Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20532 del 12/12/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20532 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRANTE GIOACCHINO N. IL 01/12/1938
avverso la sentenza n. 10691/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del
24/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.

Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 12/12/2014

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale,
Dott. Vito D’Ambrogio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore dell’imputato, avv. Andrea Provini, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24.1.2014 la Corte d’ Appello di Torino, in parziale
riforma della sentenza emessa in data 16 maggio 2007 dal Tribunale di
Alessandria nei confronti di Ferrante Gioacchino, legale rappresentante della

a carico del medesimo, in relazione al reato di cui all’art. 217 L.Fall. a lui
ascritto al capo b), per essere lo stesso estinto per intervenuta prescrizione
e rideterminava la pena in relazione al restante reato di cui al capo a)- di
bancarotta fraudolenta per distrazione di merce del valore di circa €
43.000,00- in anni tre di reclusione, confermando nel resto la sentenza
appellata.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta:
la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606, primo comma, lett. b) ed e) c.p.p.,
atteso che le sentenze di merito, con pochi scarni passaggi, non hanno dato
conto della responsabilità dell’imputato in ordine alla attività distrattiva
ascrittagli, posto che merci, quali formaggio e burro, non erano estranee
alla finalità dell’impresa ezrfil.'” .” (commercio di carni) e tali merci erano
congruenti con l’oggetto sociale della società; l’attività svolta dalla Sica s.r.l.
era la compravendita di generi alimentari e la rivendita degli stessi ai
supermercati o ad altri piccoli imprenditori, sicchè tali beni, una volta entrati
nel patrimonio della società, non avrebbero potuto essere recuperati da
parte dei creditori, al momento del fallimento, con la conseguenza che anche
sotto il profilo soggettivo, la sentenza impugnata si fonda su argomentazioni
illogiche; inoltre, al momento della consegna della merce, l’imputato
corrispondeva metà del prezzo in contanti e l’altra metà in assegni a lui
intestati da altra società, per cui non può contestarsi all’imputato che abbia
contratto un debito dissimulando il proprio stato di insolvenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va respinto.
1.Ed invero, non merita censura la valutazione della Corte territoriale
che conformemente al primo giudice ha ritenuto distrattiva la condotta
dell’imputato, consistita nell’acquisto dalla Montanari & Gruzza di prodotti
caseari (pur essendo l’oggetto sociale della SICA s.r.l. -Società Italiana
Carni- il commercio all’ingrosso di carni, oltre che di salumi insa7e
1

società Sica s.r.I., fallita in data 17.1.2003, dichiarava non doversi procedere

generi alimentari e l’attività di import export di bestiame) del valore di circa
euro 43.000,00, merce questa che non risulta essere stata rivenduta (come
da relazione del curatore), né che abbia comunque dato vita a utili.
2. Sebbene l’acquisto di merce relativa ad un settore merceologico non
rientrante nell’oggetto sociale della fallita non integri in sé un’ipotesi di
bancarotta per distrazione, come correttamente rilevato dalla Corte
territoriale, tale condotta è, tuttavia, ricavabile nella fattispecie in esame da
plurimi elementi e segnatamente dal mancato rinvenimento degli utili

all’assenza di plausibili giustificazioni in merito alla destinazione della merce.
3.La sentenza impugnata facorretta applicazione dei principi più volte
espressi da questa Corte, secondo cui il fallito è obbligato a dire la verità
circa la destinazione data ai beni di impresa (merci ricevute, denaro
riscosso) dei quali sia certa la preesistenza nel suo patrimonio al momento
dell’interpello formulato dal curatore al riguardo, perchè la destinazione
legale dei beni del debitore all’adempimento delle sue obbligazioni comporta
una limitazione della libertà di disposizione dei beni anzidetti, tutelata da
sanzione penale nei confronti del debitore stesso nell’ipotesi di fallimento. Di
conseguenza, il giudice può trarre il convincimento che i beni siano stati
sottratti o distratti in pregiudizio dei creditori, quando il fallito non abbia
fornito la dimostrazione della destinazione dei beni, dei quali sia certa la
preesistenza nel suo patrimonio (Sez. 5, n. 22894 del 17/04/2013; Sez.
5, n. 19896 del 07/03/2014; Sez. 5, n. 7048 del 27 novembre 2008,
Bianchini, Rv. 243295; Sez. 5, n. 3400/05 del 15 dicembre 2004, Sabino,
Rv. 231411).
4. Nel caso di specie, dunque, l’assenza di spiegazioni plausibili da parte
dell’imputato circa la destinazione della merce acquistata a fini di impresa,
in uno agli ulteriori elementi evidenziati, rende non censurabile la
valutazione dei giudici di merito circa la distrazione della merce in questione.
S. Il ricorso va, pertanto, rigettato, ed il ricorrente va condannato al
pagamento, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., delle spese del procedimento.
p.q.m.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 12.12.2014

conseguenti a tale acquisto, in uno alla mancanza delle scritture contabili e

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