazione formulata dal Boschetti contestualmente alla

opposizione a decreto penale; l’articolo 464 c.p.p. impone all’opponente “di effettuare le
proprie scelte processuali in tema di oblazione e riti alternativi, a pena di decadenza, nell’atto
di opposizione”, laddove alla domanda di oblazione ex articolo 141 disp. att. c.p.p. non si
connette alcuna sanzione processuale di decadenza, “ben potendo l’imputato ripresentare
l’istanza, in caso di mancata presentazione o di rigetto”. Ne deduce quindi che “il differente
regolamento normativo delle due fattispecie” non può non comportare delle altrettanto
differenti conseguenze processuali in ordine alla mancata pronuncia da parte del gip
sull’istanza ex articolo 464 c.p.p., che configurerebbe pertanto una nullità di ordine generale.

codice di rito i “principi costituzionali del giusto processo, del diritto dell’imputato a partecipare
attivamente al processo…,consentendogli di difendersi adeguatamente ed in condizioni di parità
davanti ad un giudice terzo ed imparziale”, afferma, in conclusione, il ricorrente che nel caso di
specie è stato leso “proprio questo diritto di incidere sull’iter processuale con la propria difesa”,
integrandosi una nullità di ordine generale ex articolo 178 perché l’omessa pronuncia del gip
avrebbe “comportato ripercussioni sul diritto d’intervento, assistenza e partecipazione al
processo in capo all’imputato ed al suo difensore”.
3.2 Le argomentazioni del ricorrente sono suggestivamente conformate, ma non godono di
una reale fondatezza. La prospettazione, infatti, si basa sull’asserto che vi sia stata una
conseguenza lesiva del diritto di difesa in senso lato, ovvero inclusivo anche del diritto a
compartecipare, entro determinati limiti, alla

“governance”

del processo con dirette

conseguenze sostanziali (l’oblazione è causa di estinzione del reato), come avviene fruendo
della oblazione. Ma ciò non si è verificato.
Deve anzitutto riconoscersi che la giurisprudenza richiamata nel ricorso attiene, in effetti,
alle ipotesi di istanza di ammissione alla oblazione ex articolo 141 disp. att. c.p.p. (nello stesso
senso v. già la significativa Cass. sez. III, 26 maggio 1995 n. 8893:

“Dal mancato esame

dell’istanza di ammissione all’oblazione non deriva alcuna nullità. Deve applicarsi, invero, il
principio della tassatività delle nullità, stabilito dall’art. 177 c.p.p., e tale sanzione – per
l’evenienza in esame – non è prevista da alcuna norma, ne’ l’omissione in oggetto può essere
inquadrata nell’ambito delle nullità di ordine generale. Il sistema delineato dagli artt. 162 c.p.,
577 c.p,p. e 141 disp. att. non consente una diversa conclusione, giacché la domanda di
oblazione può essere proposta (e comunque riproposta in ipotesi di dispersione o mancato
reperimento di essa) fino a quando non interviene la dichiarazione di apertura del dibattimento
di primo grado ed a carico di colui che la propone si pone comunque un onere di diligenza in
una sequenza procedimen tale ove la sua partecipazione non è limitata all’atto di impulso
(quale esercizio della facoltà di richiesta di ammissione), ma trova la sua essenziale
estrinsecazione nel pagamento dell’oblazione quale presupposto indefettibile per la declaratoria
di estinzione del reato.”),

e che l’articolo 464 c.p.p. pone un confine decadenziale alla

Considerato che le nullità di ordine generale di cui all’articolo 178, lettera c), c.p.p. attuano nel

proposizione di domanda di oblazione contestuale alla opposizione, al terzo comma stabilendo
che nel giudizio conseguente all’opposizione non può essere presentata domanda di oblazione.
Peraltro, l’asserto del ricorrente che la sanzione processuale di decadenza distingue la
fattispecie in esame da quella della istanza di oblazione durante le indagini preliminari nel
senso che solo l’ipotesi presidiata dalla decadenza incide sul diritto di fruire della oblazione
consegue ad una interpretazione non corretta dell’articolo 464, che correla la decadenza alla
mancata presentazione della istanza, e non – come a ben guardare sostiene il ricorrente – alla

provveda sulla istanza, la situazione processuale è logicamente assimilabile all’ipotesi in cui il
gip erroneamente la rigetti, vale a dire non si consuma il diritto dell’istante a fruire
dell’oblazione, inserendosi invece nella sequenza procedurale, quale conseguenza della
mancata tutela del diritto de quo da parte del gip, una nullità a regime intermedio, come
riconosciuto in una fattispecie appunto di erroneo diniego da parte del gip all’istanza proposta
in sede di opposizione dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte (Cass. sez.IV, 19
novembre 2003 n. 48622), secondo la quale il rigetto della istanza di oblazione presentata in
sede di opposizione a decreto penale effettuato dal gip per avere erroneamente ritenuto
inapplicabile l’istituto determina una nullità a regime intermedio, nulla ostando

“sia alla

proposizione nel susseguente giudizio della relativa eccezione sia alla riproposizione della
domanda di oblazione”, poiché non vige in tal caso il limite decadenziale imposto dal terzo
comma dell’articolo 464 c.p.p.
La lesione del diritto è dunque tutelata in misura proporzionale alla relatività della lesione
stessa: all’istante, infatti, è consentito di “correggere”, come un erroneo diniego, anche
l’omessa pronuncia sulla istanza, eccependo l’omissione della pronuncia, vista la sua natura
prioritaria nella sequenza procedurale (trattasi, a ben guardare, di una nullità attinente al
decreto che dispone il giudizio, ex articolo 181, terzo comma,c.p.p.), come questione
preliminare ex articolo 491 c.p.p., ovvero riproponendo la istanza prima dell’apertura del
dibattimento del giudizio susseguente alla opposizione.
Nel caso di specie risulta che nello stesso atto con cui ha presentato opposizione al decreto
penale di condanna l’imputato ha chiesto altresì l’ammissione alla oblazione invocando sia
l’articolo 162, sia l’articolo 162 bis c.p. Effettivamente il gip non ha provveduto sulla istanza,
ma nel susseguente giudizio dinanzi al Tribunale, dopo una prima udienza in cui il difensore
dell’imputato ha ottenuto rinvio per adesione a un’astensione, alla successiva, tenutasi il 19
febbraio 2013, nulla ha eccepito sulla mancata considerazione dell’istanza suddetta (riguardo
alla quale, si nota meramente

ad abundantiam,

neppure nelle conclusioni finali adduce

alcunché). Dal momento, allora, che, come si è visto, la nullità conseguente alla omessa
pronuncia del gip sull’istanza di oblazione proposta nell’atto di opposizione è qualificabile come
nullità a regime intermedio, non essendo stata oggetto di eccezione quella che costituiva un

mancata decisione sulla (tempestiva) istanza stessa. Nel caso, dunque, in cui il gip non

questione preliminare ex articolo 491 c.p.p., deve ritenersi che la nullità si sia sanata, e che
pertanto il ricorso risulti infondato.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 16 aprile 2015

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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