Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20497 del 14/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20497 Anno 2018
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BINENTI ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI GIOIA NICOLA nato il 11/08/1960 a Bari

avverso la sentenza del 02/11/2015 del Tribunale di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Roberto Binenti;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale
Massimo Galli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il Tribunale di Bari, con la sentenza indicata in epigrafe, applicava a
Nicola Di Gioia, ai sensi degli artt. 444 e 448 cod. proc. pen., la pena di anno
uno di reclusione in relazione al reato di cui all’art. 75, comma 2, d. Igs. n. 159
del 2011, commesso a Bari il 30 gennaio 2015.

2. Propone ricorso per cassazione Nicola Di Gioia, lamentando assenza di
motivazione su ogni punto della decisione, compresa la qualificazione giuridica.

3. I motivi di ricorso sono privi di specificità e comunque manifestamente
infondati e come tali inammissibili, poiché, prospettando rilievi assolutamente

Data Udienza: 14/03/2018

generici: omettono di considerare che il giudice, attendendosi al contenuto
dell’accordo intervenuto fra le parti, ha escluso la sussistenza dei presupposti di
cui all’art. 129 cod. proc. pen., facendo adeguatamente riferimento alle
circostanze dell’arresto in flagranza e all’ammissione dei fatti in sede di
interrog’atorio. Inoltre, non sono state indicate le ragioni per cui dovrebbe
ritenersi non corretta la qualificazione giuridica dei fatti contestati. E anche con
riguardo alla valutazione delle circostanze e del trattamento sanzionatorio non
sono mancate idonee spiegazioni che fanno riferimento alle caratteristiche del

attenuti a tutti i criteri ai quali, secondo la giurisprudenza di legittimità, deve
uniformarsi la motivazione in materia di applicazione della pena su richiesta
(Sez. U., n. 3 del 25/11/1998, dep. 1999, Rv. 212437; Sez. U. n. 10372 del
27/09/1995, Rv. 202270; Sez. Un. n. 5777 del 27/03/1992, Rv. 191134).
Ne discende l’inammissibilità del ricorso con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, stante i profili di colpa, della
somma determinata in euro duemila in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 14 marzo 2018

fatto e più in generale ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. Pertanto, ci si è

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