Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20501 del 18/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20501 Anno 2018
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE LEO FRANCESCO nato il 23/09/1974 a TORINO

avverso l’ordinanza del 10/10/2016 del TRIBUNALE di MASSA
sentita la relazione svolta dal Consigliere MONICA BONI;
lette/seaigga.le conclusioni del PG
Q_\1\ ‘■11;S”-3

Data Udienza: 18/10/2017

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1.Con ordinanza resa in data 10 ottobre 2016, il Tribunale di Massa,
pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da
Francesco De Leo, volta ad ottenere la rideterminazione della pena, inflittagli con
sentenza del G.u.p. del Tribunale di Massa del 16 giugno 2015, irrevocabile il 16
ottobre 2015, per effetto della chiesta esclusione della recidiva a seguito della

la disposizione del quinto comma dell’art. 99 cod. pen. nella parte in cui ne aveva
reso obbligatoria l’applicazione.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso l’interessato a mezzo del
difensore, il quale ne ha chiesto l’annullamento per inosservanza od erronea
applicazione della legge penale. Secondo la difesa, il giudice dell’esecuzione ha
errato perché non si è attenuto ai compiti assegnatigli di verificare se il titolo
esecutivo sia conforme al dettato normativo come risultato all’esito della pronuncia
di incostituzionalità n. 185/2015, la quale ha prodotto effetti ex tunc 2 e si è limitato
a riscontrare la presenza di precedenti penali in capo al ricorrente. Avrebbe dovuto
non verificare se egli è o meno recidivo, ma se la sentenza di condanna irrevocabile
avesse applicato correttamente la recidiva, ma non come obbligatoria, cosa non
verificatasi nel caso in esame, in cui il giudice aveva fatto applicazione soltanto del
disposto dell’art. 99 cod. pen., comma 5.
3.

Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di

cassazione, dr. Paolo Canevelli, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
4.11 ricorso è inammissibile perché basato su motivo manifestamente
infondato.
4.1.Va premesso che la declaratoria di illegittimità costituzionale della
previgente disciplina dettata dal comma 5 dell’art. 99 cod.pen., giusta pronuncia
della Corte costituzionale n. 185 del 2015, non determina l’automatica illegalità
delle pene irrogate nel precedente vigore normativo. Effettivamente la
manifestazione più grave di recidiva di cui all’art. 99, comma 5, cod. pen. ha perso
la sua connotazione obbligatoria in seguito all’intervento della Corte costituzionale,
che ha dichiarato l’illegittimità della norma sul presupposto dell’irragionevolezza del
rigido automatismo applicativo previsto dal legislatore, basato sul solo titolo del
reato e non su una valutazione concreta, perché comportante una presunzione
assoluta di maggiore colpevolezza non compatibile con la Costituzione anche per
l’inclusione nell’elenco dei delitti comportanti l’obbligatorietà della recidiva di
fattispecie eterogenee, accomunate solo in funzione di esigenze processuali.
Inoltre, tale automatico meccanismo punitivo è stato considerato contrastare con il
principio di proporzione tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, ed
1

pronuncia della Corte costituzionale n. 185/2015, che ha dichiarato incostituzionale

entità dell’offesa dall’altra, e rendere la pena, incrementata in ogni caso per la
recidiva obbligatoria, palesemente sproporzionata.
4.2. Diversamente da quanto sostenuto in ricorso, tali premesse non
comportano però in via automatica la rideterminazione da parte del giudice
dell’esecuzione della pena già inflitta con eliminazione della porzione stabilita per la
recidiva non più obbligatoria. La prima operazione da condurre, una volta investito
della richiesta del condannato, riguarda l’analisi della motivazione della sentenza di

particolare ed accresciuta pericolosità manifestata dall’imputato nella consumazione
del fatto di reato e se abbia giustificato in concreto la necessità dell’aumento di
pena sulla base della concreta ricognizione dei presupposti fattuali che la motivano.
Pertanto, a fronte di un riscontro positivo sul titolo esecutivo, rispettoso del dato
normativo come risultante dalla pronuncia di incostituzionalità, non vi è alcuna
ragione procedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio, posto che il
giudicato conserva la propria intangibilità, sia quanto all’an che al quantum della
recidiva, non avendo la norma dichiarata incostituzionale concretamente inciso sulla
commisurazione della pena.
Soltanto quando manchi tale motivazione ed il giudice si sia attenuto
all’applicazione obbligatoria della recidiva qualificata, in sede esecutiva dovrà
condursi la rinnovata considerazione discrezionale del caso concreto per
rintracciarvi elementi giustificativi di un giudizio di incrementata pericolosità sociale
del condannato, all’esito della quale la recidiva potrà essere confermata o esclusa.
4.3, Nel caso specifico l’ordinanza impugnata ha ritenuto di non poter
accogliere l’istanza del ricorrente perché, sebbene proposta in riferimento a pena
detentiva, inflittagli per fattispecie di reato aggravate dalla recidiva reiterata
specifica prevista dall’art. 99 cod. pen., comma 5, applicata come obbligatoria, il
relativo aggravamento di pena deve essere mantenuto in quanto giustificato dalla
innegabile maggiore pericolosità sociale del condannato, rivelata nella commissione
della rapina e della ricettazione giudicate dal G.u.p. del Tribunale di Massa. Ha
ripercorso analiticamente le tappe della carriera criminale del De Leo, considerata
nelle sue scansioni temporali e nel numero e nella natura dei reati commessi,
indicativi di una incrementata gravità delle offese all’altrui patrimonio; ha quindi
evidenziato che quelli oggetto della sentenza predetta in esecuzione erano stati
perpetrati in un diverso ambito territoriale rispetto ai precedenti, rivelavano una
capacità operativa più “estesa” sul territorio, una particolare pervicacia nell’attività
di rapinatore e l’assoluta indifferenza al trattamento punitivo già irrogato ed
espiato.
4.4. L”ordinanza in verifica esprime dunque autonome considerazioni del
Decidente sul tema e risulta scrupolosamente rispettosa dei limiti cognitivi
2

condanna passata in giudicato per verificare se il giudice abbia dato atto della

assegnatigli dalla

proposizione della domanda, come interpretati dalla

giurisprudenza di questa Corte (Cass. sez 1, n. 40918 del 5/4/2017, Genna, non
massimata), per avere offerto congrua giustificazione delle ragioni per le quali ha
ritenuto che la declaratoria di incostituzionalità non possa esplicare effetti favorevoli
per la posizione del ricorrente.
4.5 A tale lineare e congruo percorso argomentativo l’impugnazione oppone
elementi privi di qualsiasi consistenza giuridica, perché richiama la pronuncia di

ineludibile, dovrebbe discendere la riduzione del trattamento sanzionatorio in
immotivato contrasto con i compiti specifici del giudice dell’esecuzione sopra
specificati. Inoltre, non muove alcuna censura al giudizio autonomamente condotto
dal giudice dell’esecuzione per ravvisare un’incrementata nel tempo pericolosità
sociale dell’imputato, che preferisce ignorare.
Per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, che si reputa equo
determinare in euro 2.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento di 2.000,00 euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2017.

incostituzionalità e sostiene che dalla stessa, quale conseguenza automatica ed

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