Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20503 del 18/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20503 Anno 2018
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SEW
BRESSANI SIMONE ( RINUNCIANTE) nato il 02/10/1979 a BARI
nel procedimento a carico di quest’ultimo

avverso l’ordinanza del 06/02/2017 del TRIB. LIBERTA di BARI
sentita la relazione svolta dal Consigliere MONICA BONI;
lette/scgtitc le conclusioni del PG
s’Icaselj.twz.

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Data Udienza: 18/10/2017

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1.Con ordinanza in data 6 febbraio 2017 il Tribunale di Bari confermava il
decreto di sequestro preventivo, adottato ai sensi dell’art. 12 sexies L. n. 3556/92,
avente ad oggetto la somma di C 108.819,00, emesso dal Gip del Tribunale di Bari
in data 5 gennaio 2017 nei confronti di Simone Bressani in relazione al delitto di
ricettazione di una pistola Tokarev cal. 7,62 con matricola del carrello otturatore
abrasa, arma clandestina, rinvenuta sulla sua persona all’atto dello sbarco da un

Tokarev cal. 7,62, a due caricatori per pistola contenenti otto cartucce ciascuno cal.
7,62 x 25, ad una canna per pistola Tokarev con predisposizione per il montaggio di
silenziatore e ad un silenziatore compatibile con la canna stessa, nonché alla
somma di 108.819,00 euro in contanti, contenuta per la maggiore parte in un
borsello che egli aveva con sé.
1.1 A fondamento della decisione il Tribunale rilevava la sussistenza del fumus
commissi delicti in ordine ai reati di importazione illegale di armi e munizioni, di cui
una clandestina, e di ricettazione della stessa e che il considerevole importo di
denaro rinvenuto all’atto del controllo era sproporzionato rispetto ai redditi percepiti
dall’indagato; respingeva l’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione
dell’autorità giudiziaria italiana in relazione al delitto di ricettazione, proposta a
ragione della sua commissione in Albania, evidenziando che non vi era in realtà
prova che la pistola Tokarev con matricola abrasa sull’otturatore fosse stata
acquisita in Albania, essendo più verosimile che egli avesse ricevuto armi e
munizioni a bordo della motonave, battente bandiera italiana, che aveva effettuato
il viaggio sino a Bari prima di scendere nella ritenuta esenzione da possibili
controlli. A conferma ha rilevato che:
a) l’indagato non ha mai reso spiegazioni su quanto accaduto;
b) in precedenza anche all’atto della sottoposizione alla misura cautelare personale
non ha mai sollevato obiezioni sul quadro indiziario;
c) le modalità della detenzione di armi, munizioni e denaro, quest’ultimo inserito in
un borsello a tracolla, erano tali da non poter sfuggire ai controlli in partenza e da
non passare inosservato.
Quanto al periculum in mora, osservava che i ricavi della società documentati
dalla difesa non giustificano il possesso di somma così ingente in capo a soggetto
che è titolare di una minima quota pari all’16,7% del capitale sociale pari a 100.000
euro e non ha mai attribuito il denaro alla società, non avendo reso alcuna
dichiarazione al proposito ed avendo a disposizione appena 2.700,00 euro all’anno,
detratte le spese rintracciate, per provvedere al proprio mantenimento.

1

traghetto proveniente dall’Albania 1’11 dicembre 2016, unitamente ad altra pistola

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il Bressani a mezzo dei
difensori, i quali ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: violazione di
legge ed erronea applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen. ed dell’art. 12 sexies
D.L. 356/91, in relazione alla ricorrenza del fumus delicti e del periculunn in mora,
cioè del giudizio di sproporzione tra fonti ed impieghi, ed al difetto di giurisdizione
dell’Autorità Giudiziaria Italiana rispetto al contestato delitto di ricettazione.
Con la principale doglianza la difesa ripropone l’eccezione di difetto di giurisdizione
dell’Autorità Giudiziaria Italiana rispetto al reato di ricettazione; l’art. 9 cod. pen.

commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce
l’ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, è punito secondo la
legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato” e la ricettazione
costituisce reato per il quale è prevista la reclusione inferiore nel minimo a tre anni,
sicchè, se risultasse commessa all’estero, l’azione penale sarebbe improcedibile.
In giurisprudenza è pacifica l’affermazione circa la natura di reato istantaneo del
reato di ricettazione, il quale si consuma nel momento e nel luogo in cui l’agente
ottiene il possesso della cosa, verificatisi nel territorio albanese. Il Tribunale nel
respingere l’eccezione ha esposto dei meki sospetti per affermare che il ricorrente
avrebbe acquisito il possesso dell’arma sulla nave su cui era trasportato, ma senza

d

indicare elementi di fatto che avvalorino l’assunto, se non Yipotetici controlli cui
sarebbe stato sottoposto dall’autorità doganale albanese ad impedire l’introduzione
sul vettore battente bandiera italiana delle armi in questione.
In ogni caso, l’applicazione del principio “in dubio pro reo” è estesa non solo ai
profili di responsabilità del reo ma anche ai criteri per determinare la competenza
territoriale per il reato commesso (Tribunale del Riesame di Lecce, 13.03.2013,
redazione Giuffrè 2016).
In realtà, dagli atti processuali sono emerse univoche circostanze di fatto, che
indicano come il ricorrente abbia commesso in Albania il reato di ricettazione delle
armi sequestrate, avendolo lo stesso ammesso con dichiarazione spontanea
depositata innanzi allo stesso Tribunale del riesame, della cui veridicità non può
dubitarsi per la supposta strumentalità e con la messa in discussione del diritto al
silenzio, costituzionalmente garantito. D’altra parte uno dei reati contestati
all’indagato è quello di introduzione di armi sul territorio italiano, il che richiama
necessariamente il fatto che il possesso delle armi sia stato acquisito all’estero.
L’ordinanza non ha poi motivato in ordine al vincolo di pertinenzialità delle
somme sequestrate rispetto a tutti i reati contestati: secondo la giurisprudenza di
legittimità, ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili ex art. 12 sezies di
deve accertare la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che
legittimano la confisca, ossia la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito

2

C)

prescrive che “Il cittadino che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti,

alle attività economiche del soggetto e l’assenza di giustificazione della loro lecita
provenienza. Il Tribunale ha volutamente trascurando le nuove circostanze
dimostrate dalla difesa, ossia che il ricorrente ha prodotto redditi nel triennio 20122015 per circa € 150.000,00, cifra che ben potrebbe giustificare l’accumulo di una
riserva di danaro detenuta in Albania, ove egli svolge la propria attività nel settore
delle spedizioni internazionali per conto della società di cui è socio e dipendente, la
quale ha esposto un consistente volume di affari ed altrettanti congrui ricavi per il

3. Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr. Giuseppina
Casella, ha rassegnato le proprie conclusioni con requisitoria scritta, con la quale ha
chiesto il rigetto del ricorso.
4. Il ricorso è inammissibile.
4.1,Con dichiarazione pervenuta in data 13 ottobre 2017 il ricorrente ha
rappresentato che, nelle more della decisione, con sentenza del G.i.p. del Tribunale
di Bari è stata dichiarata improcedibile l’azione penale in ordine al reato di cui al
capo c) della rubrica, ossia alla fattispecie di ricettazione in relazione alla quale era
stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 12 sexies L. n.
356/92 ed è stato revocato il sequestro stesso.
4.2 Alla stregua della superiore deduzione, deve ritenersi che sia venuto meno
l’interesse, concreto ed attuale, ad ottenere una pronuncia giudiziale che accerti la
legittimità di misura cautelare reale, che nelle more è stata già revocata.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2017.

2015, come attestato documentalrnente.

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