Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20520 del 20/02/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20520 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LO GERFO PIETRO nato il 26/08/1967 a MISILMERI
avverso la sentenza del 27/04/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito l’avv. MAURIZIO DI MARCO che insiste per l’accoglimento del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di Appello di Palermo con sentenza del 27 aprile 2017 ha confermato la
condanna di Lo Gerfo Pietro per il reato di falsa testimonianza, revocando il beneficio
della sospensione condizionale della pena applicato al ricorrente in quanto, per la
presenza di un certificato erroneo in atti, il primo giudice non aveva rilevato che Lo
Gerfo aveva già ottenuto la sospensione condizionale della pena in passato. La Corte,
inoltre, rilevava le condizioni per la revoca della sospensione condizionale della pena

Data Udienza: 20/02/2018

applicata con la sentenza della pretura di Palermo – sezione distaccata di Bagheria del
22 settembre 1998, irrevocabile dal 21 dicembre 1998.
Lo Gerfo ricorre contro tale sentenza deducendo:
Con primo motivo la violazione del principio del divieto di riforma peggiorativa
essendo stata revocata di ufficio la sospensione condizionale della pena applicata in
primo grado.
Con secondo motivo il vizio di motivazione e la violazione di legge quanto alla

settembre 1998 poichè dalla sua applicazione era decorso il termine di estinzione del
reato.
Con terzo motivo il vizio di motivazione e la violazione di legge per essere la
decisione basata su di un certificato penale diverso da quello in atti.
Il ricorso è parzialmente fondato.
Quanto al primo motivo, è legittima, non violando il principio di reformatio in
peius, la revoca di ufficio del beneficio della sospensione condizionale della pena
applicata in primo grado per errore sulla sussistenza delle relative condizioni,
trattandosi di provvedimento di natura dichiarativa e che accerta la illegalità della
applicazione stessa (“Non contravviene al divieto della “reformatio in peius” il giudice
di appello che, pur in presenza di impugnazione proposto dal solo imputato, revochi
il beneficio della sospensione condizionale, nelle ipotesi previste dai commi primo e
terzo dell’art. 168 cod. pen., in quanto, in entrambi i casi, si tratta di provvedimenti
dichiarativi, riguardanti effetti che si producono “ope legis” e presuppongono
un’attività puramente ricognitiva e non discrezionale o valutativa, a differenza
dell’ipotesi di cui al comma secondo del medesimo articolo che, invece, ha natura
costitutiva e implica un giudizio sull’indole e sulla gravità del reato, rispetto al quale
l’imputato deve essere posto nella condizione di potersi difendere. (Sez. 2, Sentenza
n. 37009 del 30/06/2016 Ud. (dep. 06/09/2016 ) Rv. 267913″).
Il terzo motivo è manifestamente infondato in quanto la Corte di Appello ha
acquisito il corretto certificato penale, atto di cui va disposto l’inserimento nel fascicolo
per il dibattimento a cura del giudice (art. 431 cod. proc. pen.), non trattandosi di
“prova”.
È invece fondato il secondo motivo, in quanto dalla definitività della condanna
inflitta con la sentenza del 22 settembre 1998 risulta pacificamente decorso il termine
di estinzione del reato. Pertanto questa sospensione condizionale non poteva essere
revocata e la sentenza, quindi, va annullata limitatamente a tale punto.

revoca della sospensione condizionale della pena applicata per la sentenza del 22

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla revoca della
sospensione condizionale della pena inflitta con sentenza della pretura di Palermo
(sezione distaccata di Bagheria) in data 22/09/1998, revoca che elimina. Rigetta nel
resto il ricorso.

eciso

la camera di consiglio del 20 febbraio 2018

Roma, c

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