Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20507 del 21/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20507 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPONERA PAOLO N. IL 15/12/1979
CAPONERA ROSITA N. IL 26/10/1974
avverso l’ordinanza n. 281/2013 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 14/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 21/04/2015

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IN FATTO E IN DIRITTO
1. In data 14 gennaio 2014 la Corte di Appello di Reggio Calabria ha dichiarato
inammissibile l’istanza di revoca del decreto di confisca emesso ai sensi dell’art.
12 sexies legge n.356 del 1992 (e succ.mod.) in sede esecutiva (art. 676
cod.proc.pen.) in data 22 febbraio 2012 nei confronti di Caponera Paolo,
Caponera Rosita e Praticò Antonia.
Il motivo della dichiarazione di inammissibilità è ravvisato dalla Corte territoriale
nell’assenza di «argomentazioni nuove» rispetto a quelle contenute in

stato dichiarato inammissibile per tardività, con provvedimento emesso in data
20 giugno 2012 (impugnato con ricorso per cessazione, ricorso che dava luogo a
declaratoria di inammissibilità emessa dalla VII Sezione di questa Corte in data
17 aprile 2013).
Tale assenza di motivi nuovi viene considerata un dato del tutto preclusivo a
rivalutazioni del merito della decisione di confisca.

2. Avverso detto provvedimento hanno proposto – a mezzo del difensore ricorso per cassazione Caponera Paolo e Caponera Rosíta.
Nel ricorso si deduce erronea applicazione degli artt. 630, 649 cod.proc.pen. e
12 sexies l.356/’92 nonché vizio di motivazione.
I ricorrenti contestano in fatto e in diritto la ritenuta esistenza della preclusione
derivante dalla pregressa dichiarazione di inammissibilità della opposizione
avverso l’originario decreto di confisca.
Nel caso in esame il decreto di confisca è stato emesso in fase esecutiva e senza
contraddittorio, non già all’esito del processo penale contenente la statuizione di
condanna per il delitto/presupposto.
Inoltre la inammissibilità della proposta opposizione non è dipesa da valutazione
dei suoi contenuti (allegazioni in fatto non considerate nel decreto di confisca)
ma dalla tardività del deposito.
A fronte di tali particolari condizioni di fatto, non poteva essere opposto alcun
effetto preclusivo posto che è mancata ogni valutazione di merito circa i
contenuti dell’atto di opposizione.
Trattandosi di elementi – in tesi – idonei a rendere illegittima

ex tunc la

statuizione di confisca, gli stessi andavano esaminati in chiave di «revoca» del
provvedimento ablatorio formalmente definitivo.

precedente atto di opposizione (ai sensi dell’art. 667 co.4 cod.proc.pen.) che era

4,

2.1 I ricorrenti, anche al fine di replicare ai contenuti della requisitoria scritta del
Sig. Procuratore Generale presso questa Corte – che si è espresso per il rigetto
del ricorso – hanno depositato ulteriore memoria in data 24 marzo 2015.
In tale atto si riproduce la sequenza delle decisioni intervenute in sede di merito
– tutte in fase esecutiva – e si ribadisce l’assenza dell’effetto preclusivo alla
rivalutazione dei presupposti in fatto della confisca.
Si compie esplicito riferimento al precedente rappresentato da Sez. I n. 4196 del
9.1.2009 a sostegno della applicabilità alla confisca «estesa» di cui all’art. 12

prevenzione, con la conseguenza della «revocabilità» della statuizione lì dove gli
elementi di fatto allegati non siano mai stati oggetto di valutazione (come nel
caso in esame).
Qui la mancata valutazione degli elementi di fatto tesi a prospettare la legittima
provenienza dei beni confiscati è dipesa dalla natura formale della
inammissibilità dell’atto di opposizione (per tardività).
Non potrebbe, dunque, opporsi la identità dei contenuti tra atto di opposizione e
successiva richiesta di revoca, essendo appunto mancata la valutazione di tali
elementi.

3. Il ricorso è fondato e va accolto, per le considerazioni che seguono.
3.1 Una prima precisazione appare necessaria.
Il decreto di confisca ex art. 12

sexies l.356/’92 e succ.mod. è stato

effettivamente emesso – nel caso in esame – in epoca successiva al passaggio in
giudicato della decisione relativa alla esistenza del reato-presupposto, ai sensi
dell’art. 676 cod.proc.pen. (senza previo contraddittorio).
Come è noto, l’emissione in sede esecutiva della statuizione in tema di «confisca
estesa» è stata ritenuta possibile (a scioglimento di un contrasto giurisprudenziale) dalle Sezioni Unite di questa Corte con la decisione n. 29022 del 17
luglio 2001, ric. Derouach .
Proprio in detta decisione – che per linearità e chiarezza conviene riportare per
stralcio – è espressa una decisa «valorizzazione» del meccanismo procedurale
della opposizione di cui all’art.667 co.4 cod.proc.pen. in chiave di tutela del
diritto di difesa e di riequilibrio costituzionale di una prima decisione emessa in
assenza di contraddittorio : ..l’obiezione più consistente che l’opposto
orientamento muove al riguardo fa leva sul penetrante accertamento che di
norma richiede la giustificazione della provenienza del possesso di patrimoni,
anche per interposta persona, che il condannato deve dare, ove il valore sia
sproporzionato al proprio reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla
sua attività economica. Intanto, sul punto deve osservarsi che la procedura “de
3

