Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20537 del 04/02/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20537 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Gangi Paolo, nato a Catania il 07/12/1978
avverso la sentenza del 02/07/2014 della Corte di appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente

Data Udienza: 04/02/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Paolo Gangi ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in
epigrafe con la quale la Corte di appello di Catania ha parzialmente riformato
quella del Gup presso il tribunale della medesima città, riducendo la pena inflitta
nei confronti del ricorrente ad anni quattro e mesi otto di reclusione ed euro
3.000,00 di multa in relazione ai reati di detenzione illegale, a fini di spaccio, di
Kg 1,750 di marijuana, di ricettazione e detenzione di arma con matricola

prescrizioni impostegli con il decreto di sorveglianza speciale.

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza, il ricorrente solleva, tramite il
difensore, un unico motivo di gravame, qui enunciato, ai sensi dell’art. 173 disp.
att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la stesura della
motivazione, con il quale deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed
e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 99 cod. pen. per omessa ed illogica
motivazione in ordine alla ritenuta recidiva, senza alcuna considerazione circa il
fatto che i reati trovassero spiegazione non tanto in una particolare tendenza a
delinquere del ricorrente, e dunque nella sua pericolosità sociale, quanto
piuttosto nel suo stato di tossicodipendenza, circostanza che avrebbe dovuto
comportare l’esclusione del carico sanzionatorio conseguente alla contestata e
ritenuta recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e perché presentato
nei casi non consentiti.

2.

La Corte di appello ha ritenuto di non ravvisare i presupposti per

escludere la contestata recidiva in considerazione della pericolosità sociale del
ricorrente, soggetto pluripregiudicato, il quale, oltre a detenere un grosso
quantitativo di droga, è stato trovato in possesso di un’arma clandestina
autorizzando, in tal modo, un giudizio estremamente negativo nei suoi confronti.
Da un lato, dunque, la Corte territoriale ha specificamente motivato sul
punto e, dall’altro, il motivo di ricorso non si è affatto confrontato con la
motivazione della sentenza impugnata, prescindendo completamente da essa e
conseguendo da ciò l’inammissibilità del ricorso per aspecificità del motivo di
gravame.

2

abrasa, di detenzione di una bomba artigianale, nonché di violazione delle

Va solo chiarito che – al fine di osservare l’obbligo della motivazione nel caso
in cui alla recidiva contestata, in quanto in concreto ritenuta in sentenza,
consegua un inasprimento del trattamento sanzionatorio – è necessario che il
giudice del merito esprima un valido giudizio critico in ordine alla probabilità o
meno della futura commissione di reati ed è sufficiente l’indicazione degli
elementi specifici (nel caso di specie desunti dai precedenti penali, dal
quantitativo delle droga detenuto e dalla illegale detenzione di un’arma
clandestina) dimostrativi dell’attuale e concreta pericolosità sociale del soggetto,

pericolosità.

3. I Giudici del merito non si sono sottratti a tale scrutinio sicché, sulla base
delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che il ricorso debba essere
dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 04/02/2015

sotto il profilo della sua più accentuata colpevolezza e della sua persistente

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