Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20534 del 19/04/2016

Penale Sent. Sez. 3 Num. 20534 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. T.O.,
2. YY,

avverso la sentenza del 10/07/2014 della Corte d’appello di Campobasso

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Pietro
Gaeta, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 10 luglio 2014, la Corte d’appello di Campobasso ha
parzialmente riformato, in punto trattamento sanzionatorio per effetto della
pronuncia della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, la sentenza
del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Larino con la quale
T.O. e YY erano stati condannati, in concorso con
YY ( non ricorrente) in relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod.pen. e 73

Data Udienza: 19/04/2016

comma 1 d.P.R. 9 ottobre, n. 309, per aver ceduto, in concorso tra loro, grammi
503,31 a HH e R.R. ( capo A), e per aver detenuto a
fini di spaccio ulteriori grammi 232,67 (capo B), reati commessi in Campomarino
in data 14/08/2007.
In particolare, il giudice di secondo grado ha rilevato che il giudizio di
responsabilità penale nei confronti dei ricorrenti in relazione al reato di cessione
di grammi 503,31 a HH e R.R., fermati la notte del
17 agosto 2007 e trovati in possesso di grammi 400 di hashish il R.R. e

quantitativo di grammi 232,67, rivenuto in un borsone all’interno dell’auto a
bordo della quale vi erano i ricorrenti ( capo B), trova un solido quadro
probatorio fondato sulle indicazioni di HH e R.R. che
riferivano di aver ricevuto la sostanza stupefacente da tre persona a bordo di
una Ford Focus, una della quali aveva con sè un cane Rothweiler, circostanze che
trovavano immediato riscontro, giacchè i militari della Guardi di Finanza
identificavano gli attuali ricorrenti a bordo dell’autovettura indicata e attestavano
che il T.O. aveva con sé un cane Rothweiler. All’interno dell’auto i medesimi
militari della Guardia di Finanza rivenivano l’ulteriore sostanza stupefacente, tipo
hashish indicata nel capo B), contenuta in un borsone. La circostanza che

i

ricorrenti erano stati identificati insieme, il rinvenimento della stessa tipologia di
sostanza nell’auto di quella sequestrata al HH e R.R., i pregressi
contatti telefonici, nel lasso di tempo nel quale si erano svolti i fatti, costituivano
– secondo il giudice dell’impugnazione- riscontro alle dichiarazioni dei medesimi
HH e R.R., cosicché le stesse erano elemento di prova anche per
l’affermazione della responsabilità penale per la cessione di grammi 503,31 di cui
al capo A).
La corte territoriale ha poi disatteso i motivi di appello sollevati in relazione
alla valenza probatoria delle dichiarazioni del HH e R.R., al mancato
riconoscimento del fatto di lieve entità e diniego di concessione delle circostanze
attenuanti generiche; ha rideterminato la pena inflitta, riducendola, in
applicazione della reviviscenza della disciplina in vigore antecedentemente alla
pronuncia della Corte Costituzione n. 32 del 2014 e dunque in applicazione
dell’art. 73 comma 4 cit., nella formulazione antecedente alla legge 49 del 2006,
ed ha rideterminato il trattamento sanzionatorio partendo, dichiaratamente, da
una pena base prossima al – nuovo- limite edittale come aveva già ritenuto il
primo giudice, seppur con riferimento ad una diversa cornice normativa.
2. Avverso la sentenza hanno presentato ricorsi l’Avv. NN,
difensore di fiducia di T.O. e l’Avv. GG
difensore di fiducia di YY, con due distinti atti, e ne ha chiesto
l’annullamento per i seguenti motivi, comuni ad entrambi, enunciati nei limiti

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grammi 100,00 il HH (capo A), e al reato di detenzione di un ulteriore

strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma
1, disp. att., cod. proc. pen.:
2.1. I ricorrenti, con il primo motivo, deducono la violazione di legge
processuale e vizio di motivazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) ed e)
cod.proc.pen. in relazione all’art. 503 comma 5 cod.proc.pen., per aver la Corte
d’appello posto a base della affermazione della responsabilità le dichiarazioni di
HH e R.R., prive di valore probatorio, in quanto modificate nel corso
dell’interrogatorio e prive di riscontri. Deducono, poi, il vizio di cui all’art. 606