sexies I.356/’92 dei principi elaborati in tema di revoca della confisca di

piano” in materia di confisca in sede esecutiva (art. 676 correlato all’art. 667 co.
4 c.p.p.) postula una semplicità nell’accertamento – arg. anche dal secondo
comma dello stesso art. 676 – compatibile col provvedimento ablativo in oggetto
ove i risultati da ricercare, emersi in sede di merito, siano contenuti nella
sentenza di condanna o di patteggiamento. D’altra parte, non si rinviene una
regola generale che riservi la procedura in discorso alla confisca codicistica ed è
apodittico affermare che le questioni inerenti a tale misura siano sempre di facile
soluzione mentre tale semplicità non inerisce alla confisca speciale, richiedendosi

che assurga a canone definitorio di competenza. Comunque, esperita la
procedura “de plano”, l’interessato con l’opposizione avverso il provvedimento
emesso può attivare il procedimento di esecuzione ai sensi dell’art. 666 c.p.p.
che prevede la piena attuazione del contraddittorio (co. 4) e la possibilità di
completa acquisizione probatoria (co. 5 e art. 185 d. att.) in ordine alla quale, in
effetti, si esalta l’esercizio del diritto di difesa. In ogni caso, nulla vieta al giudice
dell’esecuzione di disporre sin dall’inizio il procedimento di esecuzione, azionando
direttamente il meccanismo del contraddittorio ai fini di un immediato
accertamento probatorio (Cass. Sez. I 9/8/2000 n. 3599 e Sez. III 28/7/95 n.
2414). … Sotto il profilo costituzionale, nessun problema d’illegittimità deriva
accordando privilegio all’indirizzo che riconosce la competenza a disporre la
confisca in questione al giudice dell’esecuzione. Non in riferimento all’art. 24 co.
2 della Costituzione, per quanto si è evidenziato, aggiungendo che il diritto di
difesa non va inteso in senso assoluto ma va modulato secondo l’oggetto (altro è
in relazione all’accertamento della colpevolezza, altro è in rapporto
all’applicazione di una misura di sicurezza patrimoniale). Il fenomeno del
contraddittorio differito, poi, è presente nel sistema (v. in materia di applicazione
di misure cautelari, di procedimento per decreto), senza che il doppio grado di
merito sia un postulato generale (arg. ex artt. 111 della Costituzione, 593 co. 3
e, appunto, 666 co. 6 c.p.p., nonché v. sentenze n. 236/84 e n. 116/74 della
Corte Costituzionale). Quanto al diritto al silenzio, esso attiene al momento
dell’accertamento della responsabilità penale, sicché non assume rilievo in
presenza di una condanna, restando così superata la presunzione di non
colpevolezza (art. 27 co. 2 Cost.) .. .
3.2 Sempre restando sul terreno della ricognizione della sequenza e del
contenuto dei provvedimenti emessi, è esatto affermare che – nel caso in esame
– i contenuti dell’atto di opposizione (dichiarato inammissibile per tardività) sono
del tutto analoghi a quelli della richiesta di revoca della confisca, trattandosi di
allegazioni in fatto tese a fornire dimostrazione della legittima provenienza dei
beni sequestrati e confiscati.
4

di norma approfonditi accertamenti. Tale assunto non ha un referente normativo

Tali allegazioni rappresentano – in ogni caso – un dato «nuovo» rispetto ai
contenuti del provvedimento originario di confisca, emesso – come si è detto senza contraddittorio.
3.3 n tema della presente decisione concerne pertanto l’esatta delimitazione
dell’effetto preclusivo correlato non già ad un giudicato in senso formale (l’art.
648 cod.proc.pen. prende in esame le sole «sentenze» pronunciate in giudizio
contro le quali non è ammessa impugnazione diversa dalla revisione e i decreti
penali di condanna) quanto all’avvenuto esaurimento della serie di rimedi che

