Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20533 del 20/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20533 Anno 2015
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CONATO ENRICO LUIGI N. IL 27/03/1942
avverso la sentenza n. 1679/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
30/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 20/04/2015

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Enrico Delehaye, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
– Udito, per il ricorrente, l’avv. Angelo Di Perna, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 30/4/2014, riformando

condannato Conato Enrico a pena di giustizia per bancarotta fraudolenta
documentale commessa quale amministratore della Immobiliare E.R. s.r.I.,
dichiarata fallita il 27/3/2008.
Secondo la prospettazione accusatoria, condivisa dai giudici del merito,
l’imputato, operando nella qualità suddetta, allo scopo di recare pregiudizio ai
creditori, occultava o distruggeva i libri e le altre scritture contabili, così da non
consentire al curatore di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari della
fallita.

2.

Contro la sentenza suddetta hanno proposto ricorso per Cassazione,

nell’interesse dell’imputato, gli avvocati Mario Pangrazzi e Angelo Di Perna,
entrambi lamentando, con unico motivo, la illegittima celebrazione in contumacia
del giudizio di primo grado, in quanto le indagini propedeutiche all’emissione del
decreto di irreperibilità non erano state precedute da ricerche effettuate nel
domicilio reale (quello di Milano, via S. Maria Valle, n. 5, dove Conato aveva
anche subito una perquisizione – disposta dalla stessa Procura di Milano – nel
2008), né presso il luogo di lavoro, né nel luogo di nascita, né presso i familiari
(deducono che Conato aveva, all’epoca, una figlia dimorante in Milano, da cui
sarebbe stato possibile acquisire le opportune notizie). I giudici procedenti si
erano accontentati, infatti, dell’accertamento effettuato nel luogo in cui Conato
aveva la residenza anagrafica (Milano, via Adriano).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
La procedura di notificazione di cui all’art. 159 c.p.p., dando luogo ad una forma
di conoscenza “legale” dell’atto, deve ritenersi del tutto eccezionale, in quanto
limitata al solo caso in cui risulti impossibile eseguire la notificazione nelle forme
ordinarie previste dall’art. 157 c.p.p., per essere rimasti ignoti, nonostante
l’esperimento di ogni utile indagine, i luoghi di abitazione, di lavoro, di dimora e
di recapito dell’imputato; ne consegue che il giudice deve fare ricorso a tale

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parzialmente, in punto di pena, quella emessa dal locale Tribunale, ha

eccezionale forma di procedura solo a seguito dell’accertamento rigoroso
dell’impossibilità di rintracciare l’imputato, mediante ricerche appositamente
delegate anche agli organi di polizia giudiziaria (Cass., n. 44374 del 20/6/2014).
Non risulta che la citazione dell’imputato dinanzi al Tribunale sia stata preceduta
dalla ricerche sopra specificate, in quanto dalla lettura degli atti – consentita a
questa Corte allorché, come nella specie, si tratti di accertare la sussistenza di
un error in procedendo – si evince che il Giudice delle indagini preliminari ebbe a
dichiarare l’irreperibilità del Conato senza specificare quali accertamenti erano

provvedimento, senza altro specificare); né la lettura del fascicolo consente di
comprendere a quali relazioni il Giudice delle indagini preliminari si riferisse,
posto che di esse non v’è traccia nel fascicolo. Tale situazione, peraltro,
rappresentata al giudice d’appello dall’imputato, non ha ricevuto pertinente
risposta, essendosi la Corte d’appello limitata a rilevare che la validità del
decreto di irreperibilità va valutata alla stregua delle informazioni possedute
dall’ufficio procedente al momento della sua emissione: principio esatto, ma
inconferente, giacché la censura mossa dall’imputato era molto più radicale,
essendo stata contestata l’assenza di ricerche nei luoghi indicati nell’art. 159
cod. pen..
Di conseguenza, vanno annullate le sentenze di primo e secondo grado e
trasmessi gli atti al Tribunale di Milano per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza di appello nonché quella di primo grado e
trasmette gli atti al Tribunale di Milano per il giudizio.
Così deciso il 20/4/2015

stati effettuati per rintracciare l’imputato (“lette le relazioni in atti”, si legge nel

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