sull’affermazione della responsabilità penale in relazione ai reati contestati di
detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente tipo hashish (capo B) e
cessione di analoga sostanza a R.R. e HH ( capo A), per avere, la
corte territoriale, dato assoluto rilievo alla chiamata in correità del R.R. e
del HH, le cui dichiarazioni erano state ritenute inattendibili dal Giudice
dell’Udienza preliminare del Tribunale di Larino, in sede di giudizio abbreviato.
Infine deducono l’omessa o carente motivazione sulla censura devoluta circa
mancato rinvenimento di denaro, prezzo della vendita, in capo di ricorrenti,
2.2. Con il secondo motivo deducono il vizio di motivazione di cui all’art. 606
comma 1 lett. e) con riferimento alla dosimetria della pena, non avendo la Corte
d’appello determinato la pena nel minimo edittale, in presenza di un fatto
comunque lieve, anche se non riconosciuto tali ai fini della qualificazione del fatto
ai sensi dell’art. 73 comma 5 cit.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I ricorsi di T.O. e  YY sono infondati. Entrambi i
ricorrenti svolgono motivi comuni e pertanto attesa l’omogeneità possono essere
trattati congiuntamente.
5. Il primo motivo è infondato sotto tutti i profili.
Preliminarmente deve essere disattesa la censura con cui si deduce la violazione
della legge processuale per essere state utilizzate le dichiarazioni rese da RR e HH
nell’immediatezza del fatto, dichiarazioni che non potevano
essere utilizzate quale base dimostrativa della responsabilità dei ricorrenti,
perché in violazione dell’art. 503 comma 5 cod.proc.pen.
Invero, il Collegio condivide l’orientamento interpretativo largamente prevalente
nella giurisprudenza di legittimità secondo cui, nel giudizio abbreviato, possono
essere utilizzate nei confronti del coimputato chiamato in reità o in correità le

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lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla contraddittorietà della motivazione

dichiarazioni rese spontaneamente alla polizia giudiziaria da un soggetto
nell’immediatezza dei fatti ai sensi dell’art. 350 comma 5 cod.proc.pen., dato che
la richiesta del rito speciale costituisce un’implicita rinuncia al dibattimento e
quindi all’esame in contraddittorio della persona che ha rilasciato le dichiarazioni
spontanee (Sez. 1, n. 35027 del 04/07/2013, Voci, Rv. 257213; Sez. 5, n.
18064 del 19/01/2010, Avietti, Rv. 246865; Sez. 1, n. 40050 del 23/09/2008,
Ponte, Rv. 241554; Sez. 2, 24 gennaio 2006, Falco, Rv. 232994; Sez. 2, 19
settembre 2003, Busa, Rv. 227037), ciò in quanto l’art. 350 comma 7 c.p.p., ne

contestazioni (Sez. 1, 13 ottobre 2004, brio, Rv. 230754; Sez. 6, 25 maggio
2004, D’Alise, Rv. 229457), risultando, dunque, neppure prospettabile la
violazione dell’art. 503 comma 5 cod.proc.pen., citato dai ricorrenti, norma
applicabile alla sola sede dibattimentale.
Ciò posto, nel caso in esame, nell’immediatezza dei fatti, e cioè nel momento in
cui RR e H erano stati trovati in possesso in un quantitativo di
hashish, costoro avevano indicato il luogo ove si trovavano coloro ( tre persone a
bordo di un’auto Ford Focus sulla quale vi era anche un cane Rotwailler) che
poco prima gli avevano ceduto la droga, indicazione che ha trovato immediato
riscontro, poiché nel luogo indicato erano stati identificati T.O.
(proprietario del cane menzionato), YY  e YY, e
t

nell’autovettura Ford Focus del primo erano stati trovati altri due panetti di
hashish, da cui la contestazione anche del capo B). Ed è proprio questo il
percorso argomentativo che utilizza il Giudice di primo grado (pag. 5) che,
contrariamente a quando sostengono i difensori, dà assoluto rilievo non tanto
alla chiamata in correità dei medesimi, che nel corso dell’interrogatorio delegato
dal P.M. avevano modificato le precedenti dichiarazioni, quando al fatto che
costoro avevano condotto i militari della Guardia di Finanza al luogo, nelle
immediate vicinanze, in cui erano stati trovati i ricorrenti, a loro volta, in
possesso di altro hashish.
Ne consegue, quale ulteriore corollario, l’infondatezza anche del vizio
motivazionale denunciato quale contraddittorità della motivazione. Al riguardo,
deve osservarsi che i ricorrenti hanno prospettato la contraddittorietà della
motivazione non deducendo una contraddittorietà del percorso motivazione della
sentenza impugnata, ma corni contraddittorietà tra i percorsi argomentativi delle
due sentenze ( primo e secondo grado), censura non integrante il vizio di
motivazione sindacabile in questa sede, essendo consentito ai Giudice del merito
pervenire alla stessa conclusione, pur con percorsi argomentativi diversi, ma
corretti sul piano del diritto. In ogni caso non è rinvenibile, in fatto, alcuna
contraddittorietà in quanto il giudice di primo grado dà rilievo all’indicazione, da
parte di HH e R.R., dei ricorrenti quali cedenti la droga, senza
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preclude l’utilizzazione nella sola sede dibattimentale, se non ai fini delle

valorizzare le dichiarazioni rese nel corso dell’interrogatorio, che ritiene
scarsamente attendibili solo nella parte in cui costoro ridimensionano la loro
responsabilità. Dunque la chiamata in correità non è stata ritenuta inattendibile
tout court, come equivocano i ricorrenti e il Giudice di primo grado ha valorizzato
la circostanza che i ricorrenti vennero arrestati su indicazione del M. e R.R..
La Corte, invece, attribuisce maggior rilievo alla chiamata in correità di
M. e R.R., ma sempre nella parte in cui propalano le accuse verso i
ricorrenti, rilievo che non si pone in contrasto con quanto argomentato dal