sede di esecuzione.
In particolare, vengono in rilievo le norme contenute nell’articolo 676 (possibilità
di emettere de plano il provvedimento di confisca) 667 co.4 (facoltà di
opposizione e correlata decadenza) e 666 co.6 cod.proc.pen. (ricorribilità per
cassazione della decisione emessa in tema di opposizione).
Il tema è stato ampiamente esplorato dalla giurisprudenza di questa Corte che,
nelle sue più recenti decisioni, ha affermato in via generale che il provvedimento
del giudice dell’esecuzione – una volta divenuto formalmente irrevocabile preclude una nuova pronunzia sul medesimo «petitum» non già in maniera
assoluta e definitiva ma solo finchè non si prospettino ‘nuove questioni in diritto
o nuovi elementi di fatto’, siano essi sopravvenuti ovvero preesistenti ma non
considerati ai fini della decisione anteriore (così Sez. I n. 29983 del 31.5.2013,
rv 256406).
Tale particolare conformazione del generale effetto preclusivo (da ritenersi,
dunque, attenuato rispetto a quanto previsto dagli artt. 648 e 649 cod.proc.pen.)
è particolarmente avvertita lì dove nel settore della esecuzione vengano in rilievo
statuizioni relative alla intervenuta privazione della libertà personale, come
evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella nota decisione numero
18288 del 2010 -intervenuta sulla individuazione del limite alla declaratoria di
inammissibilità di nuova istanza esecutiva di cui all’art. 666 co.2 cod.proc.pen. ove si è affermato che la declaratoria di inammissibilità risulta possibile
esclusivamente nelle ipotesi in cui le questioni reiterate siano del tutto ìdentiche
rispetto a quelle già disattese e ciò non solo in relazione al petitum ma anche in
rapporto alle ragioni in fatto o in diritto che lo sostengono. Tuttavia anche in
campo di diritti patrimoniali alcune recenti decisioni di questa Corte (Sez. H n.
27702 del 1.4.2014, rv. 260232) hanno evidenziato che va ammessa in sede
esecutiva la «riproposizione» di istanza di revoca della confisca già rigettata, in
presenza di un significativo e stabile mutamento di giurisprudenza purchè
connotato da caratteristiche di stabilità e univocità (nel caso trattato erano
rilevanti anche decisioni emesse dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo).
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l’ordinamento fornisce al soggetto destinatario di un provvedimento emesso in

Ciò porta ad affermare che in chiave giurisprudenziale – attraverso la
interpretazione sistematica delle diverse norme coinvolte – vi è una precisa
tendenza che porta a considerare «vincibile» l’effetto preclusivo correlato alla
definizione di un procedimento esecutivo (del resto estraneo all’ambito
applicativo dell’art. 648 cod.proc.pen.) lì dove specifiche esigenze di tutela della
posizione giuridica soggettiva del destinatario della statuizione antecedente
vengano in concreto rilievo, anche in virtù della impossibilità di applicare alle
decisioni emesse in executivis l’istituto della revisione di cui all’art. 629 e ss.

In tale quadro si inserisce, sul tema specifico qui in rilievo, la decisione Sez. I n.
4196 del 9.1.2009 ric. Laforet (rv 242844) tesa ad affermare la ammissibilità,
con incidente di esecuzione, di una richiesta di «revoca» della confisca emessa
ai sensi dell’art. 12 sexies I.356/’92 in ipotesi di «prove nuove» e dovendosi
intendere per tali anche quelle preesistenti ma non valutate nemmeno
implicitamente dal giudice.
La decisione in parola tendeva peraltro a valorizzare la profonda analogìa
funzionale esistente tra la confisca «estesa» di cui all’art. 12 sexíes e la confisca
di prevenzione ( argomento di recente ribadito, tra le altre, da Sez. I n.26527
del 20.5.2014, rv 259331) istituto nel cui ambito è pacificamente ammessa la
revoca ex tunc del provvedimento ablatorio (con disciplina oggi formalizzata dal
legislatore e contenuta nell’art. 28 D.Lgs. n.159 del 2011).
4. Va pertanto ritenuto che nel caso in esame, in virtù della particolare sequenza
procedinnentale descritta – con decreto di confisca «estesa» emesso in via diretta
in sede esecutiva e senza previo contraddittorio – la pacifica tardività della
esperita opposizione proposta ai sensi dell’art. 667 co.4 cod.proc.pen. non possa
rappresentare un ostacolo alla ammissibilità di una «nuova» istanza esecutiva
con cui si prospetti la illegittimità ab origine della confisca, attraverso la
produzione di elementi mai valutati.
Ciò perchè in un quadro interpretativo costituzionalmente orientato, la decisione
di inammissibilità della nuova istanza finisce con il rendere del tutto «intangibile»
un provvedimento di confisca emesso non soltanto in totale assenza di
contraddittorio ma in assenza di ogni valutazione di merito sulla efficacia
persuasiva (ed in tesi ‘neutralizzante’) di elementi di fatto offerti dalla parte
destinataria della ablazione. Tale interpretazione, basata sulla ridotta portata
preclusiva – in tal caso – dell’effetto di formale esaurimento dei rimedi ordinari
avverso decisioni sfavorevoli emesse in sede esecutiva consente di ritenere
conforme ai prìncipi costituzionali (articoli 24 co.2 e co.4 nonchè 111 co.2 Cost.)
la vigente disciplina codicistica che non prevede la esperibilità della revisione (o
di rimedio analogo, come previsto per le decisioni definitive della confisca in sede
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cod. proc. pen. .

di prevenzione) avverso provvedimenti definitivi in tema di misure di sicurezza
patrimoniale emessi in sede esecutiva ed ai sensi dell’art. 676 cod.proc.pen. .
Va pertanto disposto l’annullamento della impugnata ordinanza, con rinvio per
nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello di

Così deciso il 21 aprile 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Reggio Calabria.

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