Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20527 del 23/04/2015


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Penale Ord. Sez. 1 Num. 20527 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da ZANONI Siro, nato a Pescantina il 12/04/1954,
avverso l’ordinanza emessa in data 10/12/2014 dal Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Milano.

Visti gli atti, il provvedimento denunziato, il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Oscar Cedrangolo, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
del provvedimento impugnato.

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Milano, decidendo quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato de
plano la richiesta di applicazione dell’indulto ai sensi della legge n. 146 del 2006,
avanzata da Siro ZANONI in relazione alle pene applicategli, per i reati commessi
prima del 3 maggio 2006, con la sentenza emessa ai sensi degli artt. 444 e 448
cod. proc. pen. dallo stesso G.i.p. in data 30 novembre 2012, irrevocabile il 9

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Data Udienza: 23/04/2015

novembre 2013.
A ragione richiamava la commissione di ulteriori reati nel quinquennio,
giudicati con la medesima sentenza.
Più in particolare sosteneva: che la sentenza di patteggiamento cui si
riferiva l’istanza di applicazione dell’indulto aveva applicato la pena complessiva
di tre anni e sei mesi di reclusione ed aveva ad oggetto reati, unificati ai sensi
dell’art. 81 cod. pen., commessi prima e dopo la data del 3 maggio 2006, cui si
riferisce la legge n. 146 del 2006; che nella sentenza era stato tuttavia
individuato come più grave proprio il reato di cui all’art. 8 d.l. n. 74 del 2000,
lordo della riduzione per il rito] di 2 anni e 6 mesi di reclusione suscettibile,
ratione temporis, di indulto; che tanto avrebbe comportato “la necessità di
ancorare l’accordo ad altro fatto di reato gradatamente più grave” che in base ai
medesimi parametri era da individuare nell’analogo illecito commesso
«nell’annualità 2006»; che, per conseguenza, il condono sarebbe stato
applicabile solo nella misura di mesi due da imputare al reato in continuazione,
mentre per i reati commessi dopo il 3.5.2006 non poteva escludersi una
condanna superiore ai due anni di reclusione; che la condizione risolutiva, della
condanna per ulteriori fatti commessi nel quinquennio, avrebbe per altro
impedito la concessione del beneficio.
2. Ha proposto ricorso Siro ZANONI a mezzo dei difensori, avvocati Paolo
Virgili e Paolo Gianotti, che chiede l’annullamento dell’ordinanza denunziando
violazione di legge e difetto di motivazione.
Dettagliatamente ricostruiti i termini dell’accordo in base al quale era stata
emessa la sentenza di applicazione della pena, evidenzia che l’operazione di
individuazione della pena condonabile effettuata dal giudice dell’esecuzione
stravolgeva il giudicato e violava i principi affermati da Sez. U, n. 21501 del
23/04/2009, giacché le pene stabilite in continuazione per i fatti commessi dopo
il 3 maggio 2006 non superavano mai, singolarmente, i due anni di reclusione.
2.1. Con successiva memoria, aderendo ai rilievi del Procuratore generale, la
difesa dello Zanoni ulteriormente illustra le ragioni del ricorso, depositando copia
della sentenza di patteggiamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso deve necessariamente essere qualificato
opposizione.
2. Il provvedimento impugnato è stato adottato dal giudice dell’esecuzione a
seguito di richiesta di applicazione d’indulto, dunque in relazione alle competenze
assegnate al giudice dell’esecuzione dall’art. 672, comma 1, cod. proc. pen. che
prevede che si proceda de plano, a norma dell’art. 667, comma 4, cod. proc.
pen. Avverso il provvedimento adottato è perciò proponibile soltanto

«per l’anno d’imposta 2005», per cui era stata determinata la pena “base” [al

l’opposizione, secondo la previsione del medesimo comma 4 dell’art. 667, non
essendo specificamente previsto il ricorso per saltum e riferendosi l’art. 569 cod.
proc. pen. solo alle sentenze.
Il ricorso non può tuttavia essere per ciò solo ritenuto inammissibile,
considerato che nulla osta a qualificarlo come opposizione in ossequio alla regola
generale enunciata dall’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., che è espressione
del principio di conservazione dell’impugnazione, alla cui operatività costituisce
unico limite la oggettiva impugnabilità del provvedimento (Sez. U, n. 45371 del

3. Qualificato il ricorso come opposizione, gli atti vanno dunque restituiti al
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano perché giudichi ai sensi
dell’art. 666 cod. proc. pen. sulla opposizione.

P.Q.M.
Qualificato il ricorso come opposizione, dispone trasmettersi gli atti al
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano.
Così deciso il 23 aprile 2015
Il consigliere e

nsore

31/10/2001, Bonaventura, Rv. 220221).

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