sé delle dichiarazioni in correità. Da cui l’infondatezza del motivo di ricorso.
In ogni caso, deve rammentarsi che, per superare il vaglio di ammissibilità, il
vizio di motivazione non deve essere diretto a censurare genericamente la
valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad individuare un
preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia
esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso
inquadrabile come carenza od omissione argomentativa e, quanto alla
contraddittorietà (la quale si traduce in una affermazione o un ragionamento
uguale e contrario rispetto ad altro vertente sul medesimo punto), si deve
comunque trattare di vizio che deve risultare dal testo del provvedimento
impugnato e che introdotto come vizio autonomo dalla legge 46/06, si manifesta
come una incongruenza interna tra svolgimento del processo e decisione e si
atteggia, quindi, come una sorta di contraddittorietà “processuale” in
contrapposizione alla contraddittorietà “logica” che è intrinseca al testo del
provvedimento. Dunque, per le ragioni sopra esposte, esclusa la riconducibilità al
vizio di motivazione del profilo della contraddittorietà delle due sentenze ( primo
e secondo grado), deve anche escludersi la contraddittoriatà del provvedimento
impugnato nel quale sono giudicate attendibili le dichiarazioni rese da R.R.
e M. perché immediatamente riscontrate dai fatti: l’indicazione che i
cedenti la droga erano tre persone, che erano giunte a bordo di un’autovettura
tipo Ford Focus, che era presente un cane erano riscontri obiettivi, così come il
rinvenimento dell’ulteriore sostanza stupefacente nell’auto dei T.O.
completano il quadro probatorio. Infine i contatti telefonici negli istanti
precedenti alla perquisizione e sequestro tra costoro chiudono il cerchio.
La motivazione della sentenza impugnata è tutt’altro che contraddittoria e
l’affermazione della responsabilità penale dei ricorrenti è immune da vizi
sindacabili in questa sede. La Corte d’appello, ritenute utilizzabili le dichiarazioni
rese dai chiamanti in correità riscontrate nell’immediatezza dei fatti ( contatti
telefonici e sequestro di altra droga dello stesso tipo) è pervenuta
all’affermazione della responsabilità con motivazione adeguata, congrua e
immune da illogicità e contraddittorietà.

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Giudice di primo grado che mette in discussione solamente l’attendibilità contra

La Corte ha risposto adeguatamente anche al rilievo dell’assenza di rinvenimento
dei soldi e del bilancino di precisione, tenuto conto, da un lato, delle dichiarazioni
di M. e R.R. che avevano escluso di aver corrisposto il prezzo, e del
fatto che, essendo la droga rinvenuta già confezionate, del tutto privo di rilievo
era l’assenza del bilancino.
6. Infondata è la censura incentrate sul mancato riconoscimento dell’ipotesi di
cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 30, art. 73, comma 5, già prospettata nel
giudizio di appello e ampiamente vagliata e disattesa dalla Corte che ha fatto

cui la fattispecie del fatto di lieve entità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73,
comma 5, anche all’esito della formulazione normativa introdotta dal D.L. n. 146
del 2013, art. 2 (conv. nella L. n. 10 del 2014), può essere riconosciuta solo
nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato
qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla
disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che,
ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni
altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (da ultimo, v. Sez. 3, n.
27064 del 19/03/2014, dep. 23/06/2014, Rv. 259664; Sez. 6, n. 39977 del
19/09/2013, dep. 26/09/2013, Rv. 256610). In applicazione di tale regula iuris,
la Corte d’appello ( pag. 6) ha correttamente ritenuto, confermando la decisione
del giudice di primo grado, di escludere che la lesione del bene giuridico protetto
fosse di lieve entità, facendo riferimento, con motivazione immune da vizi logicogiuridici in questa sede rilevabili, ai dati inerenti al dato ponderale significativo e
alla quantità di principio attivo, con motivazione adeguata, coerente e immune
da vizio logico.
7. Infine del tutto infondata è la censura del ricorrente YY sul trattamento
sanzionatorio; la pena, contrariamente a quanto assume il ricorrente, è
determinata dalla Corte d’appello in applicazione della norma, più favorevole, di
cui all’art. 73 comma 4 d.P.R. 309/90 per effetto della sentenza n. 32 del 2014
della Corte Costituzionale. Il giudice dell’impugnazione ha dichiaratamente
applicato una pena partendo dal minimo edittale, come aveva fatto il precedente
giudice, pur in presenza di un fatto non certamente lieve avuto riguardo al peso
ponderale, dunque il motivo di ricorso è palesemente infondato.

8. I ricorsi vanno respinti e i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle
spese processuali.

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buon governo dei principii, più volte stabiliti da questa Suprema Corte, secondo

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 19/04/2016

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